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Coppia e poligamia secondo Osho



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Osho e il suo pensiero su coppia e poligamia

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Intervista a Osho

D.: Se posso, vorrei chiederti di dare delle risposte dirette ad alcune delle cose di cui abbiamo parlato. Per esempio, è stato scritto, e la gente ha detto, che tu sei il guru del sesso libero.
Osho: L’uomo non è per nulla un animale monogamico, è poligamo! E ciascuno lo sa: forse hai una bellissima moglie, ma questo non significa che non sei attratto da altre donne, che una volta ogni tanto non sogni altre donne; qualcuno può avere il miglior marito possibile, ma questo non cambia nulla. L’essere umano è per natura poligamico, la monogamia gli è stata imposta.

D.: Stai dicendo che l’essere umano deve seguire il suo istinto poligamico?
Osho: Deve semplicemente seguire la natura, ovunque lo porti… la poligamia va benissimo. In realtà, non è una questione di monogamia o di poligamia; io sono un po’ più avanti: vedo la relazione d’amore o sessuale come un fenomeno assolutamente libero. 
Tratto da: The Last Testament, Volume I, discorso # 1


Osho:
"La poligamia è la natura, sia dell’uomo che della donna, perché la poligamia è multidimensionale, è una libertà. Se oggi amo qualcuno e domani incontro chi mi va meglio, perché me lo dovrei proibire? Se domani incontro chi è più armonia con me, perché me lo dovrei impedire e restare in schiavitù? E, naturalmente, in questa schiavitù soffrirò e sarà una tortura, e mi vendicherò sulla povera donna, che non mi ha fatto niente. 
Allora, per prima cosa bisogna abbandonare la vecchia superstizione che l’amore è monogamo – non è vero. Ci sono tutte le prove del contrario. In secondo luogo, il vecchio pregiudizio che l’amore deve essere eterno, che solo allora è vero amore, è assolutamente sbagliato. Se una rosa non dura per sempre, dite forse che per questo è meno reale? E se siete tanto interessati alla durata… allora usate fiori di plastica, non vere rose. Quei fiori di plastica non muoiono mai perché non hanno alcuna vita, perché sono già morti. L’amore è un fenomeno molto vivo. Infatti la vita raggiunge il suo massimo nell’amore. Per cui è molto probabile che quello che oggi dà infinita beatitudine, domani non ci sia più.
È una brezza che viene e che va. Dobbiamo accettare la natura così com’è. Creare delle cose innaturali vuol dire solo creare delle perversioni."
Cit. Osho The New Dawn




-Almalibre Rebelde-

Almalibre Rebelde su fb


AL DI LA’ DEL PECCATO D' INCOSCIENZA


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DOMANDE: 1 Come si fa a non imporre i nostri stati d’animo sugli altri senza reprimersi? 2 Perché gli psicoanalisti in Occidente non hanno molto successo con la tecnica del’dipanamento’? 3 Non è forse vero che nessun metodo è efficace a meno che una persona vi sia stata iniziata? 4 Se l’identificazione è l’unico peccato, perché molte tecniche la usano e dicono di diventare tutt’uno con la cosa? La prima domanda: “L’ultima tecnica di cui hai parlato ieri diceva che, quando in noi sorge uno stato d’animo avverso o favorevole a qualcuno, non bisogna proiettarlo sulla persona in questione, ma rimanere centrati. Ma quando sperimentiamo questa tecnica con la nostra rabbia, l’odio e così via, sentiamo che stiamo reprimendo le nostre emozioni e questo diventa un complesso represso. Perciò per favore spiegaci come si fa a essere liberi da questi complessi repressi praticando quella tecnica”. Espressione e repressione sono due facce della stessa medaglia. Sono contraddittorie, ma di base non sono diverse. Sia nell’espressione sia nella repressione il centro è l’altro. Sono arrabbiato: reprimo la rabbia. Ero sul punto di esprimere la mia rabbia contro di te, ora la reprimo, ma la rabbia continua a essere proiettata su di te, che sia espressa oppure no. Questa tecnica non serve a reprimere, ma cambia il fondamento stesso sia dell’espressione sia della repressione. Questa tecnica dice di non proiettare gli stati d’animo sull’altro: tu ne sei la fonte. Che tu la esprima o la reprima, tu sei la fonte. L’enfasi non è né sull’espressione né sulla repressione, è sul sapere da dove sorge questa rabbia. Devi muoverti verso il centro, verso la fonte dalla quale sorgono la rabbia, l’odio e l’amore. Quando reprimi non ti muovi verso il centro: stai lottando con l’espressione. In me è emersa della collera. In genere posso fare due cose: esprimerla oppure reprimerla. Ma in entrambi i casi mi preoccupo dell’altro e dell’energia di rabbia che è venuta alla superficie, non della sua fonte. Questa tecnica consiste nel dimenticarsi completamente dell’altro. Osserva semplicemente la tua energia che sorge, penetra all’interno e scende in profondità e trovane la fonte; non appena l’hai trovata, rimani centrato in essa. Non fare niente con la rabbia, ricordatene. Se la esprimi o se la reprimi fai qualcosa con la collera. Non fare nulla con la rabbia, non toccarla, usala solo come un sentiero. Penetra profondamente in essa per sapere da dove sia sorta e, non appena hai trovato la fonte, sarà molto facile centrarsi lì. In realtà la rabbia deve essere usata come un sentiero per trovarne la fonte. Può venire usata qualunque emozione. Reprimendola non ne troverai la fonte: lotterai solo con l’energia che è venuta a galla e che vuole essere espressa. Puoi reprimerla, ma presto o tardi verrà espressa perché non sei in grado di lottare con l’energia che è affiorata: deve essere espressa. Quindi se non la esprimi su A, lo farai su B o C. Quando troverai qualcuno più debole di te, darai un’espressione a quell’energia. Se non la