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VEDERE IL PASSATO COME UN SOGNO


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SUTRA 22 Fai che la tua attenzione sia in un punto dove puoi vedere qualche evento passato, e perfino la tua forma, avendo perso le sue attuali caratteristiche, è trasformata. 23 Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci l’assenza di ogni altro oggetto, fatta eccezione per questo. Poi, lascialo da parte la sensazione dell’oggetto e la sensazione dell’assenza, realizza. 24 Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o a favore di qualcuno, non attribuirlo alla persona in questione, resta centrata. George Gurdjieff, uno dei maggiori tantrici della nostra epoca, pensa che l’unico peccato sia l’identificazione, e il prossimo sutra, il decimo sutra sulla centratura – che stasera indaghiamo a fondo – riguarda l’identificazione. Perciò come prima cosa dev’essere chiaro senza ombra di dubbio il significato di identificazione. Un tempo eri bambino, ora non lo sei più. Una persona diventa giovane, invecchia, e l’infanzia diventa una cosa passata. La giovinezza se n’è andata, ma tu sei ancora identificato con la tua infanzia. Non riesci a vederla come se stesse capitando a qualcun altro; non riesci a essere un testimone. Ogni volta che vedi la tua infanzia, non te ne stai in disparte: sei una cosa sola con essa. Quando qualcuno ricorda la sua infanzia, è tutt’uno con essa. In realtà, ora è solo un sogno. E se riesci a vedere la tua infanzia come un sogno, come un film che ti scorre davanti e tu non ti identifichi, sei solo uno spettatore, raggiungerai una visione interiore molto sottile di te stesso. Se vedi il tuo passato come un film, come un sogno – tu non ne fai parte, ne sei semplicemente fuori… e lo sei veramente – accadranno molte cose. Se stai pensando alla tua infanzia, non ne sei dentro; non puoi esserlo. L’infanzia è solo un ricordo, solo un ricordo passato: rimani in disparte e la guardi. Sei differente: sei un testimone. Se riesci a sentire questo essere testimone e poi a vedere la tua infanzia come un film sullo schermo, accadranno molte cose. Primo se l’infanzia è diventata solo un sogno che puoi guardare, tutto ciò che sei ora diventerà un sogno domani. Se sei giovane, la tua giovinezza diventerà un sogno. Se sei vecchio, anche la tua vecchiaia diventerà un sogno. Un giorno eri un bambino, ora l’infanzia è diventata solo un sogno e tu puoi osservarlo. E’ bene cominciare con il passato: osservalo e disidentificati; diventa un testimone. Poi osserva il futuro, tutto quello che ti immagini del futuro, e diventa un testimone. Allora riuscirai a osservare il presente molto facilmente, perché sai che tutto ciò che è presente adesso, ieri era futuro, e domani diventerà parte del passato. Ma il tuo testimone non è mai passato, mai futuro. La tua consapevolezza testimone è eterna, non fa parte del tempo. Ecco perché tutto ciò che accade nel tempo diventa un sogno. Inoltre ricorda: quando sogni qualcosa di notte, ti identifichi con essa, e durante il sogno non riesci mai a ricordarti che questo è un sogno. Solo al mattino, quando ti sei svegliato, puoi ricordarti che quello era un sogno e non una realtà. Come mai? Perché tu ne sei fuori, non ne sei parte, per cui esiste un intervallo; c’è una distanza, una prospettiva, e puoi vedere che era un sogno. Ma che cos’è tutto il tuo passato? Esiste l’intervallo, c’è una distanza. Cerca di vederlo come un sogno. Ora è un sogno, ora non è altro che un sogno, perché così come il sogno diventa un ricordo, il tuo passato è diventato solo un ricordo. Tu non puoi veramente dimostrare che tutto ciò che pensi sia stata la tua infanzia è stato reale e non un sogno: potrebbe essere stato solo un sogno; la memoria non può dire se era un sogno o una realtà. Gli psicologi dicono che occasionalmente le persone anziane si confondono tra ciò che hanno sognato e ciò che era reale. I bambini si confondono sempre. Al mattino i bambini piccoli non riescono a distinguere. Quanto hanno visto in sogno non era reale, ma possono piangere per un giocattolo che hanno visto distrutto nel sogno. E anche tu, alcuni istanti dopo che il sonno è stato interrotto, sei ancora sotto l’influenza del tuo sogno. Se nel sogno qualcuno ti stava assassinando, sebbene il sonno sia stato interrotto e tu sia ben svegli, il tuo cuore batte rapidamente, la tua circolazione sanguigna è veloce, e magari, sudi ancora e una sottile paura aleggia ancora intorno a te. Ora sei sveglio e il sogno è passato, tu però impiegherai qualche minuto per sentire che era solo un sogno e nient’altro. Quando riesci a sentire che si trattava di un sogno, ne sei fuori e non c’è più alcuna paura. Se riesci a sentire che il passato è stato solo un sogno – non lo devi proiettare, non devi imporre l’idea che il passato sia stato solo un sogno: è una conseguenza – se riesci a osservarlo, se riesci a esserne consapevole senza esserne coinvolto, se riesci a startene fuori e a guardarlo, senza identificarti, il passato diventerà un sogno. Qualunque cosa guardi in quanto testimone è un sogno. Ecco perché Shankara e Nagarjuna poterono dire che questo mondo è solo un sogno. Non che sia un sogno: non erano degli sciocchi, e neppure dei sempliciotti che dicevano che questo mondo è effettivamente un sogno. Affermando questo, intendevano dire di essere diventati dei testimoni, perfino di questo mondo così reale. E una volta che sei diventato testimone di qualcosa, diventa un sogno. Ecco perché il mondo è chiamato maya, un’illusione. Non che sia irreale, ma si può diventare testimoni. E una volta che ne diventi un testimone consapevole, pienamente consapevole, per te l’intera cosa cade proprio come un sogno, perché insorge una distanza e tu non ti identifichi. Ma noi continuiamo a identificarci. Pochi giorni fa stavo leggendo le Confessioni di Jean-Jacques Rousseau, è un libro raro. E’ veramente il primo libro nella letteratura mondiale nel quale qualcuno si mette completamente a nudo. Totalmente a nudo: si mostra con tutti i peccati che ha commesso, con tutte le sue immortalità. Ma se leggete le Confessioni di Rousseau di certo sentirete che lui ne gode: sei sente infervorato a parlare dei suoi peccati, delle sue immoralità. Sembra che ci godesse e ci provasse molto gusto. All’inizio, nell’introduzione, Rousseau dice: “Quando arriverà il giorno del giudizio io dirò a Dio, all’Onnipotente: ‘Non c’è bisogno che ti disturbi per me. Leggiti questo libro e saprai ogni cosa’”. Nessuno prima di lui si era mai confessato con tanta sincerità. E alla fine del libro dice: “Dio Onnipotente, Dio Eterno, soddisfa il mio unico desiderio. Io ha confessato ogni cosa; ora fa che una folla immensa si raduni ad ascoltare le mie confessioni”. Perciò non a torto si sospetta che abbia potuto confessare anche quei peccati che non ha commesso. Si sente così infervorato, e si sta godendo l’intera cosa. Si è identificato. E c’è solo un peccato che non ha ammesso: proprio l’essersi identificato. Si è identificato con tutti i peccati che ha commesso o che non ha commesso, e questo è l’unico peccato per coloro che conoscono a fondo come funziona la mente umana. Quando per la prima volta lesse le sue Confessioni a un piccolo gruppo di intellettuali, pensava che sarebbe accaduto qualcosa di sconvolgente perché era il primo uomo a confessarsi in modo così schietto, come disse lui stesso. Gli intellettuali ascoltarono e si annoiarono sempre di più. Rousseau si sentì a disagio perché pensava che sarebbe accaduto qualcosa di prodigioso. Quando finì si sentirono tutti sollevati, ma nessuno disse nulla. Per alcuni istanti ci fu un silenzio totale. Il cuore di Rousseau era a pezzi. Pensava d’aver creato qualcosa di rivoluzionario, di sconvolgente, di storico, e c’era semplicemente silenzio. Tutti stavano pensando a come andarsene. A chi interessano i tuoi peccati, a parte te? Le tue virtù non interessano a nessuno, i tuoi peccati non interessano a nessuno. L’uomo è tale che si infervora e si rafforza nel suo ego anche con le sue virtù e i suoi peccati. Dopo aver scritto le Confessioni, Rousseau cominciò a ritenersi un saggio, un santo, perché si era confessato. Ma il peccato fondamentale era rimasto. Il peccato fondamentale è essere identificati con gli avvenimenti nel tempo. Tutto ciò che avviene nel tempo è simile al sogno, e a meno che non te ne separi, non ti disidentifichi, non saprai mai cosa sia la beatitudine. L’identificazione è infelicità, la non-identificazione è beatitudine. Questa decima tecnica riguarda l’identificazione. La decima tecnica di centratura: “Fai che la tua attenzione sia in un punto dove puoi vedere qualche evento passato, e perfino la tua forma, avendo perso le sue attuali caratteristiche, è trasformata”. Ricorda il tuo passato, un qualunque avvenimento: la tua infanzia, una storia d’amore, la morte di tuo padre o di tua madre, una cosa qualunque. Osservalo, ma non lasciarti coinvolgere. Ricordalo come se fosse la vita di qualcun altro. E mentre questo avvenimento torna a essere proiettato di nuovo, siine attento, consapevole, come un testimone, restandone distaccato. La tua forma passata sarà presente l’ì nel film, nella storia. Se ti stai ricordando di una storia d’amore, la tua prima avventura, l’ì ci sarai anche tu con la tua amata: la tua forma passata sarà presente con la tua amata, non può essere diversamente. Sii distaccato anche dalla tua forma passata. Osserva l’intero fenomeno come se tutto non ti appartenesse: è qualcun altro che amava, tu sei solo un testimone, un osservatore. Questa è una tecnica assolutamente fondamentale. E’ stata molto usata, soprattutto dal Buddha. Esistono molte forme di questa tecnica; puoi trovare il tuo modo per approcciarla. Quando per esempio di sera stai per addormentarti, percorri a ritroso i ricordi dell’intera giornata. Non cominciare dal mattino, inizia proprio da dove ti trovi, sul letto, dall’ultimo fatto, e poi và a ritroso. Poi gradatamente, passo dopo passo, vai a ritroso fino alla prima esperienza della mattina, quando per prima cosa ti sei svegliato. Vai a ritroso, e ricordati continuamente che non ne sei coinvolto. Per esempio, qualcuno ti ha insultato nel pomeriggio. Vedi la tua forma che viene insultata, ma tu resti solo un osservatore. Non farti coinvolgere, non arrabbiarti di nuovo: se accade, significa che sei identificato. In questo caso hai mancato l’obiettivo della meditazione. Non arrabbiarti: non sta insultando te, sta insultando la forma che c’era nel pomeriggio. Quella forma ora se n’è andata. Sei proprio come un fiume che scorre: le forme scorrono. Nell’infanzia avevi una forma, ora quella forma, non c’e l’hai più: se n’è andata. Tu, come il fiume, cambi continuamente. Perciò quando di notte mediti a ritroso sugli avvenimenti della giornata, ricordati semplicemente che sei un testimone: non arrabbiarti. Qualcuno ti stava elogiando: non esultare: Osserva l’intera situazione come se stessi guardando con