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SUTRA
22
Fai che la tua attenzione sia in un punto dove puoi vedere qualche evento passato, e
perfino la tua forma, avendo perso le sue attuali caratteristiche, è trasformata.
23
Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci l’assenza di ogni altro oggetto, fatta eccezione
per questo. Poi, lascialo da parte la sensazione dell’oggetto e la sensazione dell’assenza,
realizza.
24
Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o a favore di qualcuno, non attribuirlo
alla persona in questione, resta centrata.
George Gurdjieff, uno dei maggiori tantrici della nostra epoca, pensa che l’unico peccato
sia l’identificazione, e il prossimo sutra, il decimo sutra sulla centratura – che stasera
indaghiamo a fondo – riguarda l’identificazione. Perciò come prima cosa dev’essere chiaro
senza ombra di dubbio il significato di identificazione. Un tempo eri bambino, ora non lo
sei più. Una persona diventa giovane, invecchia, e l’infanzia diventa una cosa passata. La
giovinezza se n’è andata, ma tu sei ancora identificato con la tua infanzia. Non riesci a
vederla come se stesse capitando a qualcun altro; non riesci a essere un testimone. Ogni
volta che vedi la tua infanzia, non te ne stai in disparte: sei una cosa sola con essa.
Quando qualcuno ricorda la sua infanzia, è tutt’uno con essa. In realtà, ora è solo un
sogno. E se riesci a vedere la tua infanzia come un sogno, come un film che ti scorre
davanti e tu non ti identifichi, sei solo uno spettatore, raggiungerai una visione interiore
molto sottile di te stesso. Se vedi il tuo passato come un film, come un sogno – tu non ne
fai parte, ne sei semplicemente fuori… e lo sei veramente – accadranno molte cose. Se
stai pensando alla tua infanzia, non ne sei dentro; non puoi esserlo. L’infanzia è solo un
ricordo, solo un ricordo passato: rimani in disparte e la guardi. Sei differente: sei un
testimone. Se riesci a sentire questo essere testimone e poi a vedere la tua infanzia come
un film sullo schermo, accadranno molte cose. Primo se l’infanzia è diventata solo un
sogno che puoi guardare, tutto ciò che sei ora diventerà un sogno domani. Se sei giovane,
la tua giovinezza diventerà un sogno. Se sei vecchio, anche la tua vecchiaia diventerà un
sogno. Un giorno eri un bambino, ora l’infanzia è diventata solo un sogno e tu puoi
osservarlo. E’ bene cominciare con il passato: osservalo e disidentificati; diventa un
testimone. Poi osserva il futuro, tutto quello che ti immagini del futuro, e diventa un
testimone. Allora riuscirai a osservare il presente molto facilmente, perché sai che tutto ciò
che è presente adesso, ieri era futuro, e domani diventerà parte del passato. Ma il tuo
testimone non è mai passato, mai futuro. La tua consapevolezza testimone è eterna, non
fa parte del tempo. Ecco perché tutto ciò che accade nel tempo diventa un sogno. Inoltre
ricorda: quando sogni qualcosa di notte, ti identifichi con essa, e durante il sogno non
riesci mai a ricordarti che questo è un sogno. Solo al mattino, quando ti sei svegliato, puoi
ricordarti che quello era un sogno e non una realtà. Come mai? Perché tu ne sei fuori, non
ne sei parte, per cui esiste un intervallo; c’è una distanza, una prospettiva, e puoi vedere
che era un sogno. Ma che cos’è tutto il tuo passato? Esiste l’intervallo, c’è una distanza.
Cerca di vederlo come un sogno. Ora è un sogno, ora non è altro che un sogno, perché
così come il sogno diventa un ricordo, il tuo passato è diventato solo un ricordo. Tu non
puoi veramente dimostrare che tutto ciò che pensi sia stata la tua infanzia è stato reale e
non un sogno: potrebbe essere stato solo un sogno; la memoria non può dire se era un
sogno o una realtà. Gli psicologi dicono che occasionalmente le persone anziane si
confondono tra ciò che hanno sognato e ciò che era reale. I bambini si confondono
sempre. Al mattino i bambini piccoli non riescono a distinguere. Quanto hanno visto in
sogno non era reale, ma possono piangere per un giocattolo che hanno visto distrutto nel
sogno. E anche tu, alcuni istanti dopo che il sonno è stato interrotto, sei ancora sotto
l’influenza del tuo sogno. Se nel sogno qualcuno ti stava assassinando, sebbene il sonno
sia stato interrotto e tu sia ben svegli, il tuo cuore batte rapidamente, la tua circolazione
sanguigna è veloce, e magari, sudi ancora e una sottile paura aleggia ancora intorno a te.
Ora sei sveglio e il sogno è passato, tu però impiegherai qualche minuto per sentire che
era solo un sogno e nient’altro. Quando riesci a sentire che si trattava di un sogno, ne sei
fuori e non c’è più alcuna paura. Se riesci a sentire che il passato è stato solo un sogno –
non lo devi proiettare, non devi imporre l’idea che il passato sia stato solo un sogno: è una
conseguenza – se riesci a osservarlo, se riesci a esserne consapevole senza esserne
coinvolto, se riesci a startene fuori e a guardarlo, senza identificarti, il passato diventerà un
sogno. Qualunque cosa guardi in quanto testimone è un sogno. Ecco perché Shankara e
Nagarjuna poterono dire che questo mondo è solo un sogno. Non che sia un sogno: non
erano degli sciocchi, e neppure dei sempliciotti che dicevano che questo mondo è
effettivamente un sogno. Affermando questo, intendevano dire di essere diventati dei
testimoni, perfino di questo mondo così reale. E una volta che sei diventato testimone di
qualcosa, diventa un sogno. Ecco perché il mondo è chiamato maya, un’illusione. Non che
sia irreale, ma si può diventare testimoni. E una volta che ne diventi un testimone
consapevole, pienamente consapevole, per te l’intera cosa cade proprio come un sogno,
perché insorge una distanza e tu non ti identifichi. Ma noi continuiamo a identificarci. Pochi
giorni fa stavo leggendo le Confessioni di Jean-Jacques Rousseau, è un libro raro. E’
veramente il primo libro nella letteratura mondiale nel quale qualcuno si mette
completamente a nudo. Totalmente a nudo: si mostra con tutti i peccati che ha commesso,
con tutte le sue immortalità. Ma se leggete le Confessioni di Rousseau di certo sentirete
che lui ne gode: sei sente infervorato a parlare dei suoi peccati, delle sue immoralità.
Sembra che ci godesse e ci provasse molto gusto. All’inizio, nell’introduzione, Rousseau
dice: “Quando arriverà il giorno del giudizio io dirò a Dio, all’Onnipotente: ‘Non c’è bisogno
che ti disturbi per me. Leggiti questo libro e saprai ogni cosa’”. Nessuno prima di lui si era
mai confessato con tanta sincerità. E alla fine del libro dice: “Dio Onnipotente, Dio Eterno,
soddisfa il mio unico desiderio. Io ha confessato ogni cosa; ora fa che una folla immensa
si raduni ad ascoltare le mie confessioni”. Perciò non a torto si sospetta che abbia potuto
confessare anche quei peccati che non ha commesso. Si sente così infervorato, e si sta
godendo l’intera cosa. Si è identificato. E c’è solo un peccato che non ha ammesso:
proprio l’essersi identificato. Si è identificato con tutti i peccati che ha commesso o che
non ha commesso, e questo è l’unico peccato per coloro che conoscono a fondo come
funziona la mente umana. Quando per la prima volta lesse le sue Confessioni a un piccolo
gruppo di intellettuali, pensava che sarebbe accaduto qualcosa di sconvolgente perché
era il primo uomo a confessarsi in modo così schietto, come disse lui stesso. Gli
intellettuali ascoltarono e si annoiarono sempre di più. Rousseau si sentì a disagio perché
pensava che sarebbe accaduto qualcosa di prodigioso. Quando finì si sentirono tutti
sollevati, ma nessuno disse nulla. Per alcuni istanti ci fu un silenzio totale. Il cuore di
Rousseau era a pezzi. Pensava d’aver creato qualcosa di rivoluzionario, di sconvolgente,
di storico, e c’era semplicemente silenzio. Tutti stavano pensando a come andarsene. A
chi interessano i tuoi peccati, a parte te? Le tue virtù non interessano a nessuno, i tuoi
peccati non interessano a nessuno. L’uomo è tale che si infervora e si rafforza nel suo ego
anche con le sue virtù e i suoi peccati. Dopo aver scritto le Confessioni, Rousseau
cominciò a ritenersi un saggio, un santo, perché si era confessato. Ma il peccato
fondamentale era rimasto. Il peccato fondamentale è essere identificati con gli avvenimenti
nel tempo. Tutto ciò che avviene nel tempo è simile al sogno, e a meno che non te ne
separi, non ti disidentifichi, non saprai mai cosa sia la beatitudine. L’identificazione è
infelicità, la non-identificazione è beatitudine. Questa decima tecnica riguarda
l’identificazione.
La decima tecnica di centratura: “Fai che la tua attenzione sia in un punto dove puoi
vedere qualche evento passato, e perfino la tua forma, avendo perso le sue attuali
caratteristiche, è trasformata”.
Ricorda il tuo passato, un qualunque avvenimento: la tua infanzia, una storia d’amore, la
morte di tuo padre o di tua madre, una cosa qualunque. Osservalo, ma non lasciarti
coinvolgere. Ricordalo come se fosse la vita di qualcun altro. E mentre questo
avvenimento torna a essere proiettato di nuovo, siine attento, consapevole, come un
testimone, restandone distaccato. La tua forma passata sarà presente l’ì nel film, nella
storia. Se ti stai ricordando di una storia d’amore, la tua prima avventura, l’ì ci sarai anche
tu con la tua amata: la tua forma passata sarà presente con la tua amata, non può essere
diversamente. Sii distaccato anche dalla tua forma passata. Osserva l’intero fenomeno
come se tutto non ti appartenesse: è qualcun altro che amava, tu sei solo un testimone, un
osservatore. Questa è una tecnica assolutamente fondamentale. E’ stata molto usata,
soprattutto dal Buddha. Esistono molte forme di questa tecnica; puoi trovare il tuo modo
per approcciarla. Quando per esempio di sera stai per addormentarti, percorri a ritroso i
ricordi dell’intera giornata. Non cominciare dal mattino, inizia proprio da dove ti trovi, sul
letto, dall’ultimo fatto, e poi và a ritroso. Poi gradatamente, passo dopo passo, vai a ritroso
fino alla prima esperienza della mattina, quando per prima cosa ti sei svegliato. Vai a
ritroso, e ricordati continuamente che non ne sei coinvolto. Per esempio, qualcuno ti ha
insultato nel pomeriggio. Vedi la tua forma che viene insultata, ma tu resti solo un
osservatore. Non farti coinvolgere, non arrabbiarti di nuovo: se accade, significa che sei
identificato. In questo caso hai mancato l’obiettivo della meditazione. Non arrabbiarti: non
sta insultando te, sta insultando la forma che c’era nel pomeriggio. Quella forma ora se n’è
andata. Sei proprio come un fiume che scorre: le forme scorrono. Nell’infanzia avevi una
forma, ora quella forma, non c’e l’hai più: se n’è andata. Tu, come il fiume, cambi
continuamente. Perciò quando di notte mediti a ritroso sugli avvenimenti della giornata,
ricordati semplicemente che sei un testimone: non arrabbiarti. Qualcuno ti stava
elogiando: non esultare: Osserva l’intera situazione come se stessi guardando con
indifferenza un film. E andare a ritroso è molto utile, in particolare per coloro che hanno
qualche difficoltà con il sonno. Se hai qualche difficoltà ad addormentarti, se soffri di
insonnia, mancanza di sonno, se fai fatica ad addormentarti, questa tecnica sarà di grande
aiuto. Come mai? Perché questo è un dipanarsi della mente. Quando vai a ritroso, dipani
la mente. Al mattino cominci ad arrotolare, e la mente resta presa in molte cose, in molti
posti. Incompiute e incomplete, molte cose rimarranno nella mente, e non c’è tempo per
far sì che si risolvano nell’istante stesso in cui accadono. Di notte quindi và a ritroso.
Questo è un processo di dipanamento. E quando ritornerai al mattino, quando ti trovavi sul
letto, alla prima cosa fatta al mattino, avrai di nuovo la stessa mente fresca che avevi
allora. E a quel punto puoi addormentarti come un neonato. Puoi utilizzare questa tecnica
dell’andare a ritroso anche per tutta la tua vita. Anche Mahavira usò molto questa tecnica.