esprimi ti sentirai oppresso, teso, pesante e a disagio. Sei in collera con il tuo capo; non puoi esprimere la tua rabbia: non è “economico”. Devi ingoiarla, per cui aspetti di poterla riversare su tua moglie, su tuo figlio o da qualche altra parte, su un tuo servo… E la esprimerai non appena arriverai a casa. Ne troverai delle cause, naturalmente, giacché l’uomo è un animale che razionalizza. Razionalizzerai; troverai qualcosa, qualsiasi banalità: ora diventerà molto importante perché hai qualcosa da esprimere. La repressione non è altro che un rimandare. Puoi rimandare per mesi, per anni, e i saggi dicono che puoi rimandare anche per vite intere, ma tutto dovrà essere espresso. Questa tecnica non si preoccupa affatto della tua repressione o della tua espressione, utilizza il tuo stato d’animo, la tua energia, come un sentiero in modo tale che tu possa penetrare profondamente in te stesso. Gurdjieff era solito creare situazioni nelle quali induceva la rabbia, o l’odio, o qualunque altro stato d’animo, e quello era un fenomeno provocato. Tu non ne eri consapevole. Gurdjieff è seduto con i suoi discepoli e tu entri. Non sei consapevole di ciò che sta per accadere, ma loro sono pronti a creare in te della rabbia: si comporteranno di conseguenza. Qualcuno dirà qualcosa, e l’intero gruppo si comporterà in modo talmente insultante che diventerai furioso. All’improvviso affiorerà la rabbia; sei infiammato. E quando Gurdjieff vede che sei giunto a un punto da cui puoi scendere in profondità o puoi uscire da te stesso, quando dentro di te sei giunto al culmine e sei sul punto di esplodere, allora dice: “Chiudi gli occhi e sii consapevole della tua rabbia e torna indietro”. Solo in quel momento ti accorgerai che la situazione era stata provocata. Nessuno ha interesse nell’insultarti: era solo un dramma, uno psicodramma, ma la rabbia è emersa. E anche se arrivi a sapere che era solo un dramma, l’energia non può sbollire d’un tratto: avrà bisogno di un po’ di tempo. Questa energia ti sarà utile solo per scendere fino al punto da cui è venuta; ora puoi unirti alla fonte originaria. E questo è uno dei metodi di meditazione che hanno più successo. Provoca uno stato d’animo qualsiasi… ma non ce n’è neanche bisogno perché tutto il giorno emergono stati d’animo diversi. Per meditare usa qualsiasi stato d’animo. In quel momento ti sarai completamente dimenticato dell’altro, e non reprimerai nulla: scenderai solo verso la fonte con l’energia che è affiorata. Ogni energia proviene dalla fonte, perciò in questo istante il sentiero è caldo e tu puoi imboccarlo per ritornare indietro. E non appena raggiungi la fonte originaria, l’energia calerà inghiottita da quella. Non si tratta di repressione: l’energia è ritornata alla fonte originaria. E quando acquisti la capacità di riunire la tua energia con la tua fonte originaria, diventi il padrone del tuo corpo, della tua mente, della tua energia. Sei diventato il padrone! Ora non disperderai più la tua energia. Allorché arrivi a comprendere come l’energia si ritira con te fino al centro, non c’è più bisogno di alcuna repressione né di espressione. In questo momento non sei arrabbiato. Io dico qualcosa e tu ti arrabbi. Da dove viene quest’energia? Un istante prima non eri arrabbiato, ma l’energia era presente in te. Se questa energia può ritornare alla sua fonte, tu sarai lo stesso di un momento fa. Ricorda: l’energia non è né rabbia né amore né odio. L’energia è semplicemente energia, neutra. La stessa energia diventa rabbia, la stessa energia diventa sesso, la stessa energia diventa amore, la stessa energia diventa odio. Queste sono tutte forme della stessa energia. Tu dai la forma, la tua mente dà la forma, e l’energia la sostanzia. Perciò, ricorda, se ami profondamente non ti rimarrà molta energia per arrabbiarti; ne avrai molta a disposizione se non ami affatto, e continuerai a trovare situazioni nelle quali arrabbiarti. Se la tua energia viene espressa attraverso il sesso, sarai meno violento: ecco perché i militari non permettono mai ai soldati di avere relazioni sessuali. Se venissero permesse i militari diventerebbero assolutamente impotenti per combattere. E’ per questo che quando una civiltà giunge al suo culmine non può combattere. In questo modo le società più evolute e più civilizzate vengono sempre calpestate e sconfitte da civiltà minori, sempre, perché una civiltà più evoluta cura i bisogni di ogni suo individuo incluso il sesso. Perciò quando una società è veramente strutturata, è opulenta, i bisogni sessuali di tutti vengono soddisfatti, ma quando lo sono non puoi combattere. Puoi farlo molto facilmente solo se i bisogni sessuali non sono soddisfatti. Se quindi vuoi un mondo di pace, sarà necessaria una maggiore libertà sessuale. Se vuoi un mondo di guerre, di lotte, allora rinnega il sesso, reprimilo, crea atteggiamenti anti-sessuali. Questa è una cosa alquanto paradossale: i cosiddetti santi e i saggi continuano a parlare di pace, ma continuano anche a parlare contro il sesso. Continuano a creare un’atmosfera anti-sesso, e allo stesso tempo ripetono che al mondo è necessaria la pace, non la guerra. Questo è assurdo. Hanno più ragione gli hippy, il loro motto è giusto: “Fate l’amore, non fate la guerra”. E’ giusto. Se riesci a fare di più l’amore, in realtà non riuscirai a fare la guerra. Ecco perché i cosiddetti sannyasin che hanno represso il sesso saranno sempre violenti, arrabbiati, arrabbiati per nulla: solo arrabbiati, solo violenti, ribollono al punto di esplodere. La loro intera energia si muove inespressa. A meno che l’energia non ritorni alla sua fonte nessun brahmacharia, nessuna vera castità sarà possibile. Puoi reprimere il sesso: allora diventerà