indifferenza un film. E andare a ritroso è molto utile, in particolare per coloro che hanno qualche difficoltà con il sonno. Se hai qualche difficoltà ad addormentarti, se soffri di insonnia, mancanza di sonno, se fai fatica ad addormentarti, questa tecnica sarà di grande aiuto. Come mai? Perché questo è un dipanarsi della mente. Quando vai a ritroso, dipani la mente. Al mattino cominci ad arrotolare, e la mente resta presa in molte cose, in molti posti. Incompiute e incomplete, molte cose rimarranno nella mente, e non c’è tempo per far sì che si risolvano nell’istante stesso in cui accadono. Di notte quindi và a ritroso. Questo è un processo di dipanamento. E quando ritornerai al mattino, quando ti trovavi sul letto, alla prima cosa fatta al mattino, avrai di nuovo la stessa mente fresca che avevi allora. E a quel punto puoi addormentarti come un neonato. Puoi utilizzare questa tecnica dell’andare a ritroso anche per tutta la tua vita. Anche Mahavira usò molto questa tecnica. E adesso in America c’è un movimento chiamato Dianetics che usa questo metodo e lo trova estremamente utile. I Diabetici dicono che tutti i tuoi mali sono dovuti a cose sospese nel passato; hanno ragione. Se riesci ad andare a ritroso e a dipanare la tua vita, insieme a quel dipanarsi scompariranno completamente molti mali, è stato dimostrato da molti casi, risolti con successo. Ora esiste una casistica enorme. Moltissime persone soffrono di un particolare male senza che nulla di fisiologico, nulla di medico, sia di aiuto; il male continua, sembra essere psicologico. Che cosa fare? Dire a una persona che il suo male è psicologico non serve a nulla. Anzi, potrebbe dimostrarsi dannoso, perché nessuno si sente meglio quando gli viene detto che il suo male è psicologico. Che cosa si può fare allora? Ci si sente impotenti. Questo andare a ritroso è un metodo miracoloso. Se vai a ritroso lentamente, dipanando lentamente la mente fino al primo istante in cui questo male apparve, se un po’ alla volta vai a ritroso fino a quando per la prima volta sei stato attaccato da questo male, se riesci a dipanare tutto fino a quel momento, verrai a sapere che questo male è fondamentalmente un complesso di altre cose, di certe cose psicologiche. Andando a ritroso quelle cose verranno a galla. Se passi attraverso il momento in cui il male per la prima volta ha attaccato, all’improvviso diventerai consapevole di quali furono i fattori psicologici che contribuirono a crearlo. E non devi far nulla: devi solo essere consapevole di quei fattori psicologici e continuare ad andare a ritroso. Molti mali scompaiono semplicemente perché l’insieme di quel meccanismo si rompe. Quando sei diventato consapevole dell’insieme di quel complesso, non è più necessario. Ne sei ripulito, purificato. Si tratta di una profonda catarsi, E se riesci a farla ogni giorno, proverai un profondo senso di benessere, una nuova freschezza. Se poi riesci a insegnarla ai bambini, perché la facciano ogni giorno, non saranno mai appesantiti dal loro passato. Vivranno sempre qui e ora, non avranno mai bisogno di ritornare al passato. Non avranno nulla in sospeso, nulla incomberà su di loro per quanto riguarda il passato. Puoi farlo ogni giorno. Ti darà una nuova intuizione su come andare a ritroso attraverso l’intera giornata. La mente vorrebbe iniziare dal mattino, ricordalo, ma in questo caso non avverrebbe un dipanarsi; anzi, l’intera realtà verrebbe accentuata: se parti dal mattino, sarà un grave errore. In India ci sono molti presunti maestri che consigliano di riflettere sull’intera giornata, e dicono sempre di farlo cominciando dal mattino. Questo è sbagliato e nocivo perché, in questo modo, enfatizzi di nuovo ogni cosa e la trappola diventerà più profonda. Non andare mai dal mattino alla sera: vai sempre a ritroso. Solo allora potrai pulire tutto, purificare tutto. La mente vorrebbe cominciare dal mattino perché è facile: la mente lo sa e non c’è problema. Se cominci dall’inizio della giornata, all’improvviso sentirai di aver fatto un salto nel mattino e di aver cominciato di nuovo ad andare avanti. Non farlo, sii consapevole; vai indietro. Puoi allenare la tua mente ad andare a ritroso usando altri metodi. Vai a ritroso partendo da cento “novantanove, novantotto, novantasette”: vai a ritroso. Conta da cento a uno in ordine decrescente. Farai fatica, perché la mente ha l’abitudine di andare da uno a cento, mai da cento a uno. Allo stesso modo devi andare a ritroso con questa tecnica. Che cosa accadrà? Andando a ritroso, dipanando la mente, tu sei un testimone. Vedi i fatti che sono accaduti, ma ora non stanno accadendo a te. Ora sei solo un osservatore ed essi accadono sullo schermo della mente. Facendone una pratica quotidiana, all’improvviso, un giorno, mentre sei al lavoro, nel mondo degli affari, in ufficio o in qualunque altra parte, sarai cosciente di poter essere un testimone degli eventi che ti stanno capitando proprio in quel momento. Se in seguito riesci a essere un testimone, e senza andare in collera puoi guardare al passato e vedere qualcuno che ti ha insultato, perché non farlo proprio ora, con quanto sta avvenendo nel presente? Qualcuno ti sta insultando: dov’è la difficoltà? Potrai metterti in disparte proprio ora e vedere che qualcuno ti sta insultando, e tuttavia tu sei differente dal tuo corpo, dalla tua mente, da quello che viene insultato: puoi esserne testimone. Se riesci a restare testimone, non ti arrabbierai: è impossibile. La rabbia è possibile solo quando sei identificato, altrimenti è impossibile. La rabbia implica un’identificazione. Questa tecnica dice di osservare un evento qualunque del passato: la tua forma sarà presente. Il sutra dice: “La tua forma”, non tu. Tu non sei mai stato lì. E’ sempre e solo la tua forma che viene coinvolta, tu non lo sei mai. Quando mi insulti, non insulti me: non puoi farlo, puoi insultare solo la forma. La forma che io sono è qui e ora per te. Puoi insultare quella forma e io posso distaccarmene. Ecco perché gli hindu hanno sempre insistito sull’essere distaccati dal nome e dalla forma. Tu non sei né il tuo nome né la tua forma, tu sei la consapevolezza che conosce la forma e il nome, e la consapevolezza è diversa, totalmente diversa. Ma è difficile. Perciò comincia con il passato: in questo caso è facile, perché ora, con il passato, non c’è urgenza. Qualcuno ti ha insultato vent’anni fa, quindi non c’è alcuna pressione: è possibile che quell’uomo sia morto e tutto sia finito. E’ solo una faccenda morta, morta nel passato; è facile esserne consapevoli, ma, allorché riesci a diventare consapevole, non c’è alcuna difficoltà nel fare la stessa cosa con quanto sta accadendo proprio qui e ora. Comunque cominciare dal qui e ora è difficile. Il problema è così pressante e vicino che non c’è spazio per muoversi. E’ difficile creare spazio e allontanarsi dall’avvenimento. Ecco perché il sutra dice di cominciare dal passato: osserva la tua forma, distaccato, standotene a distanza, indifferente, e sii trasformato attraverso questo. Questa tecnica ti trasformerà profondamente, perché si rivelerà una profonda pulizia interiore, dipanerà tutti gli avvenimenti del passato: alla fine saprai che il tuo corpo, la tua mente, la tua esistenza nel tempo, non sono la tua realtà essenziale. La realtà sostanziale è diversa. Gli eventi si susseguono in essa senza intaccarla minimamente. Tu rimani sempre innocente, intatto; tu rimani vergine. Tutto passa, l’intera vita scorre: bene e male, successo e fallimento, lode e biasimo, tutto passa. Malattia e salute, giovinezza e vecchiaia, nascita e morte, tutto passa, e tu non vieni mai intaccato da nulla. Ma come conoscere questa realtà intatta dentro di te? Questo è lo scopo di questa tecnica. Comincia con il passato. Quando osservi il tuo passato esiste una distanza; la prospettiva è possibile. Oppure guarda nel futuro, ma è difficile. Solo per alcune persone non lo è: per i poeti, per le persone dotate d’immaginazione che riescono a guardare al futuro come se stessero osservando la realtà. Ma in genere è meglio usare il passato: puoi guardare nel passato. Per i giovani potrebbe essere meglio guardare nel futuro: per loro è più facile perché la gioventù è orientata verso il futuro. Per i vecchi non c’è futuro, eccetto la morte. Loro non possono guardare nel futuro, ne hanno paura. Ecco perché i vecchi cominciano sempre a pensare al passato. Continuano a tornare ai loro ricordi, ma commettono lo stesso errore. Cominciano dal passato e vanno verso il loro presente stato d’essere: questo è sbagliato, dovrebbero andare a ritroso. Se riuscissero a farlo molte volte, dopo un po’ sentirebbero che l’intero passato viene lavato via. In quel caso una persona può morire senza che il passato gli resti attaccato. Se riesci a morire senza che il passato ti rimanga aggrappato, morirai cosciente, morirai pienamente consapevole e per te la morte non sarà una morte: sarà piuttosto un incontro con l’immortale. Ripulisci l’intera consapevolezza dalla profondità del passato, e attraverso questo processo il tuo stesso essere verrà trasformato. Provaci. Questo metodo non è molto difficile, è necessario solo uno sforzo costante, non c’è alcuna difficoltà rispetto al metodo. E’ semplice, e puoi cominciare con la tua giornata. Stanotte stessa, sul tuo letto, vai a ritroso, e ti sentirai benissimo, ti sentirai colmo di beatitudine, e in quel momento ti passerà davanti l’intera giornata, ma non avere fretta: lasciala passare lentamente in modo che nulla venga dimenticato. E’ una sensazione assai strana perché molte cose ti appariranno davanti agli occhi, molti particolari che ti erano sfuggiti perché eri troppo occupato. Ma la mente continua ad accumulare anche mentre sei inconsapevole. Passavi per una strada, qualcuno cantava, ma forse non ci avevi prestato alcuna attenzione. Forse non eri neppure consapevole di aver sentito quel suono, passavi semplicemente: la mente però l’ha udito, l’ha registrato e ora resterà aggrappato a te; questo per te diventerà un peso inutile. Perciò vai a ritroso, ma molto lentamente, come quando un film viene proiettato al rallentatore. Vai indietro e osserva i dettagli e quell’unico giorno sembrerà lunghissimo. In realtà lo è, perché per la mente ci sono state infinite informazioni, e ha registrato ogni cosa. Ora vai a ritroso. Pian piano sarai in grado di sapere tutto ciò che è stato registrato, e quando riuscirai ad andare a ritroso, sarà proprio come un registratore: sarà cancellato tutto. Quando arriverai al mattino ti sarai addormentato, e la qualità del sonno sarà diversa: sarà meditativa. Poi, di nuovo, al mattino, quando sentirai di esserti svegliato, non aprire immediatamente gli occhi: vai a ritroso nella notte. All’inizio sarà difficile: potrai riuscirci solo un po’. Forse ti verrà in mente qualche frammento, qualche frammento di un sogno che stavi facendo proprio prima che il sonno s’interrompesse. Ma poco a poco, con uno sforzo graduale, riuscirai a penetrare