E adesso in America c’è un movimento chiamato Dianetics che usa questo metodo e lo
trova estremamente utile. I Diabetici dicono che tutti i tuoi mali sono dovuti a cose sospese
nel passato; hanno ragione. Se riesci ad andare a ritroso e a dipanare la tua vita, insieme
a quel dipanarsi scompariranno completamente molti mali, è stato dimostrato da molti
casi, risolti con successo. Ora esiste una casistica enorme. Moltissime persone soffrono di
un particolare male senza che nulla di fisiologico, nulla di medico, sia di aiuto; il male
continua, sembra essere psicologico. Che cosa fare? Dire a una persona che il suo male è
psicologico non serve a nulla. Anzi, potrebbe dimostrarsi dannoso, perché nessuno si
sente meglio quando gli viene detto che il suo male è psicologico. Che cosa si può fare
allora? Ci si sente impotenti. Questo andare a ritroso è un metodo miracoloso. Se vai a
ritroso lentamente, dipanando lentamente la mente fino al primo istante in cui questo male
apparve, se un po’ alla volta vai a ritroso fino a quando per la prima volta sei stato
attaccato da questo male, se riesci a dipanare tutto fino a quel momento, verrai a sapere
che questo male è fondamentalmente un complesso di altre cose, di certe cose
psicologiche. Andando a ritroso quelle cose verranno a galla. Se passi attraverso il
momento in cui il male per la prima volta ha attaccato, all’improvviso diventerai
consapevole di quali furono i fattori psicologici che contribuirono a crearlo. E non devi far
nulla: devi solo essere consapevole di quei fattori psicologici e continuare ad andare a
ritroso. Molti mali scompaiono semplicemente perché l’insieme di quel meccanismo si
rompe. Quando sei diventato consapevole dell’insieme di quel complesso, non è più
necessario. Ne sei ripulito, purificato. Si tratta di una profonda catarsi, E se riesci a farla
ogni giorno, proverai un profondo senso di benessere, una nuova freschezza. Se poi riesci
a insegnarla ai bambini, perché la facciano ogni giorno, non saranno mai appesantiti dal
loro passato. Vivranno sempre qui e ora, non avranno mai bisogno di ritornare al passato.
Non avranno nulla in sospeso, nulla incomberà su di loro per quanto riguarda il passato.
Puoi farlo ogni giorno. Ti darà una nuova intuizione su come andare a ritroso attraverso
l’intera giornata. La mente vorrebbe iniziare dal mattino, ricordalo, ma in questo caso non
avverrebbe un dipanarsi; anzi, l’intera realtà verrebbe accentuata: se parti dal mattino,
sarà un grave errore. In India ci sono molti presunti maestri che consigliano di riflettere
sull’intera giornata, e dicono sempre di farlo cominciando dal mattino. Questo è sbagliato e
nocivo perché, in questo modo, enfatizzi di nuovo ogni cosa e la trappola diventerà più
profonda. Non andare mai dal mattino alla sera: vai sempre a ritroso. Solo allora potrai
pulire tutto, purificare tutto. La mente vorrebbe cominciare dal mattino perché è facile: la
mente lo sa e non c’è problema. Se cominci dall’inizio della giornata, all’improvviso sentirai
di aver fatto un salto nel mattino e di aver cominciato di nuovo ad andare avanti. Non farlo,
sii consapevole; vai indietro. Puoi allenare la tua mente ad andare a ritroso usando altri
metodi. Vai a ritroso partendo da cento “novantanove, novantotto, novantasette”: vai a
ritroso. Conta da cento a uno in ordine decrescente. Farai fatica, perché la mente ha
l’abitudine di andare da uno a cento, mai da cento a uno. Allo stesso modo devi andare a
ritroso con questa tecnica. Che cosa accadrà? Andando a ritroso, dipanando la mente, tu
sei un testimone. Vedi i fatti che sono accaduti, ma ora non stanno accadendo a te. Ora
sei solo un osservatore ed essi accadono sullo schermo della mente. Facendone una
pratica quotidiana, all’improvviso, un giorno, mentre sei al lavoro, nel mondo degli affari, in
ufficio o in qualunque altra parte, sarai cosciente di poter essere un testimone degli eventi
che ti stanno capitando proprio in quel momento. Se in seguito riesci a essere un
testimone, e senza andare in collera puoi guardare al passato e vedere qualcuno che ti ha
insultato, perché non farlo proprio ora, con quanto sta avvenendo nel presente? Qualcuno
ti sta insultando: dov’è la difficoltà? Potrai metterti in disparte proprio ora e vedere che
qualcuno ti sta insultando, e tuttavia tu sei differente dal tuo corpo, dalla tua mente, da
quello che viene insultato: puoi esserne testimone. Se riesci a restare testimone, non ti
arrabbierai: è impossibile. La rabbia è possibile solo quando sei identificato, altrimenti è
impossibile. La rabbia implica un’identificazione. Questa tecnica dice di osservare un
evento qualunque del passato: la tua forma sarà presente. Il sutra dice: “La tua forma”,
non tu. Tu non sei mai stato lì. E’ sempre e solo la tua forma che viene coinvolta, tu non lo
sei mai. Quando mi insulti, non insulti me: non puoi farlo, puoi insultare solo la forma. La
forma che io sono è qui e ora per te. Puoi insultare quella forma e io posso distaccarmene.
Ecco perché gli hindu hanno sempre insistito sull’essere distaccati dal nome e dalla forma.
Tu non sei né il tuo nome né la tua forma, tu sei la consapevolezza che conosce la forma
e il nome, e la consapevolezza è diversa, totalmente diversa. Ma è difficile. Perciò
comincia con il passato: in questo caso è facile, perché ora, con il passato, non c’è
urgenza. Qualcuno ti ha insultato vent’anni fa, quindi non c’è alcuna pressione: è possibile
che quell’uomo sia morto e tutto sia finito. E’ solo una faccenda morta, morta nel passato;
è facile esserne consapevoli, ma, allorché riesci a diventare consapevole, non c’è alcuna
difficoltà nel fare la stessa cosa con quanto sta accadendo proprio qui e ora. Comunque
cominciare dal qui e ora è difficile. Il problema è così pressante e vicino che non c’è spazio
per muoversi. E’ difficile creare spazio e allontanarsi dall’avvenimento. Ecco perché il sutra
dice di cominciare dal passato: osserva la tua forma, distaccato, standotene a distanza,
indifferente, e sii trasformato attraverso questo. Questa tecnica ti trasformerà
profondamente, perché si rivelerà una profonda pulizia interiore, dipanerà tutti gli
avvenimenti del passato: alla fine saprai che il tuo corpo, la tua mente, la tua esistenza nel
tempo, non sono la tua realtà essenziale. La realtà sostanziale è diversa. Gli eventi si
susseguono in essa senza intaccarla minimamente. Tu rimani sempre innocente, intatto;
tu rimani vergine. Tutto passa, l’intera vita scorre: bene e male, successo e fallimento,
lode e biasimo, tutto passa. Malattia e salute, giovinezza e vecchiaia, nascita e morte,
tutto passa, e tu non vieni mai intaccato da nulla. Ma come conoscere questa realtà intatta
dentro di te? Questo è lo scopo di questa tecnica. Comincia con il passato. Quando
osservi il tuo passato esiste una distanza; la prospettiva è possibile. Oppure guarda nel
futuro, ma è difficile. Solo per alcune persone non lo è: per i poeti, per le persone dotate
d’immaginazione che riescono a guardare al futuro come se stessero osservando la realtà.
Ma in genere è meglio usare il passato: puoi guardare nel passato. Per i giovani potrebbe
essere meglio guardare nel futuro: per loro è più facile perché la gioventù è orientata verso
il futuro. Per i vecchi non c’è futuro, eccetto la morte. Loro non possono guardare nel
futuro, ne hanno paura. Ecco perché i vecchi cominciano sempre a pensare al passato.
Continuano a tornare ai loro ricordi, ma commettono lo stesso errore. Cominciano dal
passato e vanno verso il loro presente stato d’essere: questo è sbagliato, dovrebbero
andare a ritroso. Se riuscissero a farlo molte volte, dopo un po’ sentirebbero che l’intero
passato viene lavato via. In quel caso una persona può morire senza che il passato gli
resti attaccato. Se riesci a morire senza che il passato ti rimanga aggrappato, morirai
cosciente, morirai pienamente consapevole e per te la morte non sarà una morte: sarà
piuttosto un incontro con l’immortale. Ripulisci l’intera consapevolezza dalla profondità del
passato, e attraverso questo processo il tuo stesso essere verrà trasformato. Provaci.
Questo metodo non è molto difficile, è necessario solo uno sforzo costante, non c’è alcuna
difficoltà rispetto al metodo. E’ semplice, e puoi cominciare con la tua giornata. Stanotte
stessa, sul tuo letto, vai a ritroso, e ti sentirai benissimo, ti sentirai colmo di beatitudine, e
in quel momento ti passerà davanti l’intera giornata, ma non avere fretta: lasciala passare
lentamente in modo che nulla venga dimenticato. E’ una sensazione assai strana perché
molte cose ti appariranno davanti agli occhi, molti particolari che ti erano sfuggiti perché eri
troppo occupato. Ma la mente continua ad accumulare anche mentre sei inconsapevole.
Passavi per una strada, qualcuno cantava, ma forse non ci avevi prestato alcuna
attenzione. Forse non eri neppure consapevole di aver sentito quel suono, passavi
semplicemente: la mente però l’ha udito, l’ha registrato e ora resterà aggrappato a te;
questo per te diventerà un peso inutile. Perciò vai a ritroso, ma molto lentamente, come
quando un film viene proiettato al rallentatore. Vai indietro e osserva i dettagli e quell’unico
giorno sembrerà lunghissimo. In realtà lo è, perché per la mente ci sono state infinite
informazioni, e ha registrato ogni cosa. Ora vai a ritroso. Pian piano sarai in grado di
sapere tutto ciò che è stato registrato, e quando riuscirai ad andare a ritroso, sarà proprio
come un registratore: sarà cancellato tutto. Quando arriverai al mattino ti sarai
addormentato, e la qualità del sonno sarà diversa: sarà meditativa. Poi, di nuovo, al
mattino, quando sentirai di esserti svegliato, non aprire immediatamente gli occhi: vai a
ritroso nella notte. All’inizio sarà difficile: potrai riuscirci solo un po’. Forse ti verrà in mente
qualche frammento, qualche frammento di un sogno che stavi facendo proprio prima che il
sonno s’interrompesse. Ma poco a poco, con uno sforzo graduale, riuscirai a penetrare
sempre di più, e dopo un periodo di tre mesi riuscirai a risalire fino al punto in cui ti eri
addormentato. E se riesci a rimontare penetrando nel sonno, la qualità del sonno e della
veglia cambierà radicalmente, perché non potrai più sognare: sarà diventato inutile. Se
riesci ad andare a ritroso nel giorno e nella notte, l’attività onirica non è necessaria. Ora gli
psicologi dicono che sognare è in realtà un dipanare. Se l’hai già fatto da solo, non ce n’è
bisogno. Tutto ciò che era rimasto sospeso nella mente, tutto ciò che era rimasto
incompiuto, incompleto, cerca di completarsi nel sogno. Passavi da qualche parte e hai
visto qualcosa – una casa stupenda – ed è sorto in te il sottile desiderio di possederla, ma
stavi andando in ufficio e non c’era tempo per fantasticare, perciò sei semplicemente
passato oltre. Non avevi neppure notato che la mente aveva creato il desiderio di
possedere quella casa, ma ora quel desiderio è sospeso lì penzolante, e se non può
essere rimosso sarà difficile dormire. Avere difficoltà a dormire significa fondamentalmente
una sola cosa: la tua giornata incombe ancora su di te e tu non riesci ad alleggerirtene, vi
sei aggrappato. Poi durante la notte, sognerai di essere diventato padrone di questa casa:
ora vivi in questa casa. Non appena fai questo sogno, la mente prova sollievo. Perciò in
genere la gente pensa che i sogni siano disturbi del sonno, cosa assolutamente errata. I
sogni non sono disturbi del tuo sonno, non lo stanno turbando: in realtà sono aiuti; senza
di loro non potresti affatto dormire perché i tuoi sogni ti aiutano a completare ciò che è
rimasto incompleto. E ci sono cose che non possono essere completate. La tua mente
continua a desiderare assurdità che non possono essere realizzate nella realtà, dunque
che cosa fare? Questi desideri incompleti continuano in te, e ti fanno sperare, ti fanno
pensare. Come agire quindi? Hai visto una donna bellissima e hai provato attrazione. Ora
è sorto in te il desiderio di possederla, ma potrebbe non essere possibile, quella donna
potrebbe non rivolgerti neppure uno sguardo. Che fare quindi? Il sogno ti aiuterà. Nel
sogno tu puoi possedere quella donna, e la mente prova sollievo. Per quanto riguarda la
mente, non c’è alcuna differenza tra il sogno e la realtà. Qual è la differenza? Per la mente
che differenza c’è tra l’amare una donna nella realtà e in sogno? Non c’è, oppure la
differenza potrebbe essere questa: nel sogno il fenomeno può essere più bello perché la
donna non ti darà fastidio. Il sogno è tuo e tu puoi fare qualunque cosa la donna non ti
creerà problemi. L’altro è completamente assente, tu sei solo. Non c’è alcuna barriera,
perciò puoi fare tutto quello che vuoi. Per la mente non c’è alcuna differenza; la mente non
può fare distinzioni tra sogno e realtà. Per esempio, se potessi entrare in coma per un
intero anno e sognassi senza interruzione, saresti assolutamente incapace di sentire che
tutto quanto stai vedendo è un sogno. Sarà reale, e il sogno andrà avanti per un anno. Gli
psicologi dicono che se si riesce a mandare un uomo in coma per cento anni, per cento
anni sognerà, senza sospettare neppure, per un solo istante, che tutto ciò che fa è solo un
sogno. E se muore non saprà mai che la sua vita era solo un sogno, che non era reale.