violenza. Se l’energia sessuale si muove fino a raggiungere il centro, tu sarai proprio come un bambino. Il bambino possiede energia sessuale, più di quanta ne abbia tu, ma è ancora alla sua fonte. Non è ancora in circolazione nel corpo. Accadrà; quando il corpo sarà pronto e le ghiandole saranno pronte, l’energia si muoverà. Perché un bambino appare così innocente? L’energia è alla sua fonte, non si è ancora mossa. La stessa cosa accade di nuovo quando un individuo si illumina: l’intera energia si sposta alla fonte, e quella persona diventa simile a un bambino. E’ questo che Gesù intende quando dice: “Solo coloro che sono come bambini entreranno nel regno di Dio”. Che cosa intende? Scientificamente significa che tutta la tua energia è ritornata alla sua fonte. Se l’esprimi, è fuoriuscita. E quando viene espressa, tu abitui l’energia a fuoriuscire, a trapelare. Se la reprimi, l’energia non ritorna alla sua fonte, e neppure è uscita: è sospesa. E un’energia sospesa è un peso. E’ per questo che se veramente esprimi la rabbia ti senti alleviato. E anche dopo un atto sessuale ti senti sollevato. Se distruggi qualcosa il tuo odio si libera e tu ti senti sollevato. Come mai? Perché l’energia sospesa è opprimente, pesante: la tua mente ne viene offuscata. Devi buttarla fuori oppure permettere che ritorni alla sua fonte originaria: queste sono le uniche due cose possibili. Se ritorna alla sua fonte senza forma. Alla sua fonte l’energia è senza forma. Questa elettricità, per esempio, è senza forma. Quando va a finire in un ventilatore assume una certa forma. Quando va a finire in una lampadina assume una forma diversa. Puoi usarla in mille modi: l’energia è la stessa. La forma è data dal meccanismo attraverso il quale si muove. La rabbia è un meccanismo, il sesso è un meccanismo, l’amore è un meccanismo, l’odio è un meccanismo, l’odio è un meccanismo. Quando l’energia va a finire nel canale dell’odio, diventa odio e se va a finire nell’amore, diventa amore. E quando ritorna alla sua fonte è energia senza forma, pura energia. Non è né odio né amore né rabbia né sesso: è semplicemente energia. In quel caso è innocente, poiché l’assenza di forma è innocenza assoluta. E’ per questo che il Buddha appare così innocente, così simile a un bambino: l’energia è ritornata alla sua fonte. Non esprimerti, perché stai sprecando la tua energia è stai aiutando l’altro a sprecare anche la sua. Non reprimerti, perché crei energia sospesa che dovrà essere liberata. Che fare dunque? Questa tecnica dice di non fare nulla con lo stato d’animo. Ritorna semplicemente alla fonte dalla quale proviene lo stato d’animo. E mentre lo stato d’animo è caldo, il sentiero interiore è chiaro, visibile, puoi imboccarlo. Usa gli stati d’animo per meditare. Il risultato sarà miracoloso, incredibile. E una volta che avrai trovato la chiave che ti mostra come riversare l’energia nella sua fonte, avrai una qualità diversa della personalità. Allora non dissiperai più nulla, ti sembrerà stupido. Il Budda ha detto che quando sei arrabbiato con qualcuno ti stai punendo per l’azione dell’altro. Ti ha insultato questa è la sua azione. E tu ti autopunisci arrabbiandoti: stai dissipando la tua energia. Questo è stupido, ma allora, dando ascolto al Buddha, a Mahavira, a Gesù, noi cominciamo a reprimerci; cominciamo a reprimere la nostra energia; pensiamo che non va bene, che è stupido essere arrabbiati. Che cosa fare dunque? Reprimi la rabbia, non arrabbiarti, ritirati in te stesso, chiuditi. Combatti la tua rabbia e reprimila. Ma in quel caso sarai seduto su qualcosa che esploderà da un momento all’altro. Sei seduto su un vulcano: esploderà da un momento all’altro. Tu continui ad accumulare la rabbia dell’intera giornata viene accumulata; la rabbia dell’intero mese viene accumulata; la rabbia dell’intero anno, e la rabbia della tua intera vita, e poi quella di molte vite precedenti. E’ lì, può esplodere da un momento all’altro. A quel punto cominci ad aver paura persino di vivere, perché a ogni istante può insorgere una qualsiasi cosa per cui tu esplodi. Cominci ad avere paura. A ogni istante c’è una lotta interiore. Gli psicologi sostengono che è meglio esprimersi che reprimersi, ma la religione questo non lo può dire. La religione afferma che entrambe le cose sono stupide. Con l’espressione fai del male all’altro oltre che a te stesso. Reprimendoti fai del male a te stesso, e un giorno farai del male anche a qualcun altro. Raggiungi la fonte così che l’energia si ritiri e divenga senza forma: in quel momento ti sentirai molto potente senza però arrabbiarti. Sentirai l’energia, l’energia vitale: sarai vivo, avrai un’intensa vita senza forma. Chiunque verrà impressionato anche solo dalla tua presenza. Non avrai bisogno di dominare alcuno: basta la tua presenza, e tutti sentiranno che è arrivata un fonte di forza sconosciuta. Quando qualcuno va da un Buddha o un Krishna, improvvisamente la sua energia sente un cambiamento di atmosfera a causa di una sorgente incredibilmente potente. Non appena ti avvicini, vieni magnetizzato. Nessuno ti sta magnetizzando, nessuno sta cercando di far nulla. E’ solo la presenza. Puoi sentirti come se qualcuno ti avesse ipnotizzato, ma nessuno lo sta facendo: la presenza di un Buddha la cui energia sia diventata senza forma, la cui energia sia tornata alla fonte, che sia centrato alla sua fonte, la sua stessa presenza è ipnotizzante. Diventa carismatica. Il Buddha si illuminò. Prima della sua illuminazione aveva cinque discepoli. Erano degli asceti, e quando il Buddha stesso era un grande asceta che torturava il suo corpo in svariati modi, inventando nuove e più sadiche tecniche per torturarsi, quei cinque erano suoi ardenti seguaci. Poi