sempre di più, e dopo un periodo di tre mesi riuscirai a risalire fino al punto in cui ti eri addormentato. E se riesci a rimontare penetrando nel sonno, la qualità del sonno e della veglia cambierà radicalmente, perché non potrai più sognare: sarà diventato inutile. Se riesci ad andare a ritroso nel giorno e nella notte, l’attività onirica non è necessaria. Ora gli psicologi dicono che sognare è in realtà un dipanare. Se l’hai già fatto da solo, non ce n’è bisogno. Tutto ciò che era rimasto sospeso nella mente, tutto ciò che era rimasto incompiuto, incompleto, cerca di completarsi nel sogno. Passavi da qualche parte e hai visto qualcosa – una casa stupenda – ed è sorto in te il sottile desiderio di possederla, ma stavi andando in ufficio e non c’era tempo per fantasticare, perciò sei semplicemente passato oltre. Non avevi neppure notato che la mente aveva creato il desiderio di possedere quella casa, ma ora quel desiderio è sospeso lì penzolante, e se non può essere rimosso sarà difficile dormire. Avere difficoltà a dormire significa fondamentalmente una sola cosa: la tua giornata incombe ancora su di te e tu non riesci ad alleggerirtene, vi sei aggrappato. Poi durante la notte, sognerai di essere diventato padrone di questa casa: ora vivi in questa casa. Non appena fai questo sogno, la mente prova sollievo. Perciò in genere la gente pensa che i sogni siano disturbi del sonno, cosa assolutamente errata. I sogni non sono disturbi del tuo sonno, non lo stanno turbando: in realtà sono aiuti; senza di loro non potresti affatto dormire perché i tuoi sogni ti aiutano a completare ciò che è rimasto incompleto. E ci sono cose che non possono essere completate. La tua mente continua a desiderare assurdità che non possono essere realizzate nella realtà, dunque che cosa fare? Questi desideri incompleti continuano in te, e ti fanno sperare, ti fanno pensare. Come agire quindi? Hai visto una donna bellissima e hai provato attrazione. Ora è sorto in te il desiderio di possederla, ma potrebbe non essere possibile, quella donna potrebbe non rivolgerti neppure uno sguardo. Che fare quindi? Il sogno ti aiuterà. Nel sogno tu puoi possedere quella donna, e la mente prova sollievo. Per quanto riguarda la mente, non c’è alcuna differenza tra il sogno e la realtà. Qual è la differenza? Per la mente che differenza c’è tra l’amare una donna nella realtà e in sogno? Non c’è, oppure la differenza potrebbe essere questa: nel sogno il fenomeno può essere più bello perché la donna non ti darà fastidio. Il sogno è tuo e tu puoi fare qualunque cosa la donna non ti creerà problemi. L’altro è completamente assente, tu sei solo. Non c’è alcuna barriera, perciò puoi fare tutto quello che vuoi. Per la mente non c’è alcuna differenza; la mente non può fare distinzioni tra sogno e realtà. Per esempio, se potessi entrare in coma per un intero anno e sognassi senza interruzione, saresti assolutamente incapace di sentire che tutto quanto stai vedendo è un sogno. Sarà reale, e il sogno andrà avanti per un anno. Gli psicologi dicono che se si riesce a mandare un uomo in coma per cento anni, per cento anni sognerà, senza sospettare neppure, per un solo istante, che tutto ciò che fa è solo un sogno. E se muore non saprà mai che la sua vita era solo un sogno, che non era reale. Per la mente non c’è alcuna differenza: la realtà e il sogno sono uguali. Perciò la mente può dipanarsi nel sogno. Se pratichi questa tecnica, non ci sarà più bisogno di sogni. La qualità del tuo sonno cambierà totalmente perché, senza sogni, cadi alle radici del tuo essere, e sarai consapevole nel tuo sonno. E’ questo che Krishna dice nella Gita: mentre tutti sono profondamente addormentati, lo yogin non lo è, sveglio. Ciò non significa che lo yogin non stia dormendo: anche lui dorme, ma la qualità del sonno è diversa. Il tuo sonno è solo un’incoscienza drogata. Il sonno di uno yogin è un profondo rilassamento con nessuna incoscienza, il suo intero corpo è rilassato; ogni fibra e cellula del corpo è rilassata senza che vi sia rimasta alcuna tensione, ma lui è pienamente consapevole dell’intero fenomeno. Prova questa tecnica. Comincia da stanotte, provaci, e poi praticala anche al mattino, e quando senti di avere ingranato, di poterla fare, dopo una settimana provala con tutto il tuo passato. Prenditi un giorno di vacanza. Vai in qualche posto solitario. E’ meglio se stai a digiuno e in silenzio. Sdraiati su qualche spiaggia solitaria oppure sotto un albero, e da questo punto muoviti verso il tuo passato: sei sdraiato sulla spiaggia e senti la sabbia e il sole, e ora và a ritroso. Continua a penetrare, a penetrare, a penetrare e scopri l’ultima cosa che riesci a ricordare. Ti stupirai. Di solito non riesci a ricordarti granchè, e non riesci a oltrepassare la barriera dei quattro o cinque anni di età. Coloro che hanno una memoria molto buona possono andare indietro fino all’età limite di tre anni, ma poi, all’improvviso, sopraggiunge un blocco e tutto si oscura. Se però ci provi, con questa tecnica un po’ alla volta infrangerai quella barriera, ed è molto facile che tu riesca a ricordarti il primo giorno in cui sei nato. Quella è una rivelazione. E quando tornerai al tuo sole e alla spiaggia sarai un uomo diverso. Se ti sforzi ancora di più, puoi penetrare nel grembo, a avrai ricordi del grembo: nove mesi di ricordi con tua madre. Anche quel periodo di nove mesi è registrato nella mente. Quando tua madre era depressa tu l’hai registrato perché anche tu ti sentivi depresso. Eri così legato a tua madre, così unito, talmente una cosa sola, che tutto ciò che accadeva a lei accadeva anche a te. Quando era arrabbiata anche tu lo eri. Quando era felice, tu eri felice. Quando veniva lodata, ti sentivi lodato. Quando stava male, tu sentivi il dolore, la sofferenza, ogni cosa. Se riesci a penetrare fino al grembo sei sulla pista giusta. Allora, un po’ alla volta, riuscirai a penetrare di più e a ricordarti il primo istante in cui entrasti nel grembo. Fu solo a causa di questo ricordo che Mahavira e il Buddha poterono dire che ci sono vite passate, la rinascita. In realtà la rinascita non è un principio, è solo una profonda esperienza psicologica. E se riesci a ricordarti il primo istante in cui entrasti nel grembo di tua madre, puoi penetrare ancora più a fondo e ricordarti la morte della tua vita passata. E una volta che hai toccato quel punto, il metodo è nelle tue mani e puoi facilmente passare a tutte le tue vite precedenti. Si tratta di un’esperienza, e il risultato è fenomenale, perché saprai che per moltissime vite hai vissuto le stesse assurdità che vivi ora. Tutte queste assurdità le hai ripetute moltissime volte. Lo schema è lo stesso, il formato è lo stesso, solo i dettagli sono diversi. Avevi amato un’altra donna, ora ami questa donna. Accumulavi denaro… le monete erano di un certo tipo, ora sono diverse. Ma l’intero schema è lo stesso, è ripetitivo. Una volta che riesci a comprendere che per moltissime vite hai vissuto le stesse assurdità, quando vedi quanto stupido sia stato tutto questo circolo vizioso, all’improvviso ti svegli e l’intera realtà diventa un sogno. Ne vieni espulso, e ora non vuoi ripetere le stesse cose nel futuro. Il desiderio si arresta perché non è altro che il passato proiettato nel futuro, le tue esperienze passate in cerca di un’altra ripetizione; il desiderio è solo una vecchia esperienza che tu vuoi ripetere ancora, niente altro. E non puoi abbandonare il desiderio a meno che non diventi consapevole dell’intero fenomeno. Come potresti abbandonarlo? C’è il passato come una grande barriera, una barriera dura come la roccia. Incombe sulla tua testa, ti spinge verso il futuro. I desideri vengono creati dal passato e proiettati nel futuro. Se riesci a conoscere il passato in quanto sogno, tutti i desideri diventano impotenti. Cadono, semplicemente avvizziscono e il futuro scompare. In quella scomparsa di passato e di futuro, tu sei trasformato. L’undicesima tecnica di centratura: “Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci l’assenza di ogni altro oggetto, fatta eccezione per questo. Poi, lascialo da parte la sensazione dell’oggetto e la sensazione dell’assenza, realizza”. “Senti un oggetto di fronte a te.” Qualunque cosa va bene, per esempio puoi usare una rosa. “Senti un oggetto di fronte a te.” Prima devi sentirlo, non basta vederlo: puoi vedere una rosa, ma il tuo cuore non si acquieta. Non la senti, la vedi soltanto; se la sentissi potresti metterti a piangere, oppure potresti ridere o danzare. Non la senti: la vedi soltanto, e anche quel vederla può non essere completo, poiché non vedi mai in modo completo. Il passato, la memoria dicono che questa è una rosa, e tu passi oltre. In realtà non l’hai vista. La mente dice che questa è una rosa. Tu sai tutto di essa, poiché hai conosciuto delle rose, e allora? Allora passi oltre. Un’occhiata basta a risvegliare la memoria delle tue esperienze passate di rose, e quindi passi oltre. Perfino vedere non è completo. Rimani con la rosa. Guardala, e poi sentila. Che cosa devi fare per sentirla? Annusala, toccala, fa’ che divenga una profonda esperienza del corpo. Prima chiudi gli occhi, e fa’ che la rosa ti tocchi il viso. Sentila. Mettila sugli occhi, lascia che gli occhi la tocchino; sentine il profumo. Mettila sul cuore, stai in silenzio alla sua presenza; attribuisci alla rosa una sensibilità. Dimentica tutto; dimentica il resto del mondo. “Senti un oggetto di fronte a te. Percepisci l’assenza di ogni altro oggetto…” perché se la tua mente sta ancora pensando ad altro, questo sentire non penetrerà profondamente. Dimentica tutte le altre rose, dimentica tutte le altre persone, dimentica tutto. Che resti solo la rosa. Solo la rosa, la rosa, la rosa! Dimentica ogni altra cosa, che questa rosa ti avvolga completamente… sei affogato nella rosa. Non è facile, perché non sei così sensibile. Ma per le donne non sarà tanto difficile: possono sentire più facilmente, per gli uomini potrebbe essere un po’ più difficile, a meno che abbiano un senso estetico molto sviluppato, come un poeta, un pittore o un musicista: costoro riescono a sentire le cose. In ogni caso provaci. I bambini ci riescono molto facilmente. Stavo insegnando questo metodo al figlio di un mio amico, riusciva a sentire con molta facilità. Quando gli diedi una rosa e gli dissi tuttociò che vi ho detto ora, lo fece e ne trasse un profondo godimento. Quindi gli chiesi: “Come ti senti?”