Per la mente non c’è alcuna differenza: la realtà e il sogno sono uguali. Perciò la mente
può dipanarsi nel sogno. Se pratichi questa tecnica, non ci sarà più bisogno di sogni. La
qualità del tuo sonno cambierà totalmente perché, senza sogni, cadi alle radici del tuo
essere, e sarai consapevole nel tuo sonno. E’ questo che Krishna dice nella Gita: mentre
tutti sono profondamente addormentati, lo yogin non lo è, sveglio. Ciò non significa che lo
yogin non stia dormendo: anche lui dorme, ma la qualità del sonno è diversa. Il tuo sonno
è solo un’incoscienza drogata. Il sonno di uno yogin è un profondo rilassamento con
nessuna incoscienza, il suo intero corpo è rilassato; ogni fibra e cellula del corpo è
rilassata senza che vi sia rimasta alcuna tensione, ma lui è pienamente consapevole
dell’intero fenomeno. Prova questa tecnica. Comincia da stanotte, provaci, e poi praticala
anche al mattino, e quando senti di avere ingranato, di poterla fare, dopo una settimana
provala con tutto il tuo passato. Prenditi un giorno di vacanza. Vai in qualche posto
solitario. E’ meglio se stai a digiuno e in silenzio. Sdraiati su qualche spiaggia solitaria
oppure sotto un albero, e da questo punto muoviti verso il tuo passato: sei sdraiato sulla
spiaggia e senti la sabbia e il sole, e ora và a ritroso. Continua a penetrare, a penetrare, a
penetrare e scopri l’ultima cosa che riesci a ricordare. Ti stupirai. Di solito non riesci a
ricordarti granchè, e non riesci a oltrepassare la barriera dei quattro o cinque anni di età.
Coloro che hanno una memoria molto buona possono andare indietro fino all’età limite di
tre anni, ma poi, all’improvviso, sopraggiunge un blocco e tutto si oscura. Se però ci provi,
con questa tecnica un po’ alla volta infrangerai quella barriera, ed è molto facile che tu
riesca a ricordarti il primo giorno in cui sei nato. Quella è una rivelazione. E quando
tornerai al tuo sole e alla spiaggia sarai un uomo diverso. Se ti sforzi ancora di più, puoi
penetrare nel grembo, a avrai ricordi del grembo: nove mesi di ricordi con tua madre.
Anche quel periodo di nove mesi è registrato nella mente. Quando tua madre era
depressa tu l’hai registrato perché anche tu ti sentivi depresso. Eri così legato a tua
madre, così unito, talmente una cosa sola, che tutto ciò che accadeva a lei accadeva
anche a te. Quando era arrabbiata anche tu lo eri. Quando era felice, tu eri felice. Quando
veniva lodata, ti sentivi lodato. Quando stava male, tu sentivi il dolore, la sofferenza, ogni
cosa. Se riesci a penetrare fino al grembo sei sulla pista giusta. Allora, un po’ alla volta,
riuscirai a penetrare di più e a ricordarti il primo istante in cui entrasti nel grembo. Fu solo
a causa di questo ricordo che Mahavira e il Buddha poterono dire che ci sono vite passate,
la rinascita. In realtà la rinascita non è un principio, è solo una profonda esperienza
psicologica. E se riesci a ricordarti il primo istante in cui entrasti nel grembo di tua madre,
puoi penetrare ancora più a fondo e ricordarti la morte della tua vita passata. E una volta
che hai toccato quel punto, il metodo è nelle tue mani e puoi facilmente passare a tutte le
tue vite precedenti. Si tratta di un’esperienza, e il risultato è fenomenale, perché saprai
che per moltissime vite hai vissuto le stesse assurdità che vivi ora. Tutte queste assurdità
le hai ripetute moltissime volte. Lo schema è lo stesso, il formato è lo stesso, solo i dettagli
sono diversi. Avevi amato un’altra donna, ora ami questa donna. Accumulavi denaro… le
monete erano di un certo tipo, ora sono diverse. Ma l’intero schema è lo stesso, è
ripetitivo. Una volta che riesci a comprendere che per moltissime vite hai vissuto le stesse
assurdità, quando vedi quanto stupido sia stato tutto questo circolo vizioso, all’improvviso
ti svegli e l’intera realtà diventa un sogno. Ne vieni espulso, e ora non vuoi ripetere le
stesse cose nel futuro. Il desiderio si arresta perché non è altro che il passato proiettato
nel futuro, le tue esperienze passate in cerca di un’altra ripetizione; il desiderio è solo una
vecchia esperienza che tu vuoi ripetere ancora, niente altro. E non puoi abbandonare il
desiderio a meno che non diventi consapevole dell’intero fenomeno. Come potresti
abbandonarlo? C’è il passato come una grande barriera, una barriera dura come la roccia.
Incombe sulla tua testa, ti spinge verso il futuro. I desideri vengono creati dal passato e
proiettati nel futuro. Se riesci a conoscere il passato in quanto sogno, tutti i desideri
diventano impotenti. Cadono, semplicemente avvizziscono e il futuro scompare. In quella
scomparsa di passato e di futuro, tu sei trasformato.
L’undicesima tecnica di centratura: “Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci l’assenza di
ogni altro oggetto, fatta eccezione per questo. Poi, lascialo da parte la sensazione
dell’oggetto e la sensazione dell’assenza, realizza”.
“Senti un oggetto di fronte a te.” Qualunque cosa va bene, per esempio puoi usare una
rosa. “Senti un oggetto di fronte a te.” Prima devi sentirlo, non basta vederlo: puoi vedere
una rosa, ma il tuo cuore non si acquieta. Non la senti, la vedi soltanto; se la sentissi
potresti metterti a piangere, oppure potresti ridere o danzare. Non la senti: la vedi soltanto,
e anche quel vederla può non essere completo, poiché non vedi mai in modo completo. Il
passato, la memoria dicono che questa è una rosa, e tu passi oltre. In realtà non l’hai
vista. La mente dice che questa è una rosa. Tu sai tutto di essa, poiché hai conosciuto
delle rose, e allora? Allora passi oltre. Un’occhiata basta a risvegliare la memoria delle tue
esperienze passate di rose, e quindi passi oltre. Perfino vedere non è completo. Rimani
con la rosa. Guardala, e poi sentila. Che cosa devi fare per sentirla? Annusala, toccala, fa’
che divenga una profonda esperienza del corpo. Prima chiudi gli occhi, e fa’ che la rosa ti
tocchi il viso. Sentila. Mettila sugli occhi, lascia che gli occhi la tocchino; sentine il profumo.
Mettila sul cuore, stai in silenzio alla sua presenza; attribuisci alla rosa una sensibilità.
Dimentica tutto; dimentica il resto del mondo. “Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci
l’assenza di ogni altro oggetto…” perché se la tua mente sta ancora pensando ad altro,
questo sentire non penetrerà profondamente. Dimentica tutte le altre rose, dimentica tutte
le altre persone, dimentica tutto. Che resti solo la rosa. Solo la rosa, la rosa, la rosa!
Dimentica ogni altra cosa, che questa rosa ti avvolga completamente… sei affogato nella
rosa. Non è facile, perché non sei così sensibile. Ma per le donne non sarà tanto difficile:
possono sentire più facilmente, per gli uomini potrebbe essere un po’ più difficile, a meno
che abbiano un senso estetico molto sviluppato, come un poeta, un pittore o un musicista:
costoro riescono a sentire le cose. In ogni caso provaci. I bambini ci riescono molto
facilmente. Stavo insegnando questo metodo al figlio di un mio amico, riusciva a sentire
con molta facilità. Quando gli diedi una rosa e gli dissi tuttociò che vi ho detto ora, lo fece e
ne trasse un profondo godimento. Quindi gli chiesi: “Come ti senti?”. Rispose:” Sono
diventato una rosa: questa è la sensazione. Sono diventato una rosa”. I bambini riescono
a farlo molto facilmente, ma noi non li educhiamo mai a fondo, altrimenti potrebbero
essere i migliori meditatori. Dimenticati completamente tutti gli altri oggetti. “Percepisci
l’assenza di ogni altro oggetto, fatta eccezione per questo.” E’ ciò che accade nell’amore.
Se sei innamorato di qualcuno, ti dimentichi del mondo intero. Se ti ricordi ancora del
mondo, sappi che questo non è amore. Hai dimenticato l’intero mondo: rimane solo
l’amata o l’amante. Per questo dico che l’amore è una meditazione. Questa tecnica puoi
usarla anche come tecnica d’amore: dimenticati tutto il resto. Solo pochi giorni fa venne da
me un amico con sua moglie. La moglie si lamentava di una cosa; era venuta per questo.
L’amico disse: “E’ da un anno che medito e ora ci sono immerso. E ho trovato utile,
quando medito, gridare all’improvviso al culmine della meditazione: ‘Rajneesh, Rajneesh,
Rajneesh!. Mi aiuta, ma ora è accaduta una cosa strana. Quando faccio l’amore con mia
moglie, quando arrivo all’orgasmo comincio a gridare: ‘Rajneesh, Rajneesh, Rajneesh!’. E
mia moglie ne è sconvolta, e dice stai facendo l’amore con me, stai meditando, o cos’è
che stai facendo? E cosa centra questo Rajneesh?’”. Quell’uomo mi disse: “La situazione
è complessa, perché se non grido: ‘Rajneesh, Rajneesh!’, non riesco ad avere l’orgasmo.
E se grido, mia moglie ne resta sconvolta. Comincia a gridare, a piangere e a fare una
scenata. Che fare quindi? Per questo ho portato mia moglie”. Naturalmente le lamentele di
sua moglie erano giuste poiché non le andava che tra di loro ci fosse qualcun altro
presente. Ecco perché l’amore ha bisogno di intimità, assoluta intimità. L’intimità è
importante solo per dimenticare tutto il resto. In Europa e in America stanno lavorando con
il sesso di gruppo. E’ assurdo: molte coppie che fanno l’amore in una stanza. E’ una totale
assurdità, perché l’amore non potrà mai andare molto in profondità: diventerà solo un’orgia
sessuale. La presenza degli altri diventa una barriera, e l’amore non può essere
meditativo. Se con un oggetto qualunque riesci a dimenticare l’intero mondo, sei
profondamente in amore: con una rosa, con una pietra oppure con qualunque altra cosa.
Ma la condizione è sentire la presenza di questo oggetto e sentire l’assenza di tutto il
resto. Fa che questo oggetto sia l’unica cosa esistente nella tua consapevolezza. Sarà
facile se proverai con qualche oggetto che ami naturalmente. Sarebbe difficile per te
metterti davanti a un sasso, a una pietra, e dimenticare l’intero mondo. Sarebbe difficile,
ma i Maestri Zen l’hanno fatto. Hanno dei giardini di pietre per la meditazione. Non ci sono
fiori, né alberi, nulla; solo pietre e sabbia. E meditano sulla pietra perché, dicono, se riesci
ad avere una profonda relazione d’amore con una pietra, nessuno può crearti alcuna
barriera. E gli uomini sono come pietre. Se riesci ad amare una pietra, puoi amare anche
un uomo. In questo caso non c’è più alcun problema: gli uomini sono come pietre, anche
più gelidi. E’ difficile romperli e penetrare in loro. Usa un oggetto che ami naturalmente, e
poi dimenticati il mondo intero. Gustane la presenza, apprezza il sapore della sua
presenza, sentilo, penetralo fino in fondo e fa’ che penetri in te. “Poi, lascialo da parte la
sensazione dell’oggetto…”. Questa è la parte più difficile: hai abbandonato ogni altro
oggetto, è rimasto solo questo. Hai dimenticato tutto: una cosa sola è rimasta. Ora,
“lascialo da parte la sensazione dell’oggetto”. Ora lascia da parte la sensazione che hai di
questo oggetto. “Poi, lasciando da parte la sensazione dell’oggetto e la sensazione
dell’assenza…” degli altri oggetti. Ora ci sono solo due cose; tutto il resto è assente.
Adesso abbandona anche quell’assenza. Solo questa rosa, questo viso, questa donna,
quest’uomo, questa pietra è presente. Abbandona anche questo, e abbandona anche la
sensazione. All’improvviso cadi in un vuoto assoluto e non rimane più nulla. E Shiva dice:
“Realizza”. Realizza questo vuoto, questo nulla. Questa è la tua natura essenziale, questo
è il puro essere. Sarà difficile avvicinarti direttamente al nulla, molto difficile e arduo.