il Buddha sentì che questo era del tutto assurdo: non ci si realizza semplicemente torturando il proprio corpo. Quando se ne rese conto lasciò le vie dell’ascetismo. Quei cinque seguaci lo abbandonarono immediatamente. Dissero: “Sei decaduto. Non sei più un asceta”. E lo lasciarono. Quando il Buddha si illuminò, la prima idea che gli venne in mente furono quei cinque seguaci. Un tempo erano stati i suoi seguaci, quindi doveva andare da loro. Lo sentiva un dovere. Doveva trovarli e dire loro ciò che aveva trovato. Quindi andò a cercarli, e viaggiò nel Bihar, da Bodhgaya fino a Benares, solo per trovarli. Erano a Sarnath. Il Buddha non ritornò mai più a Benares, non ritornò più a Sarnath, e poiché vi andò solo per trovare quei cinque discepoli. Giunse a Sarnath. Era verso sera, il sole stava tramontando, e quei cinque asceti erano seduti sopra un’altura. Videro arrivare il Buddha quindi si dissero: “Quel Gautama il Buddha che è caduto nell’errore, quel Gautama Siddhartha che ha abbandonato il sentiero sta arrivando. Non dovremmo prestargli il minimo rispetto”. Così chiusero gli occhi. Il Buddha si avvicinò sempre più, e quei cinque asceti cominciarono a sentire un cambiamento, un cambiamento dello stato mentale. Cominciarono a sentirsi a disagio. Quando il Buddha giunse vicinissimo, tutti e cinque aprirono gli occhi all’improvviso e caddero ai piedi del Buddha. Il Buddha disse: “Ma perché fate questo? Avevate deciso di non prestarmi nessun rispetto, perché dunque agite così?”. Risposero: “Noi non stiamo facendo nulla. Capita da sé. Che cosa hai realizzato? Sei diventato una forza magnetica. Veniamo semplicemente attirati. Cosa ci stai facendo? Ci hai forse ipnotizzati?”. Il Buddha disse: “No! Io non vi ho fatto nulla, ma qualcosa è accaduto in me. Tutte le energie sono ridiscese nella fonte, per cui ovunque io vada viene improvvisamente sentita una forza magnetica”. Ecco perché coloro che sono ostili al Buddha o a Mahavira continuano a dire da secoli che quell’uomo non era buono: Ipnotizzava la gente. Nessuno ipnotizza. Sei tu che resti ipnotizzato: ma questa è un’altra storia. Quando la tua energia si ritrae nella fonte originaria, tu diventi un centro magnetico. Questa tecnica serve a creare in te questo centro magnetico. La seconda domanda: “Ieri hai detto che la tecnica di meditazione che consiste nel dipanamento della mente è molto importante. Ma in Occidente centinaia di psicoanalisti freudiani e junghiani, e centinaia di psichiatri praticano questa tecnica, ma non stanno ottenendo grandi risultati nel tentativo di trasformare l’essere. Quali sono le ragioni del loro insuccesso?”. Molte cose vanno prese in considerazione. Primo: la psicologia occidentale non crede nell’essere dell’uomo, crede soltanto nella mente. Per la psicologia occidentale non esiste nulla al di là della mente. E se non c’è nulla al di là della mente, allora qualunque cosa tu faccia non aiuterà veramente l’uomo. Al massimo aiuterà l’uomo a essere normale, al massimo! E che cosa è normale? Qual è la normalità? Solo ciò che è medio. Se però l’uomo medio in sé non è normale, essere normali non significa nulla. Significa solo che ti sei adattato alla massa. Perciò la psicologia occidentale fa una cosa sola: quando qualcuno è disadattato rispetto alla massa, i metodi occidentali lo omologano di nuovo alla massa, che non è affatto posta in discussione; nessuno si chiede se la massa sia sana. Per la psicologia orientale il criterio non è la massa. Ricordati di questa distinzione: per la psicologia orientale la massa non è il criterio, la società non è il criterio. La società stessa è malata. Qual è il criterio allora? Per noi un Buddha è il criterio. A meno che tu non diventi come un Buddha sei malato. Per la psicologia occidentale il criterio è la società, perché il Buddha non può essere un criterio. Non credono che esista qualcosa come l’essere interiore, ma se non esistesse, non ci potrebbe essere alcuna illuminazione. Ma quando l’essere interiore viene alla luce, allora c’è l’illuminazione. Perciò la psicologia occidentale in realtà è solo terapeutica, è solo una branca della medicina. Cerca, ti aiuta a riadattarti. Non è un andare oltre. Lo sforzo orientale è diretto a trascendere la mente, perché per noi non esistono malattie mentali, ricordalo! Anzi, la mente è la malattia. Per la psicologia occidentale la mente non è la malattia. La mente sei tu: non è la malattia. La mente può essere sana, la mente può essere malata. Per noi la mente è la malattia: la mente non può mai essere sana. A meno che tu non vada oltre la mente, non potrai mai essere sano. Puoi essere malato e omologato oppure puoi essere malato e disadattato, ma non potrai mai essere sano. Perciò l’uomo normale non è veramente sano: è solo entro i confini, è malato entro i confini. La persona anormale è andata oltre i confini, e la differenza tra i due è solo di gradi: di quantità, non di qualità. Tra te e un pazzo in manicomio non esiste alcuna differenza qualitativa, ma solo di gradi. Lui è un po’ più pazzo di te; tu sei dentro i confini: Funzionalmente, tu puoi tirare avanti; lui no, è andato più in là di te; è un caso avanzato, nient’altro. Tu sei sul sentiero, e lui è arrivato. La psicologia occidentale cerca di riportarlo al gregge, alla mandria, alla massa. Lo rende normale. E’ un bene: è un bene, entro i suoi limiti. Ma per noi un uomo, a meno che non vada al di là della mente, è pazzo, perché per noi la mente è pazzia. Perciò cerchiamo di dipanare la mente solo per conoscere ciò che sta oltre. Anche in Occidente si provano i metodi del dipanamento, ma solo per adattare la mente, ma ciò che sta otre non è presente. E ricorda: a meno che tu non riesca ad andare