. Rispose:” Sono diventato una rosa: questa è la sensazione. Sono diventato una rosa”. I bambini riescono a farlo molto facilmente, ma noi non li educhiamo mai a fondo, altrimenti potrebbero essere i migliori meditatori. Dimenticati completamente tutti gli altri oggetti. “Percepisci l’assenza di ogni altro oggetto, fatta eccezione per questo.” E’ ciò che accade nell’amore. Se sei innamorato di qualcuno, ti dimentichi del mondo intero. Se ti ricordi ancora del mondo, sappi che questo non è amore. Hai dimenticato l’intero mondo: rimane solo l’amata o l’amante. Per questo dico che l’amore è una meditazione. Questa tecnica puoi usarla anche come tecnica d’amore: dimenticati tutto il resto. Solo pochi giorni fa venne da me un amico con sua moglie. La moglie si lamentava di una cosa; era venuta per questo. L’amico disse: “E’ da un anno che medito e ora ci sono immerso. E ho trovato utile, quando medito, gridare all’improvviso al culmine della meditazione: ‘Rajneesh, Rajneesh, Rajneesh!. Mi aiuta, ma ora è accaduta una cosa strana. Quando faccio l’amore con mia moglie, quando arrivo all’orgasmo comincio a gridare: ‘Rajneesh, Rajneesh, Rajneesh!’. E mia moglie ne è sconvolta, e dice stai facendo l’amore con me, stai meditando, o cos’è che stai facendo? E cosa centra questo Rajneesh?’”. Quell’uomo mi disse: “La situazione è complessa, perché se non grido: ‘Rajneesh, Rajneesh!’, non riesco ad avere l’orgasmo. E se grido, mia moglie ne resta sconvolta. Comincia a gridare, a piangere e a fare una scenata. Che fare quindi? Per questo ho portato mia moglie”. Naturalmente le lamentele di sua moglie erano giuste poiché non le andava che tra di loro ci fosse qualcun altro presente. Ecco perché l’amore ha bisogno di intimità, assoluta intimità. L’intimità è importante solo per dimenticare tutto il resto. In Europa e in America stanno lavorando con il sesso di gruppo. E’ assurdo: molte coppie che fanno l’amore in una stanza. E’ una totale assurdità, perché l’amore non potrà mai andare molto in profondità: diventerà solo un’orgia sessuale. La presenza degli altri diventa una barriera, e l’amore non può essere meditativo. Se con un oggetto qualunque riesci a dimenticare l’intero mondo, sei profondamente in amore: con una rosa, con una pietra oppure con qualunque altra cosa. Ma la condizione è sentire la presenza di questo oggetto e sentire l’assenza di tutto il resto. Fa che questo oggetto sia l’unica cosa esistente nella tua consapevolezza. Sarà facile se proverai con qualche oggetto che ami naturalmente. Sarebbe difficile per te metterti davanti a un sasso, a una pietra, e dimenticare l’intero mondo. Sarebbe difficile, ma i Maestri Zen l’hanno fatto. Hanno dei giardini di pietre per la meditazione. Non ci sono fiori, né alberi, nulla; solo pietre e sabbia. E meditano sulla pietra perché, dicono, se riesci ad avere una profonda relazione d’amore con una pietra, nessuno può crearti alcuna barriera. E gli uomini sono come pietre. Se riesci ad amare una pietra, puoi amare anche un uomo. In questo caso non c’è più alcun problema: gli uomini sono come pietre, anche più gelidi. E’ difficile romperli e penetrare in loro. Usa un oggetto che ami naturalmente, e poi dimenticati il mondo intero. Gustane la presenza, apprezza il sapore della sua presenza, sentilo, penetralo fino in fondo e fa’ che penetri in te. “Poi, lascialo da parte la sensazione dell’oggetto…”. Questa è la parte più difficile: hai abbandonato ogni altro oggetto, è rimasto solo questo. Hai dimenticato tutto: una cosa sola è rimasta. Ora, “lascialo da parte la sensazione dell’oggetto”. Ora lascia da parte la sensazione che hai di questo oggetto. “Poi, lasciando da parte la sensazione dell’oggetto e la sensazione dell’assenza…” degli altri oggetti. Ora ci sono solo due cose; tutto il resto è assente. Adesso abbandona anche quell’assenza. Solo questa rosa, questo viso, questa donna, quest’uomo, questa pietra è presente. Abbandona anche questo, e abbandona anche la sensazione. All’improvviso cadi in un vuoto assoluto e non rimane più nulla. E Shiva dice: “Realizza”. Realizza questo vuoto, questo nulla. Questa è la tua natura essenziale, questo è il puro essere. Sarà difficile avvicinarti direttamente al nulla, molto difficile e arduo. Perciò è più facile passare attraverso un oggetto come veicolo. Prima poni nella mente un solo oggetto, e sentilo così totalmente da non aver più bisogno di ricordare altro. La tua intera coscienza è colmata da quest’unico oggetto. Poi abbandona anche questo; dimentica anche questo. Cadi in un abisso. Ora non rimane più nulla, nessun oggetto: c’è solo la tua soggettività, pura, incontaminata, libera da occupazioni. Questo puro essere, questa pura consapevolezza è la tua natura. Fallo però gradualmente, non tentare l’intera tecnica in un colpo solo. Prima crea la sensazione di un unico oggetto. Per un paio di giorni esercitati solo su questa parte; non praticare la tecnica intera. Per qualche settimana prova solo la prima parte. Crea una sensazione dell’oggetto, sii ricolmato dall’oggetto. E usane uno solo, non continuare a cambiarlo, perché con ciascun oggetto dovresti ripetere lo stesso sforzo. Se hai scelto una rosa, continua ogni giorno a usare una rosa. Siine così ricolmo da poter dire un giorno: “Ora io sono il fiore”. Allora la prima parte è compiuta. Quando c’è solo il fiore e tutto il resto è dimenticato, gusta quest’idea per un paio di giorni. E’ stupenda in sé, veramente stupenda, vitale, potente in sé stessa. Semplicemente sentilo per un paio di giorni, e poi, quando ti sei abituato ed è diventato facile, non avrai più bisogno di lottare: il fiore apparirà all’improvviso. L’intero mondo è dimenticato e rimane solo il fiore. Allora tenta la seconda parte: chiudi gli occhi e dimentica anche il fiore. Ricorda: se sei riuscito a fare la prima cosa, la seconda non sarà difficile. Ma se tenti l’intera tecnica in una sola seduta, la seconda parte sarà impossibile da realizzare; perché se riesci a dimenticarti del mondo intero per un solo fiore, puoi dimenticarti anche del fiore per il nulla. Perciò la seconda parte verrà da sé, ma per la prima dovrai lottare. E la mente è piena di trabocchetti; dirà sempre di tentare l’intera cosa, e allora non ci riuscirai. Quindi la mente dirà: “Non è utile”, oppure: “Non fa per me”. Se vuoi riuscirci tenta la tecnica in parti: prima porta a termine la prima parte, poi la seconda. Allora l’oggetto non c’è più e rimane solo la tua consapevolezza come una luce, una fiamma senza niente attorno. Hai una lampada e la luce della lampada cade su molti oggetti. Visualizzali. Nella tua stanza ci sono moltissimi oggetti. Se porti una lampada nel buio della stanza tutti gli oggetti si illuminano. La lampada irradia luce su ogni oggetto così che tu possa vedere. Ora rimani con un oggetto solo; fa che ci sia un solo oggetto. La lampada è la stessa, ma ora c’è un solo oggetto sotto la sua luce. Ora togli anche quell’oggetto: la luce rimane senza alcun oggetto. Lo stesso accade con la tua consapevolezza. Tu sei una fiamma, una luce e il mondo intero è il tuo oggetto. Tu lo abbandoni e per concentrarti scegli un solo oggetto. La tua fiamma rimane immutata, ma ora non è occupata da molteplici oggetti: è occupata da uno solo. E poi lascia cadere anche quell’oggetto. All’improvviso c’è solo luce, consapevolezza. Non cade su niente: il Buddha l’ha chiamato nirvana; Mahavira l’ha chiamato kaivalya, l’essere assolutamente soli. Le Upanishad l’hanno chiamato l’esperienza di Brahman, o dell’atman. Shiva dice che se riesci a portare a compimento quest’ultima tecnica, realizzerai l’Assoluto. La dodicesima tecnica di centratura: “Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o a favore di qualcuno, non attribuirlo alla persona in questione, resta centrata”. Se in te insorge dell’odio per qualcuno o dell’amore, come ti comporti? Lo proietti sull’altro. Se provi odio nei miei confronti, nel tuo odio ti dimentichi completamente di te stesso; solo io divento il tuo oggetto. Se provi amore per me, dimentichi te stesso completamente; solo io divento il tuo oggetto: proietti il tuo amore, il tuo odio o qualunque altra cosa su di me. Ti dimentichi completamente del tuo centro interiore, l’altro diventa il tuo centro. Questo sutra dice che, quando sorge odio, amore o qualunque stato d’animo avverso o favorevole a qualcuno, non bisogna proiettarlo sulla persona in questione. Ricordati, tu ne sei la fonte. Io ti amo. La sensazione comune è che tu sei la fonte del mio amore. In realtà le cose non stanno così: io ne sono la fonte, tu sei solo li schermo su cui proietto il mio amore. Tu sei solo uno schermo, io proietto il mio amore su di te e dico che sei la fonte del mio amore. Questa non è la realtà, è una finzione. Io raccolgo la mia energia d’amore e la proietto su di te: in quell’energia tu diventi attraente. Per qualcun altro potresti non essere attraente, potresti essere del tutto ripugnante. Perché? Se sei tu la fonte dell’amore tutti dovrebbero provare amore per te, ma tu non lo sei, Io proietto l’amore, perciò diventi attraente; qualcun altro potrebbe proiettare odio, in quel caso diventerai odioso: Qualcun altro non proietta nulla, resta indifferente; potrebbe non averti neppure rivolto lo sguardo. In ogni caso, noi proiettiamo i nostri stati d’animo sugli altri. E’ per questo che, sei in luna di miele, la luna sembra bellissima, un miracolo, meravigliosa. Il mondo intero sembrava diverso, e in quella stessa notte per il tuo vicino questa notte miracolosa potrebbe non esistere affatto. Suo figlio è morto: la stessa luna è solo tristezza, è insopportabile. Ma per te è incantevole, ammaliante, ti fa impazzire. Perché? La luna è la fonte o forse è solo uno schermo su cui tu proietti te stesso? Questo sutra dice: “Quando insorge uno stato d’animo contro qualcuno o a favore di qualcuno, non attribuirlo alla persona in questione” o all’oggetto in questione. Resta centrato. Ricorda che tu ne sei la fonte; dunque non muoverti verso l’altro, muoviti verso la fonte. Quando provi odio, non andare verso l’oggetto, non andare verso la persona a cui il tuo odio si sta indirizzando, vai piuttosto verso il centro da cui proviene. Va’ verso l’interno. Usa l’odio, o l’amore, o qualunque altro stato d’animo, come un viaggio verso il tuo centro più intimo, alla fonte, e resta centrato lì. Provaci! Questa è una tecnica psicologica molto scientifica. Qualcuno ti ha insultato; la rabbia esplode all’improvviso, sei febbricitante. La collera sta fluendo verso la persona che ti ha insultato. Ora proietterai tutta questa rabbia su di lui. Lui non ha fatto nulla. Anche se ti ha insultato, che cosa ti ha fatto? Ti ha solo punzecchiato, ha aiutato la tua rabbia ad affiorare, ma la rabbia è tua. Se andasse da un Buddha e lo insultasse, non sarebbe in grado di creare in lui alcuna rabbia. O se andasse da Gesù, Gesù gli porgerebbe l’altra guancia. Oppure se andasse da Bodhidharma, lui scoppierebbe a ridere. Quindi bisogna distinguere. L’altro non è la fonte. La fonte sta sempre dentro di te. L’altro colpisce la fonte, ma se dentro di te non c’è rabbia, non può uscire. Se colpisci un Buddha, verrà fuori solo compassione perché c’è solo compassione. La rabbia non uscirà perché non ce n’è. Se getti un secchiello in un pozzo asciutto, non ne esce niente, se lo fai con un pozzo pieno, l’acqua esce, ma proviene dal pozzo: il secchiello aiuta solo a portarla fuori. Perciò una persona che ti insulta sta solo gettando un secchiello in te, e il secchiello verrà