Perciò è più facile passare attraverso un oggetto come veicolo. Prima poni nella mente un
solo oggetto, e sentilo così totalmente da non aver più bisogno di ricordare altro. La tua
intera coscienza è colmata da quest’unico oggetto. Poi abbandona anche questo;
dimentica anche questo. Cadi in un abisso. Ora non rimane più nulla, nessun oggetto: c’è
solo la tua soggettività, pura, incontaminata, libera da occupazioni. Questo puro essere,
questa pura consapevolezza è la tua natura. Fallo però gradualmente, non tentare l’intera
tecnica in un colpo solo. Prima crea la sensazione di un unico oggetto. Per un paio di
giorni esercitati solo su questa parte; non praticare la tecnica intera. Per qualche
settimana prova solo la prima parte. Crea una sensazione dell’oggetto, sii ricolmato
dall’oggetto. E usane uno solo, non continuare a cambiarlo, perché con ciascun oggetto
dovresti ripetere lo stesso sforzo. Se hai scelto una rosa, continua ogni giorno a usare una
rosa. Siine così ricolmo da poter dire un giorno: “Ora io sono il fiore”. Allora la prima parte
è compiuta. Quando c’è solo il fiore e tutto il resto è dimenticato, gusta quest’idea per un
paio di giorni. E’ stupenda in sé, veramente stupenda, vitale, potente in sé stessa.
Semplicemente sentilo per un paio di giorni, e poi, quando ti sei abituato ed è diventato
facile, non avrai più bisogno di lottare: il fiore apparirà all’improvviso. L’intero mondo è
dimenticato e rimane solo il fiore. Allora tenta la seconda parte: chiudi gli occhi e dimentica
anche il fiore. Ricorda: se sei riuscito a fare la prima cosa, la seconda non sarà difficile.
Ma se tenti l’intera tecnica in una sola seduta, la seconda parte sarà impossibile da
realizzare; perché se riesci a dimenticarti del mondo intero per un solo fiore, puoi
dimenticarti anche del fiore per il nulla. Perciò la seconda parte verrà da sé, ma per la
prima dovrai lottare. E la mente è piena di trabocchetti; dirà sempre di tentare l’intera cosa,
e allora non ci riuscirai. Quindi la mente dirà: “Non è utile”, oppure: “Non fa per me”. Se
vuoi riuscirci tenta la tecnica in parti: prima porta a termine la prima parte, poi la seconda.
Allora l’oggetto non c’è più e rimane solo la tua consapevolezza come una luce, una
fiamma senza niente attorno. Hai una lampada e la luce della lampada cade su molti
oggetti. Visualizzali. Nella tua stanza ci sono moltissimi oggetti. Se porti una lampada nel
buio della stanza tutti gli oggetti si illuminano. La lampada irradia luce su ogni oggetto così
che tu possa vedere. Ora rimani con un oggetto solo; fa che ci sia un solo oggetto. La
lampada è la stessa, ma ora c’è un solo oggetto sotto la sua luce. Ora togli anche
quell’oggetto: la luce rimane senza alcun oggetto. Lo stesso accade con la tua
consapevolezza. Tu sei una fiamma, una luce e il mondo intero è il tuo oggetto. Tu lo
abbandoni e per concentrarti scegli un solo oggetto. La tua fiamma rimane immutata, ma
ora non è occupata da molteplici oggetti: è occupata da uno solo. E poi lascia cadere
anche quell’oggetto. All’improvviso c’è solo luce, consapevolezza. Non cade su niente: il
Buddha l’ha chiamato nirvana; Mahavira l’ha chiamato kaivalya, l’essere assolutamente
soli. Le Upanishad l’hanno chiamato l’esperienza di Brahman, o dell’atman. Shiva dice che
se riesci a portare a compimento quest’ultima tecnica, realizzerai l’Assoluto.
La dodicesima tecnica di centratura: “Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o
a favore di qualcuno, non attribuirlo alla persona in questione, resta centrata”.
Se in te insorge dell’odio per qualcuno o dell’amore, come ti comporti? Lo proietti sull’altro.
Se provi odio nei miei confronti, nel tuo odio ti dimentichi completamente di te stesso; solo
io divento il tuo oggetto. Se provi amore per me, dimentichi te stesso completamente; solo
io divento il tuo oggetto: proietti il tuo amore, il tuo odio o qualunque altra cosa su di me. Ti
dimentichi completamente del tuo centro interiore, l’altro diventa il tuo centro. Questo sutra
dice che, quando sorge odio, amore o qualunque stato d’animo avverso o favorevole a
qualcuno, non bisogna proiettarlo sulla persona in questione. Ricordati, tu ne sei la fonte.
Io ti amo. La sensazione comune è che tu sei la fonte del mio amore. In realtà le cose non
stanno così: io ne sono la fonte, tu sei solo li schermo su cui proietto il mio amore. Tu sei
solo uno schermo, io proietto il mio amore su di te e dico che sei la fonte del mio amore.
Questa non è la realtà, è una finzione. Io raccolgo la mia energia d’amore e la proietto su
di te: in quell’energia tu diventi attraente. Per qualcun altro potresti non essere attraente,
potresti essere del tutto ripugnante. Perché? Se sei tu la fonte dell’amore tutti dovrebbero
provare amore per te, ma tu non lo sei, Io proietto l’amore, perciò diventi attraente;
qualcun altro potrebbe proiettare odio, in quel caso diventerai odioso: Qualcun altro non
proietta nulla, resta indifferente; potrebbe non averti neppure rivolto lo sguardo. In ogni
caso, noi proiettiamo i nostri stati d’animo sugli altri. E’ per questo che, sei in luna di miele,
la luna sembra bellissima, un miracolo, meravigliosa. Il mondo intero sembrava diverso, e
in quella stessa notte per il tuo vicino questa notte miracolosa potrebbe non esistere
affatto. Suo figlio è morto: la stessa luna è solo tristezza, è insopportabile. Ma per te è
incantevole, ammaliante, ti fa impazzire. Perché? La luna è la fonte o forse è solo uno
schermo su cui tu proietti te stesso?
Questo sutra dice: “Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o a favore di
qualcuno, non attribuirlo alla persona in questione” o all’oggetto in questione. Resta
centrato. Ricorda che tu ne sei la fonte; dunque non muoverti verso l’altro, muoviti verso la
fonte. Quando provi odio, non andare verso l’oggetto, non andare verso la persona a cui il
tuo odio si sta indirizzando, vai piuttosto verso il centro da cui proviene. Va’ verso l’interno.
Usa l’odio, o l’amore, o qualunque altro stato d’animo, come un viaggio verso il tuo centro
più intimo, alla fonte, e resta centrato lì. Provaci! Questa è una tecnica psicologica molto
scientifica. Qualcuno ti ha insultato; la rabbia esplode all’improvviso, sei febbricitante. La
collera sta fluendo verso la persona che ti ha insultato. Ora proietterai tutta questa rabbia
su di lui. Lui non ha fatto nulla. Anche se ti ha insultato, che cosa ti ha fatto? Ti ha solo
punzecchiato, ha aiutato la tua rabbia ad affiorare, ma la rabbia è tua. Se andasse da un
Buddha e lo insultasse, non sarebbe in grado di creare in lui alcuna rabbia. O se andasse
da Gesù, Gesù gli porgerebbe l’altra guancia. Oppure se andasse da Bodhidharma, lui
scoppierebbe a ridere. Quindi bisogna distinguere. L’altro non è la fonte. La fonte sta
sempre dentro di te. L’altro colpisce la fonte, ma se dentro di te non c’è rabbia, non può
uscire. Se colpisci un Buddha, verrà fuori solo compassione perché c’è solo compassione.
La rabbia non uscirà perché non ce n’è. Se getti un secchiello in un pozzo asciutto, non ne
esce niente, se lo fai con un pozzo pieno, l’acqua esce, ma proviene dal pozzo: il
secchiello aiuta solo a portarla fuori. Perciò una persona che ti insulta sta solo gettando un
secchiello in te, e il secchiello verrà fuori ricolmo di rabbia, di odio, o del fuoco che era
dentro di te. La fonte sei tu, ricordatelo. Per questa tecnica, ricordati che sei la fonte di
tutto ciò che continui a proiettare sugli altri, e quando c’è uno stato d’animo avverso o
favorevole, va immediatamente all’interno e raggiungerai la fonte. Resta centrato lì, non
muoverti verso l’oggetto. Qualcuno ti ha dato l’occasione per essere consapevole della tua
rabbia: ringrazialo immediatamente e dimenticati di lui. Chiudi gli occhi, trasferisciti
all’interno, e ora guarda la fonte dalla quale proviene questo amore o questo odio. Da
dove? Penetra all’interno, muoviti nell’interiorità: troverai la fonte perché la rabbia proviene
da lì. L’odio, l’amore o qualunque altra cosa proviene dalla tua fonte. Ed è facile arrivare
alla fonte nell’istante in cui sei arrabbiato, innamorato o colmo d’odio, perché in quel
momento sei caldo ed è facile muoversi. Con quel calore riesci a muoverti verso l’interno.
E quando raggiungi un punto fresco all’interno, all’improvviso realizzerai una dimensione
diversa, un mondo diverso che ti si apre davanti. Usa la rabbia, usa l’odio, usa l’amore per
penetrare all’interno. Noi li usiamo sempre per muoverci verso l’altro, e ci sentiamo molto
frustati se non c’è una persona su cui proiettare i nostri stati d’animo, perciò continuiamo a
proiettarli persino su oggetti inanimati. Ha visto gente arrabbiata con le proprie scarpe, che
le scagliava con rabbia. Che cosa stanno mai facendo? Ho visto gente arrabbiata sbattere
la porta con rabbia, gettare la propria rabbia sulla porta, insultare la porta, usare un
linguaggio volgare contro la porta. Che cosa sta facendo? Finirò con un’intuizione Zen che
riguarda proprio questo punto. Lin Chi, uno dei più grandi Maestri Zen, era solito dire:
“Quando ero giovane, ero affascinato dall’andare in barca. Ne avevo una piccola e me ne
andavo da solo sul lago. Rimanevo lì per ore intere. “Accadde un giorno che sulla mia
barca stessi meditando a occhi chiusi sulla notte meravigliosa. Una barca vuota venne
sospinta dalla corrente e colpì la mia. Avevo gli occhi chiusi, così pensai: ‘Qualcuno in
questa barca ha colpito la mia ‘. Emerse la collera. Aprì gli occhi e stavo per dire qualcosa
a quell’uomo con rabbia, poi mi resi conto che la barca era vuota, dunque non c’era modo
di agire contro qualcuno. A chi potevo esprimere la mia rabbia? Quella barca era vuota.
Stava solo seguendo la corrente e aveva colpito la mia”. Quindi non c’era niente da fare:
era impossibile proiettare la rabbia su una barca vuota. Perciò Lin Chi disse: “Chiusi gli
occhi. La rabbia era lì, ma non trovando alcuna via d’uscita chiusi gli occhi e mi lasciai
trasportare all’indietro sull’onda della rabbia. E quella barca vuota divenne la mia
realizzazione. In quella notte silenziosa giunsi a un punto dentro di me: quella barca vuota
fu il mio Maestro: E ora, se qualcuno in una barca mi urta e mi insulta, rido e dico che
anche questa barca è vuota. Chiudo gli occhi e vado nell’interiorità”. Usa questa tecnica.
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DOMANDE:
1
Perché la consapevolezza cosmica – il samadhi – è chiamata centratura?
2
Spiega ulteriormente com’è che ‘l’amore da solo può essere sufficiente’ senza la
meditazione.
3
Perché l’uomo è insensibile?
La prima domanda: Se illuminazione e samadhi significano consapevolezza totale,
consapevolezza cosmica, consapevolezza omnipervasiva, sembra molto strano chiamare
centratura questo stato di consapevolezza cosmica, dal momento che la parola
‘centratura’ implica la concentrazione in un punto. Perché dunque la consapevolezza
cosmica, o samadhi, è chiamata centratura?”.
La centratura è il sentiero, non la meta. La centratura è il metodo, non il risultato. Il
samadhi non è chiamato centratura: la centratura è la tecnica per giungere al samadhi.