al di là di te stesso, non accade nulla che abbia un valore e, a meno che non ci sia qualcosa al di là di te che tu possa raggiungere, la vita è priva di senso. Inoltre, per Freud e i freudiani l’uomo non può essere felice per sua natura. L’essere stesso è per loro tale per cui l’uomo non può essere felice. Tutt’al più puoi non essere infelice. Ricordati, se non sei infelice devi essere soddisfatto: è sufficiente. Non puoi essere felice. Come mai? Perché la psicologia freudiana dice che la felicità sta nel seguire gli istinti, che la felicità sta nell’essere come animali. E quello l’uomo non può esserlo. La ragione continua incessantemente a interferire. Puoi perdere la ragione e diventare come un animale; in quel momento potrai essere felice, ma non sarai consapevole della felicità. Questo per loro è il paradosso. Se ti abbassi e diventi come un animale sarai felice ma non ne sarai consapevole. Se cerchi di esserlo non potrai essere felice, perché non potrai diventare come un animale. E la ragione continua a interferire in ogni cosa. L’uomo non può perdere la ragione, tuttavia non può neppure vivere con la ragione: questo è il problema. Perciò, secondo Freud, tu non puoi essere felice. Al massimo, se sei saggio, puoi organizzare la tua vita in modo tale da non essere infelice. Questa è una cosa estremamente negativa. Per la psicologia, la metafisica o la religione orientale uno scopo positivo esiste. Tu puoi essere felice, e non solo: puoi essere estatico. E la psicologia orientale dice che se puoi sentirti infelice, ciò dimostra la tua potenzialità, la tua possibilità di essere felice; altrimenti non potresti sentire neanche questa condizione d’infelicità. Se un uomo può vedere l’oscurità, ha gli occhi, e chi può vedere l’oscurità può vedere anche la luce. Ricordati, i ciechi non possono vedere l’oscurità. Forse pensavi che i ciechi vivessero all’oscuro: toglietelo dalla testa. Non possono vedere l’oscurità, perché anche per vedere l’oscurità ci vogliono gli occhi. Se puoi provare l’infelicità hai gli occhi, e se puoi provare l’infelicità puoi anche provare la felicità. In realtà, solo se non puoi provare alcuna felicità, non puoi provare alcuna infelicità. Sono estremi opposti. Tu hai la capacità di essere totalmente felice, ma in quel caso la mente non può esistere. Prendila così: se ti abbassi e diventi solo un corpo, sarai felice. Con questo anche Freud era d’accordo: se ti abbassi e dimentichi completamente la tua ragione, se diventi come un animale, nient’altro che un corpo, sarai felice ma non lo saprai. Puoi saperlo con la mente, ma non potrai essere felice perché la mente continuerà a turbarti. Il corpo può essere felice, la mente continuerà a essere fonte di turbamenti. C’è un’altra possibilità che l’Oriente ha elaborato: andare oltre. Freud dice che se ti abbassi e diventi un animale, sarai felice ma non lo saprai. Se sei nella mente puoi saperlo, ma non puoi essere felice. Le ricerche orientali dicono che se vai al di là della mente sarai felice e anche consapevole: questo è un terzo punto, la prospettiva del trascendente. Perciò questi sono tre punti. L’uomo è nel mezzo. Sotto sta l’esistenza animale. Vai in una foresta e osserva gli animali: forse non sono consapevoli di essere felici, ma sentirai che lo sono. Al mattino vai sulla spiaggia, o in un giardino, e ascolta il canto degli uccelli, Forse non lo sanno, ma sentirai che sono felici: tu non hai mai cantato in quel modo. Scruta a fondo nei loro occhi: sono così limpidi e innocenti! Loro sono felici, ma tu no. Abbassati e diventa soltanto un corpo: allora sarai felice. Oppure vai al di là e diventa lo spirito o l’essere, e sarai felice. Ma nel mezzo sarai sempre teso, perché la mente in realtà non è un fine: è solo una corda tesa tra due realtà – il corpo e l’anima. Quindi tu sei proprio sulla corda come un nata, un funambolo. Un funambolo non può starsene a suo agio: deve andare in avanti oppure indietro, ma non deve rimanere fermo sulla corda. Deve scendere, e ci sono due possibilità: può andare indietro, oppure può andare in avanti e al di là: La mente è una corda, e vivere con la mente è camminare su di una corda. E’ inevitabile che tu sia sbilanciato, a disagio. Ogni istante è pervaso da inquietudine e angoscia. La vita della mente è tensione. E’ per questo che la psicologia occidentale ha successo nel renderti normale, ma fallisce nel far di te un individuo che si è realizzato. Ma ci sono nuove correnti, e le persone stanno riflettendo. E l’Oriente sta ora penetrando molto profondamente in Occidente. Questo è il metodo dell’Oriente di conquistare. L’Occidente conquistò l’Oriente: il modo era assai grossolano. L’Oriente ha le sue modalità di conquista, modalità molto sottili, silenziose. Ora l’Oriente sta penetrando profondamente nella mente nella mente occidentale, senza alcuna violenza, senza alcun conflitto visibile. Presto o tardi la psicologia occidentale sarà costretta a sviluppare dei concetti rispetto all’andare oltre, su come trascendere la mente. Il dipanamento può essere utile in entrambi i modi. Se stai solo cercando di creare una mente normale, sarà utile, ma in quel caso il tuo scopo non è trascendere. Se il tuo obiettivo è trascendere la mente, il dipanamento ti sarà utile. Tutte queste tecniche possono essere usate per la comune pace mentale, e per un vero silenzio che non appartiene alla mente. Ci sono due tipi di silenzio, uno della mente nel quale la mente tace, e un altro nel quale la mente non esiste più. Quel silenzio è del tutto diverso dalla pace mentale: la mente esiste, solo non è così pazza. La pazzia viene calmata, questo è tutto. La psicologia occidentale deve diventare una metafisica: solo allora l’uomo potrà trascendere. Deve anche diventare una filosofia e infine deve diventare una religione. Solo allora l’uomo potrà essere aiutato a trascendere. La terza domanda: “Ci hai spiegato molti metodi di meditazione. Non è forse vero che nessun metodo è efficace a meno che una persona non vi sia stata iniziata?”