fuori ricolmo di rabbia, di odio, o del fuoco che era dentro di te. La fonte sei tu, ricordatelo. Per questa tecnica, ricordati che sei la fonte di tutto ciò che continui a proiettare sugli altri, e quando c’è uno stato d’animo avverso o favorevole, va immediatamente all’interno e raggiungerai la fonte. Resta centrato lì, non muoverti verso l’oggetto. Qualcuno ti ha dato l’occasione per essere consapevole della tua rabbia: ringrazialo immediatamente e dimenticati di lui. Chiudi gli occhi, trasferisciti all’interno, e ora guarda la fonte dalla quale proviene questo amore o questo odio. Da dove? Penetra all’interno, muoviti nell’interiorità: troverai la fonte perché la rabbia proviene da lì. L’odio, l’amore o qualunque altra cosa proviene dalla tua fonte. Ed è facile arrivare alla fonte nell’istante in cui sei arrabbiato, innamorato o colmo d’odio, perché in quel momento sei caldo ed è facile muoversi. Con quel calore riesci a muoverti verso l’interno. E quando raggiungi un punto fresco all’interno, all’improvviso realizzerai una dimensione diversa, un mondo diverso che ti si apre davanti. Usa la rabbia, usa l’odio, usa l’amore per penetrare all’interno. Noi li usiamo sempre per muoverci verso l’altro, e ci sentiamo molto frustati se non c’è una persona su cui proiettare i nostri stati d’animo, perciò continuiamo a proiettarli persino su oggetti inanimati. Ha visto gente arrabbiata con le proprie scarpe, che le scagliava con rabbia. Che cosa stanno mai facendo? Ho visto gente arrabbiata sbattere la porta con rabbia, gettare la propria rabbia sulla porta, insultare la porta, usare un linguaggio volgare contro la porta. Che cosa sta facendo? Finirò con un’intuizione Zen che riguarda proprio questo punto. Lin Chi, uno dei più grandi Maestri Zen, era solito dire: “Quando ero giovane, ero affascinato dall’andare in barca. Ne avevo una piccola e me ne andavo da solo sul lago. Rimanevo lì per ore intere. “Accadde un giorno che sulla mia barca stessi meditando a occhi chiusi sulla notte meravigliosa. Una barca vuota venne sospinta dalla corrente e colpì la mia. Avevo gli occhi chiusi, così pensai: ‘Qualcuno in questa barca ha colpito la mia ‘. Emerse la collera. Aprì gli occhi e stavo per dire qualcosa a quell’uomo con rabbia, poi mi resi conto che la barca era vuota, dunque non c’era modo di agire contro qualcuno. A chi potevo esprimere la mia rabbia? Quella barca era vuota. Stava solo seguendo la corrente e aveva colpito la mia”. Quindi non c’era niente da fare: era impossibile proiettare la rabbia su una barca vuota. Perciò Lin Chi disse: “Chiusi gli occhi. La rabbia era lì, ma non trovando alcuna via d’uscita chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare all’indietro sull’onda della rabbia. E quella barca vuota divenne la mia realizzazione. In quella notte silenziosa giunsi a un punto dentro di me: quella barca vuota fu il mio Maestro: E ora, se qualcuno in una barca mi urta e mi insulta, rido e dico che anche questa barca è vuota. Chiudo gli occhi e vado nell’interiorità”. Usa questa tecnica. Può fare miracoli per te. Il libro dei segreti Osho 


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CAMBIANDO LA DIREZIONE DELL’ENERGIA


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DOMANDE: 1 Perché la consapevolezza cosmica – il samadhi – è chiamata centratura? 2 Spiega ulteriormente com’è che ‘l’amore da solo può essere sufficiente’ senza la meditazione. 3 Perché l’uomo è insensibile? La prima domanda: Se illuminazione e samadhi significano consapevolezza totale, consapevolezza cosmica, consapevolezza omnipervasiva, sembra molto strano chiamare centratura questo stato di consapevolezza cosmica, dal momento che la parola ‘centratura’ implica la concentrazione in un punto. Perché dunque la consapevolezza cosmica, o samadhi, è chiamata centratura?”. La centratura è il sentiero, non la meta. La centratura è il metodo, non il risultato. Il samadhi non è chiamato centratura: la centratura è la tecnica per giungere al samadhi. Naturalmente sembrano contradditori perché quando un individuo si realizza, si illumina, non rimane più alcun centro. Jacob Bohme ha detto che quando si arriva a Dio, questa esperienza può essere descritta in due modi: ora il centro è ovunque, oppure da nessuna parte; entrambe le cose hanno lo stesso significato. Perciò la parola “centratura” sembra contraddittoria, ma il sentiero non è la meta e il metodo non è il risultato. E un metodo può essere contraddittorio. Dunque dobbiamo comprenderlo perché questi centododici metodi sono metodi per centrarsi. Ma, una volta che diventerai centrato, esploderai. La centratura è solo il raccoglierti totalmente in un unico punto, una volta cristallizzato in un solo punto, quel punto, esplode automaticamente. Allora non c’è più alcun centro, oppure il centro è ovunque. Perciò la centratura è un mezzo per esplodere. Perché la centratura diventa il metodo? Se non sei centrato la tua energia non è focalizzata, è dispersa, non può esplodere. Un’esplosione ha bisogno di una grande energia. Esplosione significa che tu ora non sei disperso: sei in un punto solo. Diventi atomico, diventi un atomo spirituale. E solo quando sei abbastanza centrato da diventare un atomo, puoi esplodere. Allora si verifica un’esplosione atomica. Di quell’esplosione non si parla perché non è possibile, perciò viene dato solo il metodo. Del risultato non si parla: non è possibile. Se metti in pratica il metodo, il risultato seguirà, e non c’è modo di esprimerlo. Perciò ricorda: fondamentalmente la religione non parla mai dell’esperienza in sé, parla solo del metodo, mostra il “come”, non il “cosa”. Il “cosa” è lasciato a te. Se metti in pratica il “come”, ti arriverà il “cosa”. E non c’è modo di comunicarlo. Si può conoscere, ma non comunicare: è un’esperienza talmente infinita che il linguaggio diventa inutile. La vastità è tale che nessuna parola è in grado di esprimerla. Perciò viene dato solo il metodo. Si narra che il Buddha per quarant’anni abbia continuato a ripetere: “Non fatemi domande sulla verità, su Dio, sul nirvana, sulla liberazione. Non chiedetemi nulla in merito. Chiedetemi solo come arrivare fin lì. Posso mostrarvi il sentiero, ma non posso trasmettervi l’esperienza, neppure a parole”. L’esperienza è personale; il metodo è impersonale. IL metodo è scientifico, impersonale; l’esperienza è sempre personale e poetica. Che cosa intendo quando distinguo in questo modo? Il metodo è scientifico. Se riesci a metterlo in pratica, la centratura ne sarà il risultato inevitabile. Se la centratura non si realizza, sappi che da qualche parte hai mancato un punto essenziale, hai sbagliato il metodo, non lo hai seguito. Il metodo è scientifico, la centratura è scientifica, ma quando arriva l’esplosione, quest’ultima è poetica. Con poetica intendo che ognuno di voi ne farà esperienza in un modo diverso. Non c’è alcun terreno comune, e ognuno l’esprimerà in un modo diverso. Il Buddha dice una cosa, Mahavira ne dice un’altra, Krishna dice qualcosa di ancora diverso e Gesù, Maometto, Mosè e Lao Tzu differiscono tutti, non nei metodi, ma nel modo in cui esprimono la loro esperienza. Sono tutti d’accordo su un punto solo: qualunque cosa stiano dicendo non esprime quello che hanno provato; sono d’accordo solo su quel punto. Tuttavia, in qualche modo, cercano di comunicarla, di farne un accenno. Sembra impossibile, ma se hai un cuore empatico qualcosa può essere comunicato, e ciò richiede un accordo profondo, amore e riverenza. Perciò quando qualcosa viene comunicato, ciò non dipende da colui che la comunica, dipende da te. Se riesci a riceverlo con profondo amore e riverenza, qualcosa ti raggiunge. Ma se ne sei critico, non ti giungerà nulla. Innanzitutto il messaggio è difficile da esprimere e, se sei critico persino quando viene espresso, diventa impossibile, e non ci sarà comunicazione. La comunicazione è molto delicata. Ecco perché in tutti questi centododici metodi, questo è stato completamente omesso, è solo accennato. Molte volte Shiva dice: “Fate questo e poi l’esperienza”, e poi tace; “Fate questo e poi la beatitudine”, e poi tace. La beatitudine, l’esperienza, l’esplosione: oltre di esse si nasconde l’esperienza personale. Ciò che non può essere espresso è meglio che non sia espresso, perché altrimenti verrà frainteso. Perciò Shiva tace: parla sempre di metodi, di tecniche, di come farlo. Ma la centratura non è il fine: è solo il cammino. E come mai la centratura accade, si sviluppa e cresce in un’esplosione? Perché se molta energia è concentrata in un solo punto, il punto esploderà. Il punto è così piccolo e l’energia è così intensa che il punto non può contenerla; da ciò l’esplosione. Questa lampadina può contenere una certa quantità di elettricità. Se l’elettricità è maggiore, la lampadina esploderà. Ecco il perché della centratura: quanto più sei centrato, tanto maggiore è l’energia nel tuo centro. Non appena ci sarà un’energia maggiore, il centro non sarà più in grado di contenerla: esploderà. Dunque è scientifico, è solo una legge scientifica. E se il centro non esplode, questo significa che non sei ancora centrato. Una volta che sei centrato, l’esplosione seguirà immediatamente. Non c’è alcun intervallo di tempo. Perciò, se senti che l’esplosione non arriva, significa che non sei ancora focalizzato, non hai ancora un centro, hai ancora molti centri, sei ancora diviso, la tua energia è ancora dispersa, l’energia sta ancora movendosi verso l’esterno. Quando l’energia fuoriesce vieni solo svuotato, disperso. Alla fine diventerai impotente. Quando la morte arriva, in realtà sei già morto: sei solo una cellula morta. Hai continuato a scaricare energia all’esterno, perciò, qualunque sia la quantità di energia, diventerai vuoto entro un certo periodo di tempo. L’energia che fuoriesce significa morte. Tu stai morendo in ciascun istante: ti stai svuotando della tua energia; stai gettando via la tua energia, la stai dissipando. Dicono che persino il sole, che è rimasto lì per milioni e milioni di anni, un così grande serbatoio di energia, si stia costantemente svuotando, e che nel giro di quatto bilioni di anni morirà. Il sole morirà semplicemente perché non avrà energia da irradiare. Muore ogni giorno perché i raggi trasportano la sua energia verso i confini dell’universo, se mai ci sono dei confini. L’energia fuoriesce. Solo l’uomo è capace di trasformare e di cambiare la direzione dell’energia. Altrimenti la morte è un fenomeno naturale: ogni cosa muore. Solo l’uomo è capace ci conoscere l’immortale, ciò che non muore. Perciò puoi condensare tutto questo in una legge. Se l’energia esce verso l’esterno ne conseguirà la morte e tu non saprai il significato della vita: potrai conoscere solo un lento morire, ma non sentirai mai l’intensità di essere vivo. Se l’energia esce, la morte ne è l’automatica conseguenza, e ciò vale per qualunque cosa, senza eccezioni. Se riesci a cambiare la direzione dell’energia, a far sì che non si muova