Naturalmente sembrano contradditori perché quando un individuo si realizza, si illumina,
non rimane più alcun centro. Jacob Bohme ha detto che quando si arriva a Dio, questa
esperienza può essere descritta in due modi: ora il centro è ovunque, oppure da nessuna
parte; entrambe le cose hanno lo stesso significato. Perciò la parola “centratura” sembra
contraddittoria, ma il sentiero non è la meta e il metodo non è il risultato. E un metodo può
essere contraddittorio. Dunque dobbiamo comprenderlo perché questi centododici metodi
sono metodi per centrarsi. Ma, una volta che diventerai centrato, esploderai. La centratura
è solo il raccoglierti totalmente in un unico punto, una volta cristallizzato in un solo punto,
quel punto, esplode automaticamente. Allora non c’è più alcun centro, oppure il centro è
ovunque. Perciò la centratura è un mezzo per esplodere. Perché la centratura diventa il
metodo? Se non sei centrato la tua energia non è focalizzata, è dispersa, non può
esplodere. Un’esplosione ha bisogno di una grande energia. Esplosione significa che tu
ora non sei disperso: sei in un punto solo. Diventi atomico, diventi un atomo spirituale. E
solo quando sei abbastanza centrato da diventare un atomo, puoi esplodere. Allora si
verifica un’esplosione atomica. Di quell’esplosione non si parla perché non è possibile,
perciò viene dato solo il metodo. Del risultato non si parla: non è possibile. Se metti in
pratica il metodo, il risultato seguirà, e non c’è modo di esprimerlo. Perciò ricorda:
fondamentalmente la religione non parla mai dell’esperienza in sé, parla solo del metodo,
mostra il “come”, non il “cosa”. Il “cosa” è lasciato a te. Se metti in pratica il “come”, ti
arriverà il “cosa”. E non c’è modo di comunicarlo. Si può conoscere, ma non comunicare: è
un’esperienza talmente infinita che il linguaggio diventa inutile. La vastità è tale che
nessuna parola è in grado di esprimerla. Perciò viene dato solo il metodo. Si narra che il
Buddha per quarant’anni abbia continuato a ripetere: “Non fatemi domande sulla verità, su
Dio, sul nirvana, sulla liberazione. Non chiedetemi nulla in merito. Chiedetemi solo come
arrivare fin lì. Posso mostrarvi il sentiero, ma non posso trasmettervi l’esperienza, neppure
a parole”. L’esperienza è personale; il metodo è impersonale. IL metodo è scientifico,
impersonale; l’esperienza è sempre personale e poetica. Che cosa intendo quando
distinguo in questo modo? Il metodo è scientifico. Se riesci a metterlo in pratica, la
centratura ne sarà il risultato inevitabile. Se la centratura non si realizza, sappi che da
qualche parte hai mancato un punto essenziale, hai sbagliato il metodo, non lo hai seguito.
Il metodo è scientifico, la centratura è scientifica, ma quando arriva l’esplosione,
quest’ultima è poetica. Con poetica intendo che ognuno di voi ne farà esperienza in un
modo diverso. Non c’è alcun terreno comune, e ognuno l’esprimerà in un modo diverso. Il
Buddha dice una cosa, Mahavira ne dice un’altra, Krishna dice qualcosa di ancora diverso
e Gesù, Maometto, Mosè e Lao Tzu differiscono tutti, non nei metodi, ma nel modo in cui
esprimono la loro esperienza. Sono tutti d’accordo su un punto solo: qualunque cosa
stiano dicendo non esprime quello che hanno provato; sono d’accordo solo su quel punto.
Tuttavia, in qualche modo, cercano di comunicarla, di farne un accenno. Sembra
impossibile, ma se hai un cuore empatico qualcosa può essere comunicato, e ciò richiede
un accordo profondo, amore e riverenza. Perciò quando qualcosa viene comunicato, ciò
non dipende da colui che la comunica, dipende da te. Se riesci a riceverlo con profondo
amore e riverenza, qualcosa ti raggiunge. Ma se ne sei critico, non ti giungerà nulla.
Innanzitutto il messaggio è difficile da esprimere e, se sei critico persino quando viene
espresso, diventa impossibile, e non ci sarà comunicazione. La comunicazione è molto
delicata. Ecco perché in tutti questi centododici metodi, questo è stato completamente
omesso, è solo accennato. Molte volte Shiva dice: “Fate questo e poi l’esperienza”, e poi
tace; “Fate questo e poi la beatitudine”, e poi tace. La beatitudine, l’esperienza,
l’esplosione: oltre di esse si nasconde l’esperienza personale. Ciò che non può essere
espresso è meglio che non sia espresso, perché altrimenti verrà frainteso. Perciò Shiva
tace: parla sempre di metodi, di tecniche, di come farlo. Ma la centratura non è il fine: è
solo il cammino. E come mai la centratura accade, si sviluppa e cresce in un’esplosione?
Perché se molta energia è concentrata in un solo punto, il punto esploderà. Il punto è così
piccolo e l’energia è così intensa che il punto non può contenerla; da ciò l’esplosione.
Questa lampadina può contenere una certa quantità di elettricità. Se l’elettricità è
maggiore, la lampadina esploderà. Ecco il perché della centratura: quanto più sei centrato,
tanto maggiore è l’energia nel tuo centro. Non appena ci sarà un’energia maggiore, il
centro non sarà più in grado di contenerla: esploderà. Dunque è scientifico, è solo una
legge scientifica. E se il centro non esplode, questo significa che non sei ancora centrato.
Una volta che sei centrato, l’esplosione seguirà immediatamente. Non c’è alcun intervallo
di tempo. Perciò, se senti che l’esplosione non arriva, significa che non sei ancora
focalizzato, non hai ancora un centro, hai ancora molti centri, sei ancora diviso, la tua
energia è ancora dispersa, l’energia sta ancora movendosi verso l’esterno. Quando
l’energia fuoriesce vieni solo svuotato, disperso. Alla fine diventerai impotente. Quando la
morte arriva, in realtà sei già morto: sei solo una cellula morta. Hai continuato a scaricare
energia all’esterno, perciò, qualunque sia la quantità di energia, diventerai vuoto entro un
certo periodo di tempo. L’energia che fuoriesce significa morte. Tu stai morendo in ciascun
istante: ti stai svuotando della tua energia; stai gettando via la tua energia, la stai
dissipando. Dicono che persino il sole, che è rimasto lì per milioni e milioni di anni, un così
grande serbatoio di energia, si stia costantemente svuotando, e che nel giro di quatto
bilioni di anni morirà. Il sole morirà semplicemente perché non avrà energia da irradiare.
Muore ogni giorno perché i raggi trasportano la sua energia verso i confini dell’universo, se
mai ci sono dei confini. L’energia fuoriesce. Solo l’uomo è capace di trasformare e di
cambiare la direzione dell’energia. Altrimenti la morte è un fenomeno naturale: ogni cosa
muore. Solo l’uomo è capace ci conoscere l’immortale, ciò che non muore. Perciò puoi
condensare tutto questo in una legge. Se l’energia esce verso l’esterno ne conseguirà la
morte e tu non saprai il significato della vita: potrai conoscere solo un lento morire, ma non
sentirai mai l’intensità di essere vivo. Se l’energia esce, la morte ne è l’automatica
conseguenza, e ciò vale per qualunque cosa, senza eccezioni. Se riesci a cambiare la
direzione dell’energia, a far sì che non si muova verso l’esterno, ma verso l’interno,
accade una trasformazione, un cambiamento. Questa energia che rientra all’interno si
centra in te in un punto solo. Quel punto è proprio vicino all’ombelico perché in realtà sei
nato come ombelico. Sei connesso a tua madre attraverso l’ombelico: la sua energia vitale
si riserva in te attraverso l’ombelico e, una vota che il cordone ombelicale è tagliato,
quando vieni separato dalla madre, diventi un individuo. Prima non lo eri, eri solo una
parte di tua madre. Perciò la tua vera nascita ha luogo quando il cordone ombelicale è
tagliato. In quel momento il bambino comincia la propria vita, diventa il proprio centro.
Quel centro si trova necessariamente a livello dell’ombelico, perché è attraverso l’ombelico
che l’energia giunge al bambino. Era l’anello di connessione. E, che tu ne sia consapevole
o meno, l’ombelico rimane ancora il centro. Se l’energia comincia a riversarsi all’interno,
se cambi la direzione dell’energia in modo tale che entri, finirà nell’ombelico. Continuerà a
entrare e si centrerà nell’ombelico. Quando ce n’è così tanta che l’ombelico non riesce più
a contenerla, il centro esplode. In quell’esplosione tu, di nuovo, non sei più un individuo.
Non eri un individuo quando eri unito a tua madre; di nuovo non sarai più un individuo. Ha
avuto luogo una nuova nascita: sei diventato una cosa sola con il cosmo. Ora non hai più
un centro, non puoi dire: “Io”. Ora non c’è più alcun ego. Un Buddha, un Krishna
continuano a parlare e a usare la parola “io”, ma è solo una convenzione, questi esseri
non hanno alcun ego. Loro non sono. Il Buddha stava morendo. Il giorno in cui sarebbe
morto moltissima gente, i discepoli, snnyasin si radunarono ed erano tutti tristi: piangevano
e si lamentavano. Perciò il Buddha chiese: “Perché state piangendo?”. Qualcuno rispose:
“Perché presto tu non ci sarai più”. Il Buddha rise e disse: “Ma io non ci sono stato per
quarant’anni. Sono morto il giorno in cui mi sono illuminato. E’ da quarant’anni che non c’è
il centro. Non piangete, dunque; non siate tristi. Ora nessuno sta per morire. Io non ci sono
più! Tuttavia la parola ‘io’ dev’essere ancora usata, perfino per indicare che io non ci sono
più”. La religione, tutto ciò che si intende per ricerca religiosa si occupa dell’energia che
rientra all’interno. Come smuovere l’energia, come creare una totale inversione di
direzione? Questi metodi sono d’aiuto. Perciò ricorda, la centratura non è il samadhi, non
è l’esperienza, è la soglia che conduce all’esperienza. E quando l’esperienza accade non
c’è alcuna centratura. La centratura è soltanto un passaggio. Ora tu non sei centrato, in
realtà hai centri molteplici. Questa è la ragione per la quale io dico che ora non sei
centrato. Quando divieni centrato, c’è un centro solo, e l’energia che andava agli altri
centri ritorna; è un tornare a casa. Allora sei nel tuo centro; poi… l’esplosione. Di nuovo il
centro non c’è più, ma tu non hai più centri molteplici: non c’è affatto alcun centro e sei
diventato una cosa sola con il cosmo. Allora tu e l’esistenza significante la stessa e unica
cosa. Per esempio, un iceberg galleggia in mare. L’iceberg ha un suo centro, ha
un’individualità separata, è separato dall’oceano. In fondo in fondo non è separato perché
non è nient’altro che acqua a una certa temperatura. La differenza tra l’acqua dell’oceano
e l’iceberg non è nella sostanza, sostanzialmente sono la stessa cosa. La differenza è solo
di temperatura. Poi sorge il sole, l’atmosfera si surriscalda e l’iceberg comincia a
sciogliersi: scompare, si scioglie; alla fine non lo vedi più perché in esso non c’è alcuna
individualità, alcun centro. E’ diventato tutt’uno con l’oceano. Tu e il Buddha, coloro che
stavano crocifiggendo Gesù, e Gesù stesso, Krishna e Arjuna siete uguali. Arjuna è come
un iceberg e Krishna è come un oceano. Non c’è alcuna differenza sostanziale: entrambi
sono la stessa cosa, ma Arjuna ha una forma, un nome, un’esistenza individuale e isolata.
Lui sente: “Io sono”. Con questi metodi per centrarsi la temperatura cambierà, l’iceberg si
scioglierà e quindi la differenza non ci sarà più. Quella sensazione oceanica è il samadhi;
quell’essere un iceberg è la mente. E sentirsi oceanici e essere una nonmente. La
centratura è soltanto il passaggio, il punto di trasformazione a partire dal quale l’iceberg
non esisterà più. Prima di esso non c’era alcun oceano, solo un iceberg. Dopo non ci sarà
più alcun iceberg, solo l’oceano. La sensazione oceanica è il samadhi: sentirsi una cosa
sola con il Tutto. Ma io non sto dicendo di pensarti una cosa sola con il Tutto. Puoi
pensarlo, ma il pensare viene prima della centratura. Questo non è realizzazione. Tu non
sai: hai solo sentito dire, hai letto, Speri che un giorno possa accadere anche a te, ma non
lo hai realizzato. Prima di centrarti puoi continuare a pensare, ma non serve a niente.
Dopo che ti sei centrato non pensi. Lo sai! E’ accaduto! Tu non esisti più, esiste solo
l’oceano. La centratura è il metodo, il samadhi è il fine. Non si è detto nulla riguardo a ciò
che accade nel samadhi perché nulla può essere detto. E Shiva è molto scientifico: non è
affatto interessato a raccontare, è telegrafico, non usa una sola parola in più. Perciò
accenna solo: “L’esperienza, la beatitudine, l’evento”. Non solo: a volte dice
semplicemente “allora”. Dice: “Concentrati tra i due respiri e allora”. E si ferma. A volte
dice semplicemente: Sii nel mezzo, proprio nel mezzo tra i due estremi, e a quel punto”.