. Un metodo diventa qualitativamente diverso quando vieni iniziato a esso. Io sto parlando dei metodi: tu puoi usarli. Una volta che conosci il fondamento scientifico e il modo, il know-hiw, quando sai come fare, puoi usarli. Ma l’iniziazione li rende qualitativamente differenti. Se io ti inizio a un particolare metodo sarà tutt’altra cosa, perché l’iniziazione implica molte cose. Quando parlo di un metodo e te lo spiego, puoi usarlo per conto tuo. Il metodo ti viene spiegato, ma non viene discusso se sarà adatto a te oppure no, come funzionerà su di te, che tipo di persona tu sia. Non è possibile parlarne. Nell’iniziazione tu sei più importante della tecnica. Quando il Maestro ti inizia ti osserva, scopre che tipo sei, scopre quanto hai lavorato nelle tue vite passate, dove ti trovi in questo preciso istante, in quale centro stai funzionando in questo momento, e poi decide rispetto al metodo: sceglie il metodo. E’ un approccio individuale. Il metodo non è importante: tu sei importante. Sei tu a essere studiato, osservato e analizzato. Le tue vite passate, la tua consapevolezza, la tua mente, il tuo corpo vengono sezionati. Vieni sentito profondamente rispetto a dove ti trovi, poiché il viaggio comincia da quel punto, dal punto in cui in questo momento. Non tutti i metodi andranno bene. Quindi il Maestro ne sceglie per te uno particolare, e se sente che deve essere modificato, che sono necessarie delle minuscole modifiche o alcune aggiunte, le realizza, e rende il metodo adatto a te, e poi ti inizia, ti dà il metodo. Ecco perché si insiste nel dire che quando sei iniziato a un metodo, tu non ne debba parlare: dev’essere tenuto segreto in quanto è individuale; se lo racconti a qualcun altro, potrebbe non essere utile o persino dannoso. Deve essere mantenuto il segreto, a meno che tu non giunga alla meta e il tuo Maestro ti dica che ora puoi iniziare altri, non se ne dovrebbe neppure parlare; neppure fiatare, neppure con tuo marito o tua moglie oppure con un tuo amico. No, è assolutamente segreto perché è pericoloso. E’ molto potente. E’ stato scelto e fatto per te. Funzionerà per te, ma non è per nessun altro individuo al mondo. In verità, ogni individuo è così unico da aver bisogno di un metodo diverso, e con una piccola differenza un metodo può diventare adatto a lui. Ciò di cui io parlo – questi centododici metodi – sono metodi generalizzati. Questi sono centododici metodi generalizzati, si tratta di tutti i metodi che sono stati usati, descritti in una forma generica così che tu possa acquistare familiarità. Puoi provarli e, se qualcosa ti si adatta, puoi continuare. Ma questa non è l’iniziazione a un metodo: l’iniziazione è una faccenda personale, individuale, tra il Maestro e il discepolo. E’ una trasmissione segreta. Inoltre, molte altre cose sono implicate nell’iniziazione. A quel punto il Maestro sceglie il momento giusto in cui ti darà il metodo così che sprofondi bene nell’inconscio. Mentre parlo la tua mente cosciente sta ascoltando. Te ne dimenticherai. Quando avrò parlato di centododici metodi non sarai neppure in grado di rielencarli. Molti te li dimenticherai completamente, riuscirai a ricordartene solo qualcuno, e anche in quel caso sarai incerto e confuso: non saprai fare distinzioni precise. Il Maestro deve scegliere il momento giusto in cui il tuo inconscio è aperto, e in quel momento ti dà il metodo; allora scende profondamente nel tuo inconscio. Perciò molte volte l’iniziazione è data durante il sonno, quando non sei cosciente, oppure in una profonda trance ipnotica, quando la tua mente è completamente addormentata e il tuo inconscio è aperto. E’ per questo che l’abbandono è così necessario nell’iniziazione. Se non ti abbandoni l’iniziazione non ti può essere data, perché la tua mente cosciente è sempre vigile e all’erta. Quando ti abbandoni la tua mente cosciente può essere alleviata dai suoi doveri e la tua mente inconscia può venire a diretto contatto con il Maestro. Deve essere scelto il momento giusto, e quindi devi essere preparato. La preparazione può richiedere mesi: ci deve essere il giusto cibo, il giusto sonno, e ogni cosa deve giungere a un punto di quiete, solo allora potrai essere iniziato. Perciò l’iniziazione è un lungo processo, un processo individuale e se la persona non è pronta ad abbandonarsi completamente, non sarà possibile. Per questo non ti sto iniziando a questi metodi. Sto solo facendo sì che acquisti familiarità con essi. Se qualcuno sente che un metodo lo colpisce profondamente e sente di dover esser iniziato a quel metodo, io posso farlo, ma in quel caso si tratterà di un lungo processo: la tua individualità dovrà essere completamente esposta. Devi denudarti completamente così che nulla rimanga nascosto. In quel caso le cose diventano molto facili – perché quando il giusto metodo viene dato alla persona giusta, nel momento giusto, funziona immediatamente. Capita a volte che il discepolo si illumini mentre viene iniziato: l’iniziazione diventa l’illuminazione. Allora il metodo diventa vivo, allorché viene dato da un Maestro privatamente, individualmente. Ciò che sto facendo ora non è un’iniziazione, ricordalo! Questo è solo un approccio scientifico per riportare in vita i centododici metodi, per farli conoscere. Se qualcuno è interessato può essere iniziato. E se sei veramente interessato ricercherai l’iniziazione, poiché lavorare da soli sul metodo è