verso l’esterno, ma verso l’interno, accade una trasformazione, un cambiamento. Questa energia che rientra all’interno si centra in te in un punto solo. Quel punto è proprio vicino all’ombelico perché in realtà sei nato come ombelico. Sei connesso a tua madre attraverso l’ombelico: la sua energia vitale si riserva in te attraverso l’ombelico e, una vota che il cordone ombelicale è tagliato, quando vieni separato dalla madre, diventi un individuo. Prima non lo eri, eri solo una parte di tua madre. Perciò la tua vera nascita ha luogo quando il cordone ombelicale è tagliato. In quel momento il bambino comincia la propria vita, diventa il proprio centro. Quel centro si trova necessariamente a livello dell’ombelico, perché è attraverso l’ombelico che l’energia giunge al bambino. Era l’anello di connessione. E, che tu ne sia consapevole o meno, l’ombelico rimane ancora il centro. Se l’energia comincia a riversarsi all’interno, se cambi la direzione dell’energia in modo tale che entri, finirà nell’ombelico. Continuerà a entrare e si centrerà nell’ombelico. Quando ce n’è così tanta che l’ombelico non riesce più a contenerla, il centro esplode. In quell’esplosione tu, di nuovo, non sei più un individuo. Non eri un individuo quando eri unito a tua madre; di nuovo non sarai più un individuo. Ha avuto luogo una nuova nascita: sei diventato una cosa sola con il cosmo. Ora non hai più un centro, non puoi dire: “Io”. Ora non c’è più alcun ego. Un Buddha, un Krishna continuano a parlare e a usare la parola “io”, ma è solo una convenzione, questi esseri non hanno alcun ego. Loro non sono. Il Buddha stava morendo. Il giorno in cui sarebbe morto moltissima gente, i discepoli, snnyasin si radunarono ed erano tutti tristi: piangevano e si lamentavano. Perciò il Buddha chiese: “Perché state piangendo?”. Qualcuno rispose: “Perché presto tu non ci sarai più”. Il Buddha rise e disse: “Ma io non ci sono stato per quarant’anni. Sono morto il giorno in cui mi sono illuminato. E’ da quarant’anni che non c’è il centro. Non piangete, dunque; non siate tristi. Ora nessuno sta per morire. Io non ci sono più! Tuttavia la parola ‘io’ dev’essere ancora usata, perfino per indicare che io non ci sono più”. La religione, tutto ciò che si intende per ricerca religiosa si occupa dell’energia che rientra all’interno. Come smuovere l’energia, come creare una totale inversione di direzione? Questi metodi sono d’aiuto. Perciò ricorda, la centratura non è il samadhi, non è l’esperienza, è la soglia che conduce all’esperienza. E quando l’esperienza accade non c’è alcuna centratura. La centratura è soltanto un passaggio. Ora tu non sei centrato, in realtà hai centri molteplici. Questa è la ragione per la quale io dico che ora non sei centrato. Quando divieni centrato, c’è un centro solo, e l’energia che andava agli altri centri ritorna; è un tornare a casa. Allora sei nel tuo centro; poi… l’esplosione. Di nuovo il centro non c’è più, ma tu non hai più centri molteplici: non c’è affatto alcun centro e sei diventato una cosa sola con il cosmo. Allora tu e l’esistenza significante la stessa e unica cosa. Per esempio, un iceberg galleggia in mare. L’iceberg ha un suo centro, ha un’individualità separata, è separato dall’oceano. In fondo in fondo non è separato perché non è nient’altro che acqua a una certa temperatura. La differenza tra l’acqua dell’oceano e l’iceberg non è nella sostanza, sostanzialmente sono la stessa cosa. La differenza è solo di temperatura. Poi sorge il sole, l’atmosfera si surriscalda e l’iceberg comincia a sciogliersi: scompare, si scioglie; alla fine non lo vedi più perché in esso non c’è alcuna individualità, alcun centro. E’ diventato tutt’uno con l’oceano. Tu e il Buddha, coloro che stavano crocifiggendo Gesù, e Gesù stesso, Krishna e Arjuna siete uguali. Arjuna è come un iceberg e Krishna è come un oceano. Non c’è alcuna differenza sostanziale: entrambi sono la stessa cosa, ma Arjuna ha una forma, un nome, un’esistenza individuale e isolata. Lui sente: “Io sono”. Con questi metodi per centrarsi la temperatura cambierà, l’iceberg si scioglierà e quindi la differenza non ci sarà più. Quella sensazione oceanica è il samadhi; quell’essere un iceberg è la mente. E sentirsi oceanici e essere una nonmente. La centratura è soltanto il passaggio, il punto di trasformazione a partire dal quale l’iceberg non esisterà più. Prima di esso non c’era alcun oceano, solo un iceberg. Dopo non ci sarà più alcun iceberg, solo l’oceano. La sensazione oceanica è il samadhi: sentirsi una cosa sola con il Tutto. Ma io non sto dicendo di pensarti una cosa sola con il Tutto. Puoi pensarlo, ma il pensare viene prima della centratura. Questo non è realizzazione. Tu non sai: hai solo sentito dire, hai letto, Speri che un giorno possa accadere anche a te, ma non lo hai realizzato. Prima di centrarti puoi continuare a pensare, ma non serve a niente. Dopo che ti sei centrato non pensi. Lo sai! E’ accaduto! Tu non esisti più, esiste solo l’oceano. La centratura è il metodo, il samadhi è il fine. Non si è detto nulla riguardo a ciò che accade nel samadhi perché nulla può essere detto. E Shiva è molto scientifico: non è affatto interessato a raccontare, è telegrafico, non usa una sola parola in più. Perciò accenna solo: “L’esperienza, la beatitudine, l’evento”. Non solo: a volte dice semplicemente “allora”. Dice: “Concentrati tra i due respiri e allora”. E si ferma. A volte dice semplicemente: Sii nel mezzo, proprio nel mezzo tra i due estremi, e a quel punto”. Queste sono indicazioni: “quello “, “allora”, l’esperienza, la beatitudine, l’evento, l’esplosione. Ma poi si ferma completamente. Perché? Vorremmo che dicesse qualche cosa in più. Per due ragioni. Primo “quello” non può essere spiegato. Come mai? Ci sono pensatori, per esempio i positivisti moderni, gli analisti del linguaggio e altri in Europa, che dicono che ciò di cui si può avere esperienza può essere spiegato. E sostengono una tesi: dicono che se puoi farne esperienza, perché dunque non puoi parlarne? Dopo tutto cos’è un’esperienza? L’hai capita, perché dunque non puoi farla capire ad altri? Quindi dicono che se un’esperienza si verifica, può essere espressa. E se non puoi esprimerla, ciò dimostra semplicemente che non c’è alcuna esperienza. Sei una persona dalle idee confuse, vaga, nebulosa. E se non riesci neppure a esprimerti, non c’è possibilità che tu sia in grado di farne esperienza. A causa di questo punto di vista costoro sostengono che la religione è tutta ciarlataneria. Perché non puoi esprimere una cosa se dici di averne fatto esperienza? La loro tesi attrae molti, ma è infondata: lasciando da parte le esperienze religiose, neppure le esperienze ordinarie possono essere spiegate ed espresse, neppure esperienze molto semplici. Ho il mal di testa e, se tu non lo hai mai avuto, non posso spiegarti che cosa significhi. Questo non significa che io sia una persona dalle idee confuse, che io stia solo pensando e che non abbia alcuna esperienza. Il mal di testa c’è. Io ne faccio esperienza nella sua totalità, nella sua piena dolorosità. Tuttavia se tu non hai mai avuto l’esperienza di un mal di testa, non ti può essere spiegato, o illustrato. Se invece anche tu ne hai avuto esperienza, allora naturalmente, non c’è alcun problema: può essere espresso. La difficoltà del Buddha sta in questo: deve parlare con dei nonBuddha, non con dei non-buddhisti, perché anche dei non-buddhisti possono essere dei Buddha. Gesù non è buddista, ma è un Buddha. La difficoltà esiste perché il Buddha deve comunicare con persone che non hanno fatto esperienza. Tu non sai cosa sia un mal di testa. Molti non lo hanno mai provato: hanno solo udito la parola, ma per loro non ha alcun senso. Puoi parlare della luce con un cieco, ma non potrai dargliene l’idea. Sente la parola “luce”, ascolta la spiegazione. Può comprendere l’intera teoria della luce, comunque la parola “luce” non gli dice niente. A meno che non possa farne esperienza, la comunicazione è impossibile. Dunque, prendi nota: la comunicazione è possibile solo se le due persone che comunicano tra di loro hanno avuto la stessa esperienza. Nella vita ordinaria siamo in grado di comunicare perché le nostre esperienze sono simili. Ma anche allora ci saranno difficoltà, se si comincia a spaccare il capello in quattro. Io dico che il cielo è blu e anche tu lo dici, ma come facciamo a decidere se la mia esperienza del blu è uguale alla tua? Non c’è alcun modo per decidere. Posso vedere una diversa sfumatura di blu e tu ne vedi una ancora differente, ma non ti può essere comunicato che cosa io veda dentro di me, che cosa sto provando. Posso semplicemente dire “blu”. Anche tu dici “blu”, ma il blu ha mille sfumature, non solo: ha mille significati. Nel mio schema mentale, “blu” potrebbe significare una cosa; per te potrebbe significare un’altra perché “blu” non è il significato. Il significato sta sempre nello schema della mente. Perciò, persino nelle esperienze comuni è difficile comunicare. Inoltre ci sono esperienze che appartengono all’ambito del trascendente. Per esempio, qualcuno s’innamora, prova qualcosa. La sua vita intera è in gioco, ma lui non riesce a spiegare che cosa gli sia accaduto, che cosa gli stia accadendo. E’ possibile che pianga, canti, danzi: queste sono indicazioni che qualcosa sta accadendo dentro di lui. Ma che cosa sta accadendo? Quando l’amore accade a qualcuno, che cosa accade realmente? E l’amore non è un fenomeno molto insolito. In un modo e nell’altro capita a tutti; tuttavia non siamo ancora riusciti a esprimere cosa accada all’interno. Ci sono persone che sentono l’amore come una febbre, come una sorta di malattia. Rousseau dice che la giovinezza non è il culmine della vita umana, perché è incline alla malattia chiamata amore. A meno che non si sia diventati vecchi a tal punto che l’amore ha perso tutto il suo significato, la mente rimane confusa e perplessa. Perciò la saggezza è possibile solo in età molto, molto avanzata. L’amore non ti permetterà di essere saggio, questa è la sensazione. Ci sono altri che possono sentire diversamente. Coloro che sono veramente saggi taceranno di fronte all’amore. Non diranno nulla, perché il sentimento dell’amore è così infinito, così profondo, che il linguaggio lo tradirebbe inevitabilmente. E, se viene espresso, ci si sente colpevoli perché non si riesce mai a rendere giustizia al sentimento dell’infinito. Perciò si rimane in silenzio: quanto più profonda è l’esperienza, tanto minore è la possibilità di espressione. Il Buddha tacque riguardo a Dio, non perché non vi sia alcun Dio. E coloro che sono molto loquaci riguardo a Dio in realtà dimostrano di non averne alcuna esperienza. Il Buddha tacque. Ogni volta che entrava in una città dichiarava: “Per piacere non chiedetemi nulla su Dio. Potete chiedermi qualunque cosa, ma non su Dio”. Eruditi, pandit che non avevano in verità alcuna esperienza, ma solo delle conoscenze, cominciarono a parlare del Buddha e a diffondere delle voci dicendo: “Tace perché non sa. Se sapesse, perché non parlarne?”