Queste sono indicazioni: “quello “, “allora”, l’esperienza, la beatitudine, l’evento,
l’esplosione. Ma poi si ferma completamente. Perché? Vorremmo che dicesse qualche
cosa in più. Per due ragioni. Primo “quello” non può essere spiegato. Come mai? Ci sono
pensatori, per esempio i positivisti moderni, gli analisti del linguaggio e altri in Europa, che
dicono che ciò di cui si può avere esperienza può essere spiegato. E sostengono una tesi:
dicono che se puoi farne esperienza, perché dunque non puoi parlarne? Dopo tutto cos’è
un’esperienza? L’hai capita, perché dunque non puoi farla capire ad altri? Quindi dicono
che se un’esperienza si verifica, può essere espressa. E se non puoi esprimerla, ciò
dimostra semplicemente che non c’è alcuna esperienza. Sei una persona dalle idee
confuse, vaga, nebulosa. E se non riesci neppure a esprimerti, non c’è possibilità che tu
sia in grado di farne esperienza. A causa di questo punto di vista costoro sostengono che
la religione è tutta ciarlataneria. Perché non puoi esprimere una cosa se dici di averne
fatto esperienza? La loro tesi attrae molti, ma è infondata: lasciando da parte le
esperienze religiose, neppure le esperienze ordinarie possono essere spiegate ed
espresse, neppure esperienze molto semplici. Ho il mal di testa e, se tu non lo hai mai
avuto, non posso spiegarti che cosa significhi. Questo non significa che io sia una persona
dalle idee confuse, che io stia solo pensando e che non abbia alcuna esperienza. Il mal di
testa c’è. Io ne faccio esperienza nella sua totalità, nella sua piena dolorosità. Tuttavia se
tu non hai mai avuto l’esperienza di un mal di testa, non ti può essere spiegato, o illustrato.
Se invece anche tu ne hai avuto esperienza, allora naturalmente, non c’è alcun problema:
può essere espresso. La difficoltà del Buddha sta in questo: deve parlare con dei nonBuddha,
non con dei non-buddhisti, perché anche dei non-buddhisti possono essere dei
Buddha. Gesù non è buddista, ma è un Buddha. La difficoltà esiste perché il Buddha deve
comunicare con persone che non hanno fatto esperienza. Tu non sai cosa sia un mal di
testa. Molti non lo hanno mai provato: hanno solo udito la parola, ma per loro non ha alcun
senso. Puoi parlare della luce con un cieco, ma non potrai dargliene l’idea. Sente la parola
“luce”, ascolta la spiegazione. Può comprendere l’intera teoria della luce, comunque la
parola “luce” non gli dice niente. A meno che non possa farne esperienza, la
comunicazione è impossibile. Dunque, prendi nota: la comunicazione è possibile solo se le
due persone che comunicano tra di loro hanno avuto la stessa esperienza. Nella vita
ordinaria siamo in grado di comunicare perché le nostre esperienze sono simili. Ma anche
allora ci saranno difficoltà, se si comincia a spaccare il capello in quattro. Io dico che il
cielo è blu e anche tu lo dici, ma come facciamo a decidere se la mia esperienza del blu è
uguale alla tua? Non c’è alcun modo per decidere. Posso vedere una diversa sfumatura di
blu e tu ne vedi una ancora differente, ma non ti può essere comunicato che cosa io veda
dentro di me, che cosa sto provando. Posso semplicemente dire “blu”. Anche tu dici “blu”,
ma il blu ha mille sfumature, non solo: ha mille significati. Nel mio schema mentale, “blu”
potrebbe significare una cosa; per te potrebbe significare un’altra perché “blu” non è il
significato. Il significato sta sempre nello schema della mente. Perciò, persino nelle
esperienze comuni è difficile comunicare. Inoltre ci sono esperienze che appartengono
all’ambito del trascendente. Per esempio, qualcuno s’innamora, prova qualcosa. La sua
vita intera è in gioco, ma lui non riesce a spiegare che cosa gli sia accaduto, che cosa gli
stia accadendo. E’ possibile che pianga, canti, danzi: queste sono indicazioni che
qualcosa sta accadendo dentro di lui. Ma che cosa sta accadendo? Quando l’amore
accade a qualcuno, che cosa accade realmente? E l’amore non è un fenomeno molto
insolito. In un modo e nell’altro capita a tutti; tuttavia non siamo ancora riusciti a esprimere
cosa accada all’interno. Ci sono persone che sentono l’amore come una febbre, come una
sorta di malattia. Rousseau dice che la giovinezza non è il culmine della vita umana,
perché è incline alla malattia chiamata amore. A meno che non si sia diventati vecchi a tal
punto che l’amore ha perso tutto il suo significato, la mente rimane confusa e perplessa.
Perciò la saggezza è possibile solo in età molto, molto avanzata. L’amore non ti
permetterà di essere saggio, questa è la sensazione. Ci sono altri che possono sentire
diversamente. Coloro che sono veramente saggi taceranno di fronte all’amore. Non
diranno nulla, perché il sentimento dell’amore è così infinito, così profondo, che il
linguaggio lo tradirebbe inevitabilmente. E, se viene espresso, ci si sente colpevoli perché
non si riesce mai a rendere giustizia al sentimento dell’infinito. Perciò si rimane in silenzio:
quanto più profonda è l’esperienza, tanto minore è la possibilità di espressione. Il Buddha
tacque riguardo a Dio, non perché non vi sia alcun Dio. E coloro che sono molto loquaci
riguardo a Dio in realtà dimostrano di non averne alcuna esperienza. Il Buddha tacque.
Ogni volta che entrava in una città dichiarava: “Per piacere non chiedetemi nulla su Dio.
Potete chiedermi qualunque cosa, ma non su Dio”. Eruditi, pandit che non avevano in
verità alcuna esperienza, ma solo delle conoscenze, cominciarono a parlare del Buddha e
a diffondere delle voci dicendo: “Tace perché non sa. Se sapesse, perché non parlarne?”.
E il Buddha rideva, e quel riso poteva venir capito solo da pochissimi. Se non può essere
espresso l’amore, come potrebbe essere espresso Dio? Inoltre ogni espressione è
dannosa. Ecco perché Shiva tace riguardo a quell’esperienza. Giunge fino al punto a
partire dal quale un dito può essere usato come indicazione: “Allora, quello, l’esperienza”,
e poi tace. In secondo luogo, sarebbe non possa essere espresso veramente, ma solo
parzialmente, tuttavia si possono creare dei paralleli che aiutano. Ma Shiva non usa
neppure quelli, e c’è una ragione: infatti la nostra mente è così avida che quando viene
detto qualcosa di quell’esperienza, vi si aggrappa. E quindi si dimentica il metodo e si
ricorda solo l’esperienza, perché il metodo necessita di sforzo; un lungo sforzo che talvolta
è noioso, a volte pericoloso. E’ necessario uno sforzo lungo e sostenuto. Perciò ci
dimentichiamo del metodo. Ci ricordiamo del risultato e continuiamo a immaginarci, a
sperare, a desiderare il risultato. E si può ingannare se stessi molto facilmente. Ci si può
immaginare di aver già conseguito il risultato. Un paio di giorni fa era presente una
persona; è un sannyasin, un uomo vecchio, molto vecchio. Prese il sannyas trent’anni fa,
ora ne ha quasi settanta. Venne da me e disse: “Sono venuto per fare alcune indagini, per
sapere una certa cosa”. Perciò gli chiesi: “Che cosa vuoi sapere?”. Improvvisamente
cambiò. Disse: “No, non proprio per sapere, volevo solo incontrarti, perché tutto ciò che si
può sapere l’ho già saputo”. Per trent’anni ha continuato a immaginare, a desiderare – a
desiderare la beatitudine, esperienze divine – e ora, alla sua età avanzata, è diventato
debole e la morte è vicina. Ora si crea delle allucinazioni, per convincersi di averne fatto
esperienza. Perciò gli dissi: “Se ne hai fatto esperienza, allora stà zitto. Stà qui con me per
qualche istante perché non c’è bisogno di parlare”. A quel punto diventò irrequieto.
Replicò: “Va bene! Allora presumi che io non ne abbia fatto esperienza, e dimmi
qualcosa”. Gli dissi: “Con me non c’è possibilità di presumere. L’hai conosciuto oppure non
l’hai conosciuto. Quindi sii chiaro al riguardo. Se l’hai conosciuto, allora sta zitto. Stà qui
per alcuni istanti e poi va’. Se non l’hai conosciuto, allora sii chiaro. Dimmelo”. Rimase
perplesso. Era venuto per indagare su alcuni metodi. Perciò disse: “In realtà non ne ho
fatto esperienza, ma ho pensato così tanto a: ‘Aham Brahmasmi – io sono il Braham’ che
a volte mi dimentico che sto solo pensando. L’ho ripetuto così tanto, notte e giorno
continuamente per trent’anni, che a volte mi dimentico del tutto che tutto che non l’ho
conosciuto. E’ solo un detto preso in prestito”. E’ difficile ricordarsi che cosa sia sapere e
che cosa sia esperienza. Si confondono, si mescolano e si fondono. Ed è molto facile
sentire che il proprio sapere è diventato la propria esperienza. La mente umana è così
ingannatrice, così astuta, che può accadere. Questa è un’altra ragione per la quale Shiva
ha taciuto riguardo all’esperienza: non dice nulla in merito. Continua a parlare di metodi,
tacendo completamente riguardo al risultato. Non puoi venire ingannato da lui. Questa è
una delle ragioni per le quali questo libro, uno dei più validi, è rimasto del tutto
sconosciuto. Questo Vigna Bhairava Tantra è uno dei libri più importanti che esistano al
mondo. Nessuna Bibbia, nessuna Gita è così importante, eppure è rimasto
completamente sconosciuto. La ragione? Contiene solo semplici metodi senza alcuna
possibilità per la tua avidità di aggrapparti ai risultati. La mente vuole aggrapparsi ai
risultati, non è interessata al metodo: è interessata al risultato finale. E se puoi eludere il
metodo e raggiungere il risultato, la mente ne sarà estremamente felice. Qualcuno mi ha
chiesto: “Perché così tanti metodi? Kabir ha detto: ‘Sahaj Samadhi bhali, sii spontaneo’.
L’estasi spontanea è quella buona, perché non c’è bisogno di metodi”. Gli ho risposto: “Se
hai raggiunto il Sahaj Samadhi, l’estasi spontanea, allora, naturalmente, non ti serve alcun
metodo. Non è necessario. Ma perché sei venuto qui?”. Mi ha detto: “Non l’ho ancora
raggiunto ma sento che il Sahaj – ciò che è spontaneo – è la cosa migliore”. “Ma perché
senti che ciò che è spontaneo è meglio?” ho chiesto. Poiché non viene proposto alcun
metodo, la mente è contenta che tu non abbia niente da fare, e che tu possa avere tutto
senza far nulla! E’ per questo che lo Zen è diventato una mania in Occidente, perché lo
Zen dice di raggiungere lo scopo senza sforzo; lo sforzo non è necessario. Lo Zen ha
ragione: non c’è alcun bisogno di uno sforzo, Ma, ricordati, per raggiungere questo punto
di non-sforzo ti sarà necessario un lunghissimo sforzo. Per giungere a un punto in cui non
è necessario alcuno sforzo, per giungere a un punto in cui tu possa restare nel no-fare,
sarà necessario un lungo sforzo. Ma la conclusione superficiale, data dal fatto che lo Zen
dice che non sia necessario alcuno sforzo, è diventata molto attraente in Occidente. Se
non è necessario far fatica la mente dice che questa è la cosa giusta, perché puoi farla
senza fare nulla. Ma nessuno riesce a farla. Suzuki, che ha divulgato lo Zen in Occidente,
ha reso un buon servizio e al tempo stesso un cattivo servizio. E, alla lunga, quello cattivo
prevarrà. Era un uomo molto autentico, uno degli uomini più autentici di questo secolo, e
lottò tutta la vita per diffondere il messaggio dello Zen in Occidente. E da solo, con il suo
unico sforzo, l’ha reso noto; ora è diventato una mania. Ci sono amici dello Zen in tutto
l’Occidente: oggigiorno nulla attrae come lo Zen. Ma l’essenziale è stato perso di vista. Lo
Zen ha tanto successo perché dice che non è necessario alcun metodo, che non è
necessario alcun sforzo. Non devi fare nulla: l’evento fiorisce spontaneamente. E’ giusto,
ma tu non sei spontaneo, perciò in te non fiorirà mai. Essere spontanei… Sembra assurdo
e contraddittorio perché hai bisogno di molti metodi per essere spontaneo, per purificarti,
per renderti innocente, altrimenti non puoi essere spontaneo in nulla. Il Vigyana Bhairava
Tantra venne tradotto in inglese da Paul Reps. Reps ha scritto un bellissimo libro, La porta
senza porta, e nell’appendice ha incluso il Vigyana Bhairava Tantra. Il suo libro si occupa
dello Zen, ma in appendice ha aggiunto anche questi centododici metodi, e li ha definiti
uno scritto “pre-Zen”. A molti seguaci dello Zen non piacque perché dissero che secondo
lo Zen non è necessario alcun sforzo, alcun metodo, mentre questo libro si occupa solo
dello sforzo, solo di metodi. Perciò è “anti-Zen”, non “pre-Zen”. Da un punto di vista
superficiale hanno ragione, ma in profondità no, perché per acquisire un essere spontaneo
si deve fare un lungo viaggio. Uno dei discepoli di Gurdjieff, Ouspensky, quando qualcuno
gli chiedeva qualcosa sulla via era solito dire: “Noi non sappiamo nulla di ciò che riguarda
la via. Insegniamo solo dei passi che conducono alla via. La via non ci è nota”. Non
crederti già sulla via. Anch’essa è ben lontana. Da dove sei, da questo punto, anche la via
è lontana. Perciò prima devi giungervi. Ouspensky era un uomo molto umile, ed è molto
difficile essere religiosi ed essere umili, molto, molto difficile, perché una volta che cominci
a sentire di sapere, la testa impazzisce. Diceva sempre: “Noi della via non sappiamo nulla.