qualcosa di molto lungo. Ci possono volere delle vite, ci possono volere degli anni, e tu puoi non essere in grado di sostenere quello sforzo per un periodo così lungo. Tramite l’iniziazione diventa molto facile; in quel caso il metodo diventa una trasmissione. Allora il Maestro comincia a lavorare in te tramite il metodo. L’iniziazione è una relazione viva con il Maestro, ed è lunga, e naturalmente una relazione viva agisce in profondità: ti cambia e ti trasforma. L’ultima domanda: “Hai citato George Gurdjieff dicendo che l’identificazione è l’unico peccato, ma il processo di identificazione viene usato in molte tecniche. Esse dicono, per esempio, di diventare tutt’uno con l’amata, di diventare tutt’uno con una rosa o di diventare tutt’uno con il Maestro. Inoltre l’empatia viene ritenuta una qualità meditativa e spirituale, per cui ciò che ha detto Gurdjieff sembra essere parzialmente vero e utile solo per alcune tecniche”. No! Non è parzialmente vero, è totalmente vero. Ma è necessario comprendere. L’identificazione è inconscia, ma quando la usi in una tecnica meditativa è cosciente. Per esempio, il tuo nome è Rama. Qualcuno insulta “Rama”: immediatamente tu ti senti insultato perché sei identificato con il nome “Rama”. Ma per te questo è un meccanismo inconscio. Non è che la mente funzioni in questo modo: “Io mi chiamo Rama. Naturalmente non sono Rama. Questo è solo il mio nome, e ognuno è nato senza nome. Questo nome mi è stato dato, è arbitrario. Quest’uomo sta solo insultando il mio nome arbitrario, devo quindi arrabbiarmi oppure no?”. Non rifletteresti mai in questo modo. Se ragionassi in questo modo, non ti arrabbieresti. Ma all’improvviso qualcuno insulta “Rama” e tu vieni insultato, ma questo è solo un nome arbitrario. Questa identificazione è inconscia: non è cosciente. Quando ti identifichi con una rosa si tratta di uno sforzo cosciente: non sei identificato con la rosa, stai cercando di farlo e di dimenticare te stesso. Stai cercando di diventare tutt’uno con la rosa, e sei profondamente cosciente, consapevole dell’intero processo. Sei tu a farlo. Anche l’identificazione, se fatta coscientemente, diventa una meditazione e una particolare tecnica di meditazione, se fatta inconsciamente, non è meditazione, ricordalo. Ogni mattina oppure ogni sera inconsciamente continui a recitare la tua preghiera, come routine e, mentre lo fai, non sei affatto cosciente. Non sei affatto cosciente delle parole che stai dicendo in preghiera, le ripeti semplicemente come un pappagallo. Questa non è meditazione. Se però fai il bagno consapevolmente, è una meditazione. Perciò ricordati: tutto ciò che fai consciamente, con presenza attenta, pienamente consapevole, diventa una meditazione. Anche uccidere, se è fatto consapevolmente, in piena coscienza, è meditativo. Krishna dice ad Arjuna: “Non aver paura. Uccidi, assassina, pienamente cosciente, sapendo appieno che nessuno viene assassinato e nessuno viene ucciso”. Arjuna potrebbe facilmente uccidere i suoi nemici inconsciamente, potrebbe impazzire di rabbia e uccidere: questo è facile. Ma Krishna dice: “Sii vigile. Sii pienamente cosciente. Diventa un semplice strumento delle mani divine, e sappi che nessuno viene ucciso, nessuno può essere ucciso. L’essere interiore è eterno, immortale. Perciò distruggi solo delle forme, non ciò che sta dietro le forme. Distruggi dunque le forme”. Se Arjuna riesce a essere così meditativamente consapevole, allora non c’è alcuna violenza. Nessuno viene ucciso, nessun peccato viene commesso. Ti racconterò un aneddoto della vita di Nagarjuna. Nagarjuna fu uno dei più grandi Maestri che l’India abbia mai prodotto, del calibro del Buddha, Mahavira e Krishna. E Nagarjuna era un genio raro, A livello intellettuale non esiste paragone possibile con nessun altro al mondo. Capita raramente un intelletto così acuto e penetrante. Stava passando per una città, una capitale, ed era sempre nudo. La regina di quel regno era una credente, una seguace, e un’amante di Nagarjuna, una devota. Quindi Nagarjuna andò al palazzo per chiedere cibo. Per mendicare aveva una ciotola di legno. La regina disse: “Da’ a me questa ciotola di legno. La serberò come regalo, e per te ne ha fatta fare un’altra. Puoi prendere quella”. Nagarjuna disse: “Va bene!”. L’altra era d’oro, ed erano incastonate molte pietre preziose, era molto preziosa. Nagarjuna non disse nulla. In genere nessun sannyasin l’avrebbe accettata, avrebbe detto: “Non posso toccare l’oro”. Ma Nagarjuna la prese. Se veramente l’oro non è altro che fango, perché fare distinzioni? Lui la prese. Persino la regina rimase perplessa. Si chiedeva: “Ma perché? Avrebbe dovuto dire: ‘No’. Un così grande santo! Perché mai ha accettato una cosa così preziosa se vive nudo, senza vestiti, senza possedere nulla? Perché non l’ha rifiutata?”. Se Nagarjuna l’avesse rifiutata la regina avrebbe insistito, l’avrebbe pregato, e in quel caso si sarebbe sentita meglio. Nagarjuna la prese e se ne andò. Un ladro lo vide passare per la città, e pensò: “Non è possibile che quest’uomo abbia una simile ciotola per l’elemosina. Qualcuno la ruberà o gliela porterà via, è inevitabile. Come può proteggerla con la sua nudità?”