. E il Buddha rideva, e quel riso poteva venir capito solo da pochissimi. Se non può essere espresso l’amore, come potrebbe essere espresso Dio? Inoltre ogni espressione è dannosa. Ecco perché Shiva tace riguardo a quell’esperienza. Giunge fino al punto a partire dal quale un dito può essere usato come indicazione: “Allora, quello, l’esperienza”, e poi tace. In secondo luogo, sarebbe non possa essere espresso veramente, ma solo parzialmente, tuttavia si possono creare dei paralleli che aiutano. Ma Shiva non usa neppure quelli, e c’è una ragione: infatti la nostra mente è così avida che quando viene detto qualcosa di quell’esperienza, vi si aggrappa. E quindi si dimentica il metodo e si ricorda solo l’esperienza, perché il metodo necessita di sforzo; un lungo sforzo che talvolta è noioso, a volte pericoloso. E’ necessario uno sforzo lungo e sostenuto. Perciò ci dimentichiamo del metodo. Ci ricordiamo del risultato e continuiamo a immaginarci, a sperare, a desiderare il risultato. E si può ingannare se stessi molto facilmente. Ci si può immaginare di aver già conseguito il risultato. Un paio di giorni fa era presente una persona; è un sannyasin, un uomo vecchio, molto vecchio. Prese il sannyas trent’anni fa, ora ne ha quasi settanta. Venne da me e disse: “Sono venuto per fare alcune indagini, per sapere una certa cosa”. Perciò gli chiesi: “Che cosa vuoi sapere?”. Improvvisamente cambiò. Disse: “No, non proprio per sapere, volevo solo incontrarti, perché tutto ciò che si può sapere l’ho già saputo”. Per trent’anni ha continuato a immaginare, a desiderare – a desiderare la beatitudine, esperienze divine – e ora, alla sua età avanzata, è diventato debole e la morte è vicina. Ora si crea delle allucinazioni, per convincersi di averne fatto esperienza. Perciò gli dissi: “Se ne hai fatto esperienza, allora stà zitto. Stà qui con me per qualche istante perché non c’è bisogno di parlare”. A quel punto diventò irrequieto. Replicò: “Va bene! Allora presumi che io non ne abbia fatto esperienza, e dimmi qualcosa”. Gli dissi: “Con me non c’è possibilità di presumere. L’hai conosciuto oppure non l’hai conosciuto. Quindi sii chiaro al riguardo. Se l’hai conosciuto, allora sta zitto. Stà qui per alcuni istanti e poi va’. Se non l’hai conosciuto, allora sii chiaro. Dimmelo”. Rimase perplesso. Era venuto per indagare su alcuni metodi. Perciò disse: “In realtà non ne ho fatto esperienza, ma ho pensato così tanto a: ‘Aham Brahmasmi – io sono il Braham’ che a volte mi dimentico che sto solo pensando. L’ho ripetuto così tanto, notte e giorno continuamente per trent’anni, che a volte mi dimentico del tutto che tutto che non l’ho conosciuto. E’ solo un detto preso in prestito”. E’ difficile ricordarsi che cosa sia sapere e che cosa sia esperienza. Si confondono, si mescolano e si fondono. Ed è molto facile sentire che il proprio sapere è diventato la propria esperienza. La mente umana è così ingannatrice, così astuta, che può accadere. Questa è un’altra ragione per la quale Shiva ha taciuto riguardo all’esperienza: non dice nulla in merito. Continua a parlare di metodi, tacendo completamente riguardo al risultato. Non puoi venire ingannato da lui. Questa è una delle ragioni per le quali questo libro, uno dei più validi, è rimasto del tutto sconosciuto. Questo Vigna Bhairava Tantra è uno dei libri più importanti che esistano al mondo. Nessuna Bibbia, nessuna Gita è così importante, eppure è rimasto completamente sconosciuto. La ragione? Contiene solo semplici metodi senza alcuna possibilità per la tua avidità di aggrapparti ai risultati. La mente vuole aggrapparsi ai risultati, non è interessata al metodo: è interessata al risultato finale. E se puoi eludere il metodo e raggiungere il risultato, la mente ne sarà estremamente felice. Qualcuno mi ha chiesto: “Perché così tanti metodi? Kabir ha detto: ‘Sahaj Samadhi bhali, sii spontaneo’. L’estasi spontanea è quella buona, perché non c’è bisogno di metodi”. Gli ho risposto: “Se hai raggiunto il Sahaj Samadhi, l’estasi spontanea, allora, naturalmente, non ti serve alcun metodo. Non è necessario. Ma perché sei venuto qui?”. Mi ha detto: “Non l’ho ancora raggiunto ma sento che il Sahaj – ciò che è spontaneo – è la cosa migliore”. “Ma perché senti che ciò che è spontaneo è meglio?” ho chiesto. Poiché non viene proposto alcun metodo, la mente è contenta che tu non abbia niente da fare, e che tu possa avere tutto senza far nulla! E’ per questo che lo Zen è diventato una mania in Occidente, perché lo Zen dice di raggiungere lo scopo senza sforzo; lo sforzo non è necessario. Lo Zen ha ragione: non c’è alcun bisogno di uno sforzo, Ma, ricordati, per raggiungere questo punto di non-sforzo ti sarà necessario un lunghissimo sforzo. Per giungere a un punto in cui non è necessario alcuno sforzo, per giungere a un punto in cui tu possa restare nel no-fare, sarà necessario un lungo sforzo. Ma la conclusione superficiale, data dal fatto che lo Zen dice che non sia necessario alcuno sforzo, è diventata molto attraente in Occidente. Se non è necessario far fatica la mente dice che questa è la cosa giusta, perché puoi farla senza fare nulla. Ma nessuno riesce a farla. Suzuki, che ha divulgato lo Zen in Occidente, ha reso un buon servizio e al tempo stesso un cattivo servizio. E, alla lunga, quello cattivo prevarrà. Era un uomo molto autentico, uno degli uomini più autentici di questo secolo, e lottò tutta la vita per diffondere il messaggio dello Zen in Occidente. E da solo, con il suo unico sforzo, l’ha reso noto; ora è diventato una mania. Ci sono amici dello Zen in tutto l’Occidente: oggigiorno nulla attrae come lo Zen. Ma l’essenziale è stato perso di vista. Lo Zen ha tanto successo perché dice che non è necessario alcun metodo, che non è necessario alcun sforzo. Non devi fare nulla: l’evento fiorisce spontaneamente. E’ giusto, ma tu non sei spontaneo, perciò in te non fiorirà mai. Essere spontanei… Sembra assurdo e contraddittorio perché hai bisogno di molti metodi per essere spontaneo, per purificarti, per renderti innocente, altrimenti non puoi essere spontaneo in nulla. Il Vigyana Bhairava Tantra venne tradotto in inglese da Paul Reps. Reps ha scritto un bellissimo libro, La porta senza porta, e nell’appendice ha incluso il Vigyana Bhairava Tantra. Il suo libro si occupa dello Zen, ma in appendice ha aggiunto anche questi centododici metodi, e li ha definiti uno scritto “pre-Zen”. A molti seguaci dello Zen non piacque perché dissero che secondo lo Zen non è necessario alcun sforzo, alcun metodo, mentre questo libro si occupa solo dello sforzo, solo di metodi. Perciò è “anti-Zen”, non “pre-Zen”. Da un punto di vista superficiale hanno ragione, ma in profondità no, perché per acquisire un essere spontaneo si deve fare un lungo viaggio. Uno dei discepoli di Gurdjieff, Ouspensky, quando qualcuno gli chiedeva qualcosa sulla via era solito dire: “Noi non sappiamo nulla di ciò che riguarda la via. Insegniamo solo dei passi che conducono alla via. La via non ci è nota”. Non crederti già sulla via. Anch’essa è ben lontana. Da dove sei, da questo punto, anche la via è lontana. Perciò prima devi giungervi. Ouspensky era un uomo molto umile, ed è molto difficile essere religiosi ed essere umili, molto, molto difficile, perché una volta che cominci a sentire di sapere, la testa impazzisce. Diceva sempre: “Noi della via non sappiamo nulla. E’ molto lontana, e per ora non è necessario discuterne”. Ovunque ti trovi, prima devi creare un anello, un piccolo ponte, un cammino che ti conduca alla via. La spontaneità – il sahaj yoga – è molto lontano da te. Là dove ti trovi tu sei totalmente artificiale, educato e colto. Nulla è spontaneo, “nulla, lo sottolineo, è spontaneo. E se nella tua vita nulla è spontaneo, come può esserlo la religione? Se nulla è spontaneo neppure l’amore lo è; persino l’amore è un contratto, un calcolo, uno sforzo. In quel caso nulla può essere spontaneo ed è impossibile esplodere spontaneamente nel cosmo. Nella situazione in cui ti trovi, in quello stato di cose, è impossibile. Come prima cosa dovrai sbarazzarti di tutta la tua artificialità, tutti i tuoi falsi atteggiamenti, tutte le tue colte convenzioni, tutti i tuoi pregiudizi. Solo allora potrà accadere un evento spontaneo. Questi metodi ti aiuteranno ad arrivare a un punto a partire dal quale non è più necessario fare alcunché: il tuo semplice essere è sufficiente. Ma la mente può ingannare, e la mente inganna facilmente, perché in questo modo può consolarsi. Shiva non parla mai di risultati, solo di metodi. Ricordati questa enfasi. Fa qualcosa, in modo che possa esistere un momento in cui nulla sarà necessario, in cui il tuo essere centrale potrà semplicemente dissolversi nel cosmo. Ma lo si deve conseguire. Lo Zen attrae per la ragione sbagliata, e lo stesso vale per Krishnamurti, perché anche lui dice che non è necessario alcuno yoga, non è necessario alcun metodo, non esiste alcun “metodo” di meditazione. Ha ragione. Ha ragione, ma Shiva dice che ci sono questi centododici metodi di meditazione, e anche Shiva ha ragione. Per quanto ti riguarda, Shiva ha più ragione. Se devi scegliere tra Shiva e Krishnamurti, scegli Shiva. Krishnamurti non ti serve a nulla. Per aiutarti posso dirti perfino questo: Krishnamurti sbaglia completamente. Ed è dannoso. Ricorda: anche questo lo dico per aiutarti, perché se segui le sue parole non raggiungerai il sammadhi. Raggiungerai solo una conclusione: che non è necessario alcun metodo. E questo è pericoloso. Per te il metodi è necessario! Arriva un momento in cui non è più necessario alcun metodo, ma per te quel momento non è ancora giunto. E prima di quel momento è pericoloso sapere qualcosa su ciò che dovrà seguire. Ecco perché Shiva tace: non dice nulla del futuro, di ciò che avverrà. Si accompagna semplicemente a te, a ciò che sei e a ciò che si deve fare con te. Krishnamurti continua a parlare in termini che non puoi comprendere. Se ne sente la logica. La logica è giusta, è bella. Va benissimo che tu riesca a ricordare la logica di Krishnamurti: dice che, se stai praticando qualche metodo, che è che lo sta praticando? E’ la mente che lo pratica. E come può un metodo praticato dalla mente dissolvere la mente? Non è possibile, anzi, al contrario, la rafforzerà ancora di più; rafforzerà la tua mente ancora di più. Diventerà un condizionamento, sarà falso. Perciò la meditazione è spontanea, tu non puoi fare nulla in merito. Che cosa puoi fare per amare? Puoi forse praticare un metodo per amare? Se lo pratichi, il tuo amore sa à falso. Accade: non può essere praticato. Se persino l’amore non può essere praticato, come può essere praticata la preghiera? Come può essere praticata la meditazione? La logica è esatta, è assolutamente giusta, ma non per te, perché se continuerai ad ascoltarla, ne sarai condizionato. E coloro che da quarant’anni danno ascolto a Krishnamurti sono le persone più condizionate che io abbia mai incontrato. Dicono che non esiste alcun metodo e, malgrado ciò, sono ancora al punto di partenza. Io dico: “Voi avete capito che non c’è alcun metodo e non praticate alcun metodo, ma la spontaneità è forse fiorita in voi? Loro rispondono: “No!”