E’ molto lontana, e per ora non è necessario discuterne”. Ovunque ti trovi, prima devi
creare un anello, un piccolo ponte, un cammino che ti conduca alla via. La spontaneità – il
sahaj yoga – è molto lontano da te. Là dove ti trovi tu sei totalmente artificiale, educato e
colto. Nulla è spontaneo, “nulla, lo sottolineo, è spontaneo. E se nella tua vita nulla è
spontaneo, come può esserlo la religione? Se nulla è spontaneo neppure l’amore lo è;
persino l’amore è un contratto, un calcolo, uno sforzo. In quel caso nulla può essere
spontaneo ed è impossibile esplodere spontaneamente nel cosmo. Nella situazione in cui
ti trovi, in quello stato di cose, è impossibile. Come prima cosa dovrai sbarazzarti di tutta la
tua artificialità, tutti i tuoi falsi atteggiamenti, tutte le tue colte convenzioni, tutti i tuoi
pregiudizi. Solo allora potrà accadere un evento spontaneo. Questi metodi ti aiuteranno ad
arrivare a un punto a partire dal quale non è più necessario fare alcunché: il tuo semplice
essere è sufficiente. Ma la mente può ingannare, e la mente inganna facilmente, perché in
questo modo può consolarsi. Shiva non parla mai di risultati, solo di metodi. Ricordati
questa enfasi. Fa qualcosa, in modo che possa esistere un momento in cui nulla sarà
necessario, in cui il tuo essere centrale potrà semplicemente dissolversi nel cosmo. Ma lo
si deve conseguire. Lo Zen attrae per la ragione sbagliata, e lo stesso vale per
Krishnamurti, perché anche lui dice che non è necessario alcuno yoga, non è necessario
alcun metodo, non esiste alcun “metodo” di meditazione. Ha ragione. Ha ragione, ma
Shiva dice che ci sono questi centododici metodi di meditazione, e anche Shiva ha
ragione. Per quanto ti riguarda, Shiva ha più ragione. Se devi scegliere tra Shiva e
Krishnamurti, scegli Shiva. Krishnamurti non ti serve a nulla. Per aiutarti posso dirti perfino
questo: Krishnamurti sbaglia completamente. Ed è dannoso. Ricorda: anche questo lo
dico per aiutarti, perché se segui le sue parole non raggiungerai il sammadhi.
Raggiungerai solo una conclusione: che non è necessario alcun metodo. E questo è
pericoloso. Per te il metodi è necessario! Arriva un momento in cui non è più necessario
alcun metodo, ma per te quel momento non è ancora giunto. E prima di quel momento è
pericoloso sapere qualcosa su ciò che dovrà seguire. Ecco perché Shiva tace: non dice
nulla del futuro, di ciò che avverrà. Si accompagna semplicemente a te, a ciò che sei e a
ciò che si deve fare con te. Krishnamurti continua a parlare in termini che non puoi
comprendere. Se ne sente la logica. La logica è giusta, è bella. Va benissimo che tu riesca
a ricordare la logica di Krishnamurti: dice che, se stai praticando qualche metodo, che è
che lo sta praticando? E’ la mente che lo pratica. E come può un metodo praticato dalla
mente dissolvere la mente? Non è possibile, anzi, al contrario, la rafforzerà ancora di più;
rafforzerà la tua mente ancora di più. Diventerà un condizionamento, sarà falso. Perciò la
meditazione è spontanea, tu non puoi fare nulla in merito. Che cosa puoi fare per amare?
Puoi forse praticare un metodo per amare? Se lo pratichi, il tuo amore sa à falso. Accade:
non può essere praticato. Se persino l’amore non può essere praticato, come può essere
praticata la preghiera? Come può essere praticata la meditazione? La logica è esatta, è
assolutamente giusta, ma non per te, perché se continuerai ad ascoltarla, ne sarai
condizionato. E coloro che da quarant’anni danno ascolto a Krishnamurti sono le persone
più condizionate che io abbia mai incontrato. Dicono che non esiste alcun metodo e,
malgrado ciò, sono ancora al punto di partenza. Io dico: “Voi avete capito che non c’è
alcun metodo e non praticate alcun metodo, ma la spontaneità è forse fiorita in voi? Loro
rispondono: “No!”. E se io dico loro: “Allora praticate un qualche metodo”, immediatamente
scatta il loro condizionamento. Replicano: “Non c’è alcun metodo”. Non hanno praticato
alcun metodo e il samadhi non è accaduto. E se tu dici loro: “Allora provate qualche
metodo”, loro sostengono che non esiste alcun metodo. Così sono in un dilemma: non si
sono mossi di un millimetro, perché è stato detto loro qualcosa che non era per loro. E’
come fare educazione sessuale a un bambino. Puoi continuare a insegnare, ma stai
dicendo cose che sono ancora senza senso per il bambino. Il tuo insegnamento sarà
pericoloso perché stai condizionando la sua mente, e non è questo ciò di cui ha bisogno;
la cosa non lo preoccupa. Non conosce il significato del sesso perché le sue ghiandole
non funzionano ancora. Il suo corpo non è ancora sessuale. La sua energia non si è
ancora mossa biologicamente verso il centro sessuale, e tu gliene stai già parlando. Pensi
forse che gli possa venire insegnata qualunque cosa solo perché ha le orecchie? Pensi
forse di potergli insegnare qualunque cosa solo perché annuisce? Puoi insegnare, e il tuo
insegnamento può diventare pericoloso e nocivo. Per lui il sesso non è materia da
indagare. Per lui non è ancora diventato un problema; il bambino non è ancora giunto a
quel punto di maturità in cui il sesso diventa importante. Aspetta! Quando comincia a
indagare, quando matura e fa domande, allora parlagliene. E non dirgli mai più di quanto
non possa capire perché quel di più diventerà un peso sulla sua testa. Lo stesso vale per il
fenomeno della meditazione. Ti si possono insegnare solo i metodi, non i risultati. Questo
è fare un salto, e fare un salto senza avere un punto d’appoggio nel metodo si riduce a
una faccenda cerebrale, a un affare mentale. In questo modo perderai sempre la parte
essenziale del metodo. E’ come con i bambini quando fanno aritmetica. Possono sempre
tornare al libro e conoscere la risposta. La risposta è lì: alla fine del libro vengono date le
risposte. Possono guardare una domanda, poi andare alla fine e sapere la risposta. E una
volta che un bambino conosce la risposta è molto difficile per lui imparare il metodo,
perché sembra che non sia necessario. Visto che sa già la risposta non ce n’è bisogno. In
realtà farà tutto con ordine inverso: arriverà alla risposta attraverso qualunque falso,
pseudo-metodo. Conosce l’essenziale, conosce la risposta, perciò può arrivarci
semplicemente creando un falso metodo. E lo stesso capita nella religione: sembra che
anche nella religione ognuno faccia proprio come i bambini. La risposta non ti fa bene. C’è
la domanda, c’è il metodo, e tu devi arrivare alla risposta. Nessun altro dovrebbe dartela. I
veri insegnamenti non ti aiutano a conoscere la risposta prima che il processo sia
compiuto, ti aiutano semplicemente a passare attraverso il processo. E se anche hai
saputo la risposta in qualche modo, o l’hai rubata da qualche parte, diranno che è
sbagliata. Potrebbe essere corretta, ma loro diranno: “Questo è sbagliato. Sbarazzatene:
non è necessario”. Ti impediranno di conoscere la risposta prima che tu giunga realmente
a conoscerla. Questo è il motivo per cui non viene data alcuna risposta. L’amata di Shiva,
Devi, gli ha posto delle domande. Lui dà dei semplici metodi. C’è la domanda, c’è il
metodo. Sta a te elaborare, vivere la risposta. Perciò ricordati la centratura è il metodo,
non il risultato. Il risultato è l’esperienza cosmica, oceanica. A quel punto non c’è più alcun
centro.
La seconda domanda: “Tu hai detto che se una persona riesce ad amare veramente,
allora basta l’amore e i centododici metodi di meditazione non sono necessari. E io sento
di amare veramente, credo, con il vero amore che hai spiegato tu. Ma la beatitudine che
incontro nella meditazione mi pare che appartenga a una dimensione alquanto diversa
dalla profonda soddisfazione della quale ho esperienza nell’amore, e non posso neppure
immaginare di stare senza meditazione. Spiegaci perciò un po’ di più com’è che l’amore
da solo, senza la meditazione, può bastare”.
Ci sono molte cose da capire. Primo, se tu fossi veramente innamorato non chiedesti nulla
sulla meditazione, perché l’amore è un appagamento così totale che non c’è mai la
sensazione che manchi qualcosa, che ci sia un vuoto che deve essere colmato, che tu
abbia ancora bisogno di qualcosa. Se senti che hai bisogno di altro, c’è un vuoto. Se senti
che c’è ancora qualcosa da fare e da sperimentare, allora l’amore è solo una sensazione,
non una realtà. Non metto in dubbio che tu lo creda: puoi credere di essere innamorato. Lo
credi veramente, non stai ingannando nessuno. Senti di essere innamorato, ma i sintomi
dimostrano che non lo sei. Quali sono i sintomi dell’essere innamorati? Tre. Primo,
assoluta soddisfazione. Nient’altro è più necessario, neanche Dio. Secondo, non c’è
futuro. Questo istante d’amore è l’eternità. Non c’è alcun momento successivo, alcun
futuro, alcun domani. L’amore accade nel presente. E terzo, tu cessi di esistere, non esisti
più. Se ci sei ancora, non sei ancora entrato nel tempio dell’amore. Se queste tre cose
accadono… se non esisti più, chi mediterà? Se non esiste nessun futuro, tutti i metodi
diventano inutili perché tutti i metodi esistono in funzione del futuro, del risultato. E se in
questo istante tu sei soddisfatto, sei assolutamente appagato dove sta la ragione per fare
alcunché? Esiste una scuola di psicologi, ed è una delle correnti più importanti del
pensiero moderno che ha avuto inizio con Wilhelm Reich. Reich diceva che ogni malattia
mentale sorge a causa della mancanza d’amore. Questo essere insoddisfatto agogna la
soddisfazione in dimensioni multiple poiché non riesce a provare un amore profondo, a
immettervi tutto se stesso. Quando dico: “Se riesci ad amare, nulla è più necessario”, non
intendo dire che allora l’amore è sufficiente, ma che, quando ami profondamente, l’amore
diventa una soglia, proprio come la meditazione. Ma come agisce la meditazione? In
questi tre metodi: ti creerà appagamento, ti permetterà di rimanere nel presente – ti aiuterà
a rimanere nel presente- e distruggerà il tuo ego. La meditazione fa queste tre cose, con
qualunque metodo. Perciò lo si può dire così: l’amore è il metodo naturale. Se manca il
metodo naturale, allora deve essere fornito quello artificiale. Ma ci si può sentire
innamorati; allora queste tre cose diventeranno i criteri. Si provvederà a renderli le pietre di
paragone, il parametro. Si osserverà se queste tre cose si verificano. Se non si verificano,
l’amore può essere molte altre cose, ma non amore. E l’amore è un fenomeno grandioso:
può essere molte cose. Può essere lussuria; può essere semplicemente sesso; può
essere solo una tendenza possessiva; può essere solo un’occupazione perché non riesci
a stare da solo, e hai bisogno di qualcuno perché hai paura e hai bisogno di sicurezza. La
presenza dell’altro ti aiuta a essere sicuro. Oppure può essere solo una relazione
sessuale. L’energia ha bisogno di sfoghi. L’energia continua ad accumularsi e poi diventa
un peso: devi gettarla e lasciarla libera. Perciò il tuo amore potrebbe essere solo uno
sfogo. L’amore può essere molte cose e l’amore è molte cose. E, in genere, l’amore è
molte cose accetto amore. Per me, l’amore è meditazione. Perciò prova a far questo: sii in
meditazione con il tuo amante. Tutte le volte in cui è presente sii in profonda meditazione.
Rendiate questa presenza reciproca uno stato meditativo. In genere fai proprio l’opposto.
Quando gli amanti sono insieme, litigano. Quando poi sono di nuovo separati, di nuovo si
pensano a vicenda. Ma quando vengono messi insieme nuovamente, il litigio ricomincia.
Questo non è amore! Suggerirò quindi alcuni punti: fa della presenza della tua amata o del
tuo amante uno stato meditativo. State in silenzio. State vicini, ma restate in silenzio.