. Quindi lo seguì: il ladro seguì Nagarjuna. Nagarjuna viveva fuori città in un vecchio monastero, da solo. Il monastero era in rovina. Entrò, udì i passi di quell’uomo, ma non si guardò alle spalle pensando: “Sta venendo senz’altro per la ciotola d’oro, non per me, altrimenti chi mai verrebbe? Nessuno mi segue mai fino a queste rovine”. Entrò. Il ladro se ne stette dietro un muro e aspettò. Nagarjuna, vedendo che stava aspettando fuori, gettò la ciotola fuori dalla porta. Il ladro non riusciva a capire. Che razza di uomo era mai questo? Nudo, con una cosa così preziosa, e ora l’aveva gettata fuori! Per cui chiese a Nagarjuna: “Posso entrare, signore? Ho una domanda da farle”. Nagarjuna disse: “Ho gettato fuori la ciotola proprio perché tu potessi entrare; per aiutarti a entrare, perché fra poco schiaccerò il mio sonnellino pomeridiano. Tu allora saresti entrato per la ciotola, ma non ci sarebbe stato alcun incontro con me. Entra, dunque”. Il ladro entrò e disse: “Una cosa così preziosa e tu l’hai buttata via? Io sono un ladro, e tu sei un vero saggio, per cui non posso mentire davanti a te. Io sono un ladro”. Nagarjuna disse: “Non preoccuparti. Ognuno di noi è un ladro. Continua. Non perdere tempo con cose inutili”. Il ladro continuò: “A volte, guardando persone come te, anche la mia mente brama conoscere come si possa conseguire questo stato. Io sono un ladro; sembra impossibile per me. Ma spero e prego di essere un giorno anch’io in grado di buttar via una cosa così preziosa. Insegnami qualcosa. Io vado da molti saggi, e sono un ladro famoso, per cui tutti mi conoscono, e mi dicono: Prima abbandona la tua professione, il tuo lavoro, solo allora potrai avvicinarti alla meditazione’. Ma questo è impossibile. Non posso lasciarla, perciò non posso avvicinarmi alla meditazione”. Nagarjuna replicò: “Se qualcuno dice di abbandonare il furto e di avvicinarti solo in seguito alla meditazione, non conosce affatto la meditazione: che relazione c’è tra la meditazione e il furto? Non c’è alcuna relazione. Continua quindi a fare quello che stai facendo. Ti darò una tecnica; tu mettila in pratica”. Il ladro disse: “Sembra proprio che possiamo andare d’accordo. Dunque posso continuare con la mia professione? Qual è la tecnica? Dimmelo immediatamente”. Nagarjuna rispose: “Devi solo restare consapevole. Quando vai a rubare qualcosa, sii semplicemente pienamente consapevole. Quando irrompi in una casa, sii pienamente consapevole. Quando stai scassinando, sii pienamente consapevole. Quando porti via gioielli, sii pienamente consapevole. Fallo consapevolmente. Qualunque cosa tu faccia non mi riguarda. E torna tra quindici giorni, ma non tornare se non hai messo in pratica questo metodo. Praticalo per quindici giorni continuando a fare quello che stai facendo, ma in modo pienamente consapevole”. Il terzo giorno il ladro tornò e disse: “Quindici giorni sono troppi e tu sei un tipo molto scaltro. Mi hai dato una tecnica tale per cui se sono pienamente consapevole non riesco a rubare. Sono stato a palazzo le ultime tre notti. Giungevo alla stanza del tesoro, l’aprivo. Davanti a me c’erano cose inestimabili, ma in quel momento diventavo pienamente consapevole. Non appena diventavo pienamente consapevole, diventavo come una statua del Buddha. Non potevo andare oltre; la mia mano non si muoveva. E l’intero tesoro mi sembrava futile, ecco perché sono ritornato nei giorni successivi. Che cosa devo fare? E tu mi hai detto che l’abbandono della mia professione non era una condizione, ma sembra che il tuo metodo lo implichi”. Nagarjuna disse: “Non ritornare più da me. Ora puoi scegliere. Se vuoi continuamente a rubare, togliti dalla testa la meditazione. Se vuoi meditare, togliti dalla testa il rubare. Puoi scegliere”. Il ladro replicò: “Mi hai messo in un dilemma. Per questi tre giorni ho sentito di essere vivo. E quando sono tornato senza aver portato via nulla dal palazzo, per la prima volta mi sono sentito un sovrano, non un ladro. Questi tre giorni sono stati così colmi di beatitudine che ora non posso più abbandonare la meditazione. Mi hai giocato; ora iniziami e fammi tuo discepolo. Non c’è più bisogno di continuare a provare. Tre giorni sono sufficienti”. Qualunque possa essere l’oggetto, se sei consapevole diventa una meditazione. Prova l’identificazione consciamente: diventa meditazione. Inconsciamente, è un grande peccato. Voi tutti siete identificati con molte cose: “Questo è mio, quello è mio…”. Siete tutti identificati! “Questo è il mio paese, questa è la mia nazione, questa è la mia bandiera…”. Se qualcuno getta per terra la tua bandiera, tu ti infurii. Che cosa sta mai facendo? Tu non hai nazione e tutte le bandiere sono miti. Va bene giocarvi come fanno i bambini; sono dei giocattoli. Ma tu potresti uccidere ed essere ucciso per essa, e delle nazioni possono essere create e distrutte solo insultando una bandiera. Ed è solo un pezzo di stoffa! Che cosa succede? Tu sei identificato con quella bandiera e quell’identificazione è inconscia. L’inconsapevolezza è peccato. Basta per oggi.

Lalita Kamala

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ll mondo ha bisogno del massaggio poiché l’amore è scomparso. 

Una volta, il semplice tocco di due amanti era sufficiente perchè s’intendessero e questo era massaggio. Una mamma toccava il suo bambino, giocava con il suo corpo e questo era massaggio.Un marito giocava con il corpo della sua donna e questo era massaggio. Era sufficiente, più che sufficiente, era profondo rilassamento e parte dell’amore. Ma ciò è scomparso dal mondo.
Pian piano abbiamo dimenticato dove toccare, come toccare, quanto profondamente toccare ed il tocco è diventato uno dei linguaggi più dimenticati.
Quando tocchi il corpo di qualcuno, fallo come una preghiera. Fluisci con energia totale, e appena ti accorgi che il corpo fluisce e l’energia crea una nuova situazione di armonia, ti sentirai deliziato come mai lo sei stato prima. 
Mentre massaggi, semplicemente massaggia. Sii nelle tue dita, nelle tue mani come se tutto il tuo essere, tutta la tua anima fossero lì. Non lasciare che sia solo un tocco di un corpo. Tutta la tua anima entra nel corpo dell’altro, lo penetra, rilassa i suoi complessi più profondi.