Usate ciascuno la presenza dell’altro per lasciar cadere la mente; non pensate. Se stai
pensando mentre il tuo amante è con te, allora non sei con il tuo amante. Come puoi
esserlo? Siete entrambi lì, eppure distanti chilometri. Tu stai pensando i tuoi pensieri, il tuo
amante sta pensando i suoi. Siete vicini solo apparentemente, ma in realtà non lo siete,
perché quando due menti stanno pensando sono agli antipodi. Il vero amore significa
cessazione di pensiero. Alla presenza della tua amata o del tuo amante smetti
completamente di pensare; solo allora siete vicini. All’improvviso siete una cosa sola, i
corpi non vi possono separare: in profondità nel corpo qualcuno ha infranto la barriera. Il
silenzio infrange la barriera: questa è la prima cosa. Fa della tua relazione un fenomeno
sacro. Quando sei veramente innamorato, l’oggetto d’amore diventa divino. Se non lo è,
sappi che non è una relazione d’amore: è impossibile. Una relazione d’amore non è una
relazione profana. Ma hai mai provato riverenza per la tua amata? Puoi aver provato molte
altre emozioni, mai riverenza. Sembra inconcepibile, ma l’India ha provato moltissime
vie… Ecco perché l’India ha sempre insistito sul fatto che questa relazione d’amore tra
l’uomo e la donna dovrebbe essere un fenomeno sacro, non una relazione mondana.
L’amante, l’amata diventano divini. Non puoi guardarli in nessun altro modo. Mi chiedo se
hai mai provato riverenza per tua moglie. La cosa stessa pare non essere pertinente,
riverenza per una moglie? Non se ne parla neppure. Puoi sentire biasimo, puoi sentire
qualunque cosa, mai riverenza. La relazione è solo mondana; vi state usando
reciprocamente. La moglie può anche dire di rispettare suo marito, ma non ho mai visto
una sola donna che veramente lo rispettasse. Tradizionalmente, giacché è una
convenzione rispettare il marito, la moglie continua a dire che lo rispetta, e perciò non
pronuncia neppure il suo nome. Non per rispetto, potrebbe pronunciare qualsiasi cosa: ma
non pronuncia il suo nome solo per tradizione. La riverenza è la seconda cosa. Alla
presenza della tua amata o del tuo amante prova riverenza. Se non riesci a vedere il
divino nella tua amata o nel tuo amante non puoi vederlo da nessun’altra parte: come puoi
vederlo in un albero con il quale non hai alcuna relazione? Quando nessuna profonda
intimità prevale, come puoi vederlo in una pietra o in un albero? Sono privi di qualunque
relazione. Se non riesci a vederlo nella persona che ami, se Dio non è sentito lì, non può
essere sentito da nessun’altra parte. E se lì viene sentito, presto o tardi lo sentirai
ovunque, perché una volta spalancata la soglia, una volta che hai avuto una fugace
visione del divino in una persona, non puoi più dimenticarti quella visione e, di
conseguenza ogni cosa diventa una soglia. Per questo dico che l’amore in sé è una
meditazione. Perciò non pensarli in contrasto, amare o meditare. Non intendevo questo.
Non cercare di scegliere tra amare e meditare. Ama meditativamente oppure medita con
amore. Non creare alcuna divisione. L’amore è un fenomeno molto naturale, e può essere
usato come veicolo. E il Tantra lo ha usato come veicolo, non solo l’amore: persino il
sesso. Il Tantra dice che in un atto sessuale profondo puoi meditare facilmente, al punto
che non sarà mai altrettanto facile in nessun altro stato mentale, perché questa è un’estasi
naturale, biologica. Ma tutto quanto è conosciuto come atto sessuale, lo è in forma molto
pervertita. Perciò tutte le volte che si parla di queste cose, ti senti a disagio, perché tutto
ciò che conosci sotto il nome di “sesso” non è sesso. E’ solo un’ombra, perché la società
ha educato la tua mente contro il sesso. Tutti sono persone represse, perciò il sesso
naturale è impossibile. E ogni volta che ti trovi nell’atto sessuale è sempre presente un
profondo senso di colpa. Quel senso di colpa diventa una barriera, e perdi una delle più
grandi opportunità. Avresti potuto usarla per penetrare profondamente dentro di te. Il
Tantra dice di essere meditativi durante l’atto sessuale. Senti l’intero fenomeno come
sacro, non sentirti colpevole. Anzi, sentiti benedetto perché la natura ti ha dato una fonte
tramite la quale puoi immediatamente immergerti nell’estasi. E poi sii totalmente libero.
Non reprimerti, non opporre resistenza. Lascia che la comunione sessuale s’impossessi di
te. Dimenticati di te stesso; getta via tutte le tue inibizioni. Sii assolutamente naturale, e
sentirai nel corpo una musica profonda. Quando entrambi i corpi diventano una sola
armonia, ti dimenticherai completamente chi sei e, tuttavia, esisterai. Ti dimenticherai
dell’io”: non ci sarà più alcun “io”, ma solo l’esistenza che gioca con l’esistenza, un essere
con un altro. E i due diventeranno una cosa sola. Non ci sarà più alcun pensare; il futuro
cesserà e tu sarai nel presente in questo stesso istante. Fanne una meditazione senza
senso di colpa, senza inibizione, e allora il sesso si trasformerà. Allora il sesso stesso
diventerà una soglia. E se il sesso diventa una soglia, un po’ alla volta cessa di essere
sessuale. E viene il momento in cui il sesso se n’è andato: solo il profumo è rimasto. Quel
profumo è l’amore. Successivamente anche quel profumo scompare, allora ciò che rimane
è il smadhi. Il Tantra dice che nulla deve essere considerato come un nemico: ogni
energia è amica; è necessario solo sapere come usarla. Perciò non fare alcuna scelta:
trasforma il tuo amore in meditazione e trasforma la tua meditazione in amore. In questo
modo dimenticherai ben presto la parola, e conoscerai la cosa reale che non è la parola.
La parola “amore” non è l’amore, la parola “meditazione” non è la meditazione, e la parola
“Dio” non è Dio. Queste sono solo parole. E se riesci a penetrare all’interno, allora Dio, la
meditazione, l’amore diventano tutti una cosa sola.
Ancora una domanda: “Quali sono le ragioni dell’insensibilità dell’uomo e come si fa a
eliminarla?”.
Il bambino nasce. Il bambino è indifeso. Il bambino umano in particolare è totalmente
indifeso: deve dipendere dagli altri per vivere, per rimanere vivo. Questa dipendenza è un
compromesso. In questo compromesso il bambino deve concedere molte cose, e una di
queste è la sensibilità. Il bambino è sensibile; il suo intero corpo è sensibile. Perciò è
indifeso: non può essere indipendente. Deve dipendere dai genitori, dalla famiglia, dalla
società. Dovrà essere dipendente. A causa di questa dipendenza e di questa impotenza, i
genitori, la società, continuano a imporre al bambino cose con la forza, e lui deve
arrendersi, altrimenti non potrebbe rimanere in vita: morirebbe. Perciò questo
compromesso deve concedere molte cose. La prima cosa, che è molto profonda e
importante, è la sensibilità: deve abbandonarla. Come mai? Perché quanto più il bambino
è sensibile tanto più è nei guai, tanto più è vulnerabile. Una piccola sensazione, e
comincia a strillare. Il pianto dev’essere fermato dai genitori e loro non possono fare nulla.
Se però il bambino continua a percepire ogni sensazione in dettaglio, diventerà un fastidio,
Infatti i bambini diventano dei fastidi, perciò i genitori devono ridurre la loro sensibilità. Il
bambino deve imparare la resistenza, il controllo; un po’ alla volta il bambino deve dividere
la sua mente in due parti. Ecco perché ci sono moltissime sensazioni che semplicemente
cessa di percepire perché “non sono buone”. A causa loro viene punito. L’intero corpo del
bambino è erotico. Può godersi le dita, può godersi il corpo. L’intero corpo è erotico.
Continua a esplodere il suo corpo: per lui è un fenomeno grandioso. Ma arriva il momento
in cui il bambino nella sua esplorazione giunge ai genitali. Allora diventa un problema
perché sia il padre sia la madre sono repressi. Non appena il bambino, maschio o
femmina, si tocca i genitali, i genitori si sentono a disagio: è un fenomeno che si deve
scrutare in profondità. All’improvviso il loro comportamento cambia, e il bambino lo nota. E’
successo qualcosa che non va. Cominciano a gridare: “Non toccare!” e il bambino
comincia a sentire che c’è qualcosa di sbagliato nei genitali. Deve reprimersi. E i genitali
sono le parte più sensibile del tuo corpo, la più sensibile in assoluto, la parte più viva del
tuo corpo, la più delicata. Quando non è più permesso di toccarsi i genitali e di goderseli,
viene uccisa la fonte stessa della sensibilità, e il bambino diventerà insensibile. Man mano
che crescerà, diventerà sempre più insensibile. Perciò innanzitutto c’è un compromesso,
un male necessario. E non appena una persona comincia a comprendere, deve rifiutare
questo mercato e riacquistare la propria sensibilità. La seconda ragione di questo mercato
è ottenere sicurezza. Per molti anni ha vissuto con un amico, nella sua villa. Fin dal primo
giorno notai che non guardava i suoi domestici. Era un uomo ricco, ma non rivolgeva mai
lo sguardo ai suoi domestici, né ai suoi bambini. Arrivava correndo, poi usciva correndo
dalla casa alla macchina. Perciò gli chiesi: “Perché ti comporti così?”. Rispose: “Se guardi
i tuoi domestici cominciano a chiedere del denaro, e poi una cosa tira l’altra. Se parli con i
tuoi bambini, non ne sei più il padrone. Non riesci più a controllarli”. Così aveva creato una
facciata d’insensibilità attorno a sé. Temeva che se avesse parlato con un domestico, se
avesse sentito che stava male, se l’avesse preso in simpatia, gli avrebbe dovuto dare del
denaro e aiutarlo. Presto o tardi tutti imparano che essere sensibili equivale a essere
vulnerabili a molte cose. Tu ti ritrai, ti crei attorno una barriera che è una salvaguardia, una
misura di sicurezza. Allora puoi girare per le strade… Ci sono mendicanti che chiedono
l’elemosina e orrende catapecchie, ma tu non senti nulla, di fatto non vedi. In questa
società orrenda ci si deve creare intorno una barriera, un muro – un muro sottile,
trasparente – dietro al quale potersi nascondere; altrimenti si è vulnerabile e sarà molto
difficile vivere. Ecco perché insorge l’insensibilità: ti aiuta a stare in questo mondo orrendo
senza esserne turbato, però a un prezzo, e il prezzo è molto alto: sei a tuo agio in questo
modo, ma non puoi penetrare nel divino, nel totale, nel Tutto; non puoi penetrare nell’altro
mondo. Se per questo mondo occorre l’insensibilità, e per l’altro mondo va bene la
sensibilità, ecco che nasce un problema. Se sei realmente interessato a penetrare in quel
mondo, dovrai crearti un sensibilità. Dovrai sbarazzarti di tutti questi muri, di queste
sicurezze. Naturalmente diventerai vulnerabile: sentirai molta sofferenza, ma quella
sofferenza non è nulla in confronto alla beatitudine alla quale puoi accedere attraverso la
sensibilità. Quanto più diventi sensibile, tanto più proverai compassione. Ma soffrirai,
perché tutt’intorno a te c’è l’inferno. Tu sei chiuso: ecco perché non riesci a sentirlo. Una
volta che diventi aperto, sarai aperto a entrambe le cose: all’inferno di questo mondo e al
paradiso dell’altro. Diventerai aperto a entrambi! Ed è impossibile rimanere chiusi a un
punto e aprirsi a un altro, perché, in realtà, sei chiuso o sei aperto, Se sei chiuso, sei
chiuso a entrambe le cose. Se sei aperto, sarai aperto a entrambe le cose. Perciò
ricordati: Un Buddha è colmo di beatitudine, ma è anche colmo di sofferenza. Quella
sofferenza non è la sua, è per gli altri. Un Buddha si trova in profonda beatitudine, ma
soffre per gli altri. E i buddisti del Mahayana dicono che quando il Buddha giunse alla
soglia del nirvana, il custode del cancello gli aprì la porta – questo è un mito ma è
stupendo – il custode del cancello aprì la porta, ma il Buddha si rifiutò di entrare. Il custode
chiese: “Perché non vieni? Ti abbiamo aspettato per millenni. Ogni giorno ci giungevano
notizie che il Buddha stava arrivando. L’intero paradiso ti sta aspettando. Entra! Sei il
benvenuto!” Il Buddha disse: “Non posso entrare prima che tutti gli altri siano entrati prima
di me. Aspetterò! A meno che ogni essere umano sia entrato, il paradiso non fa per me”. Il
Buddha sente le sofferenze degli altri. Per quanto lo concerne, si trova in profonda
beatitudine. Vedi il parallelo? Tu ti trovi in una profonda sofferenza e continui a sentire che
tutti gli altri si stanno godendo la vita: a un Buddha capita proprio l’opposto. Ora si trova in
profonda beatitudine, e sa che tutti gli altri soffrono. Questi sono i metodi per eliminare
questa insensibilità. Discuteremo più a lungo come eliminarla. Il libro dei segreti Osho
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