. E se io dico loro: “Allora praticate un qualche metodo”, immediatamente scatta il loro condizionamento. Replicano: “Non c’è alcun metodo”. Non hanno praticato alcun metodo e il samadhi non è accaduto. E se tu dici loro: “Allora provate qualche metodo”, loro sostengono che non esiste alcun metodo. Così sono in un dilemma: non si sono mossi di un millimetro, perché è stato detto loro qualcosa che non era per loro. E’ come fare educazione sessuale a un bambino. Puoi continuare a insegnare, ma stai dicendo cose che sono ancora senza senso per il bambino. Il tuo insegnamento sarà pericoloso perché stai condizionando la sua mente, e non è questo ciò di cui ha bisogno; la cosa non lo preoccupa. Non conosce il significato del sesso perché le sue ghiandole non funzionano ancora. Il suo corpo non è ancora sessuale. La sua energia non si è ancora mossa biologicamente verso il centro sessuale, e tu gliene stai già parlando. Pensi forse che gli possa venire insegnata qualunque cosa solo perché ha le orecchie? Pensi forse di potergli insegnare qualunque cosa solo perché annuisce? Puoi insegnare, e il tuo insegnamento può diventare pericoloso e nocivo. Per lui il sesso non è materia da indagare. Per lui non è ancora diventato un problema; il bambino non è ancora giunto a quel punto di maturità in cui il sesso diventa importante. Aspetta! Quando comincia a indagare, quando matura e fa domande, allora parlagliene. E non dirgli mai più di quanto non possa capire perché quel di più diventerà un peso sulla sua testa. Lo stesso vale per il fenomeno della meditazione. Ti si possono insegnare solo i metodi, non i risultati. Questo è fare un salto, e fare un salto senza avere un punto d’appoggio nel metodo si riduce a una faccenda cerebrale, a un affare mentale. In questo modo perderai sempre la parte essenziale del metodo. E’ come con i bambini quando fanno aritmetica. Possono sempre tornare al libro e conoscere la risposta. La risposta è lì: alla fine del libro vengono date le risposte. Possono guardare una domanda, poi andare alla fine e sapere la risposta. E una volta che un bambino conosce la risposta è molto difficile per lui imparare il metodo, perché sembra che non sia necessario. Visto che sa già la risposta non ce n’è bisogno. In realtà farà tutto con ordine inverso: arriverà alla risposta attraverso qualunque falso, pseudo-metodo. Conosce l’essenziale, conosce la risposta, perciò può arrivarci semplicemente creando un falso metodo. E lo stesso capita nella religione: sembra che anche nella religione ognuno faccia proprio come i bambini. La risposta non ti fa bene. C’è la domanda, c’è il metodo, e tu devi arrivare alla risposta. Nessun altro dovrebbe dartela. I veri insegnamenti non ti aiutano a conoscere la risposta prima che il processo sia compiuto, ti aiutano semplicemente a passare attraverso il processo. E se anche hai saputo la risposta in qualche modo, o l’hai rubata da qualche parte, diranno che è sbagliata. Potrebbe essere corretta, ma loro diranno: “Questo è sbagliato. Sbarazzatene: non è necessario”. Ti impediranno di conoscere la risposta prima che tu giunga realmente a conoscerla. Questo è il motivo per cui non viene data alcuna risposta. L’amata di Shiva, Devi, gli ha posto delle domande. Lui dà dei semplici metodi. C’è la domanda, c’è il metodo. Sta a te elaborare, vivere la risposta. Perciò ricordati la centratura è il metodo, non il risultato. Il risultato è l’esperienza cosmica, oceanica. A quel punto non c’è più alcun centro. La seconda domanda: “Tu hai detto che se una persona riesce ad amare veramente, allora basta l’amore e i centododici metodi di meditazione non sono necessari. E io sento di amare veramente, credo, con il vero amore che hai spiegato tu. Ma la beatitudine che incontro nella meditazione mi pare che appartenga a una dimensione alquanto diversa dalla profonda soddisfazione della quale ho esperienza nell’amore, e non posso neppure immaginare di stare senza meditazione. Spiegaci perciò un po’ di più com’è che l’amore da solo, senza la meditazione, può bastare”. Ci sono molte cose da capire. Primo, se tu fossi veramente innamorato non chiedesti nulla sulla meditazione, perché l’amore è un appagamento così totale che non c’è mai la sensazione che manchi qualcosa, che ci sia un vuoto che deve essere colmato, che tu abbia ancora bisogno di qualcosa. Se senti che hai bisogno di altro, c’è un vuoto. Se senti che c’è ancora qualcosa da fare e da sperimentare, allora l’amore è solo una sensazione, non una realtà. Non metto in dubbio che tu lo creda: puoi credere di essere innamorato. Lo credi veramente, non stai ingannando nessuno. Senti di essere innamorato, ma i sintomi dimostrano che non lo sei. Quali sono i sintomi dell’essere innamorati? Tre. Primo, assoluta soddisfazione. Nient’altro è più necessario, neanche Dio. Secondo, non c’è futuro. Questo istante d’amore è l’eternità. Non c’è alcun momento successivo, alcun futuro, alcun domani. L’amore accade nel presente. E terzo, tu cessi di esistere, non esisti più. Se ci sei ancora, non sei ancora entrato nel tempio dell’amore. Se queste tre cose accadono… se non esisti più, chi mediterà? Se non esiste nessun futuro, tutti i metodi diventano inutili perché tutti i metodi esistono in funzione del futuro, del risultato. E se in questo istante tu sei soddisfatto, sei assolutamente appagato dove sta la ragione per fare alcunché? Esiste una scuola di psicologi, ed è una delle correnti più importanti del pensiero moderno che ha avuto inizio con Wilhelm Reich. Reich diceva che ogni malattia mentale sorge a causa della mancanza d’amore. Questo essere insoddisfatto agogna la soddisfazione in dimensioni multiple poiché non riesce a provare un amore profondo, a immettervi tutto se stesso. Quando dico: “Se riesci ad amare, nulla è più necessario”, non intendo dire che allora l’amore è sufficiente, ma che, quando ami profondamente, l’amore diventa una soglia, proprio come la meditazione. Ma come agisce la meditazione? In questi tre metodi: ti creerà appagamento, ti permetterà di rimanere nel presente – ti aiuterà a rimanere nel presente- e distruggerà il tuo ego. La meditazione fa queste tre cose, con qualunque metodo. Perciò lo si può dire così: l’amore è il metodo naturale. Se manca il metodo naturale, allora deve essere fornito quello artificiale. Ma ci si può sentire innamorati; allora queste tre cose diventeranno i criteri. Si provvederà a renderli le pietre di paragone, il parametro. Si osserverà se queste tre cose si verificano. Se non si verificano, l’amore può essere molte altre cose, ma non amore. E l’amore è un fenomeno grandioso: può essere molte cose. Può essere lussuria; può essere semplicemente sesso; può essere solo una tendenza possessiva; può essere solo un’occupazione perché non riesci a stare da solo, e hai bisogno di qualcuno perché hai paura e hai bisogno di sicurezza. La presenza dell’altro ti aiuta a essere sicuro. Oppure può essere solo una relazione sessuale. L’energia ha bisogno di sfoghi. L’energia continua ad accumularsi e poi diventa un peso: devi gettarla e lasciarla libera. Perciò il tuo amore potrebbe essere solo uno sfogo. L’amore può essere molte cose e l’amore è molte cose. E, in genere, l’amore è molte cose accetto amore. Per me, l’amore è meditazione. Perciò prova a far questo: sii in meditazione con il tuo amante. Tutte le volte in cui è presente sii in profonda meditazione. Rendiate questa presenza reciproca uno stato meditativo. In genere fai proprio l’opposto. Quando gli amanti sono insieme, litigano. Quando poi sono di nuovo separati, di nuovo si pensano a vicenda. Ma quando vengono messi insieme nuovamente, il litigio ricomincia. Questo non è amore! Suggerirò quindi alcuni punti: fa della presenza della tua amata o del tuo amante uno stato meditativo. State in silenzio. State vicini, ma restate in silenzio. Usate ciascuno la presenza dell’altro per lasciar cadere la mente; non pensate. Se stai pensando mentre il tuo amante è con te, allora non sei con il tuo amante. Come puoi esserlo? Siete entrambi lì, eppure distanti chilometri. Tu stai pensando i tuoi pensieri, il tuo amante sta pensando i suoi. Siete vicini solo apparentemente, ma in realtà non lo siete, perché quando due menti stanno pensando sono agli antipodi. Il vero amore significa cessazione di pensiero. Alla presenza della tua amata o del tuo amante smetti completamente di pensare; solo allora siete vicini. All’improvviso siete una cosa sola, i corpi non vi possono separare: in profondità nel corpo qualcuno ha infranto la barriera. Il silenzio infrange la barriera: questa è la prima cosa. Fa della tua relazione un fenomeno sacro. Quando sei veramente innamorato, l’oggetto d’amore diventa divino. Se non lo è, sappi che non è una relazione d’amore: è impossibile. Una relazione d’amore non è una relazione profana. Ma hai mai provato riverenza per la tua amata? Puoi aver provato molte altre emozioni, mai riverenza. Sembra inconcepibile, ma l’India ha provato moltissime vie… Ecco perché l’India ha sempre insistito sul fatto che questa relazione d’amore tra l’uomo e la donna dovrebbe essere un fenomeno sacro, non una relazione mondana. L’amante, l’amata diventano divini. Non puoi guardarli in nessun altro modo. Mi chiedo se hai mai provato riverenza per tua moglie. La cosa stessa pare non essere pertinente, riverenza per una moglie? Non se ne parla neppure. Puoi sentire biasimo, puoi sentire qualunque cosa, mai riverenza. La relazione è solo mondana; vi state usando reciprocamente. La moglie può anche dire di rispettare suo marito, ma non ho mai visto una sola donna che veramente lo rispettasse. Tradizionalmente, giacché è una convenzione rispettare il marito, la moglie continua a dire che lo rispetta, e perciò non pronuncia neppure il suo nome. Non per rispetto, potrebbe pronunciare qualsiasi cosa: ma non pronuncia il suo nome solo per tradizione. La riverenza è la seconda cosa. Alla presenza della tua amata o del tuo amante prova riverenza. Se non riesci a vedere il divino nella tua amata o nel tuo amante non puoi vederlo da nessun’altra parte: come puoi vederlo in un albero con il quale non hai alcuna relazione? Quando nessuna profonda intimità prevale, come puoi vederlo in una pietra o in un albero? Sono privi di qualunque relazione. Se non riesci a vederlo nella persona che ami, se Dio non è sentito lì, non può essere sentito da nessun’altra parte. E se lì viene sentito, presto o tardi lo sentirai ovunque, perché una volta spalancata la soglia, una volta che hai avuto una fugace visione del divino in una persona, non puoi più dimenticarti quella visione e, di conseguenza ogni cosa diventa una soglia. Per questo dico che l’amore in sé è una meditazione. Perciò non pensarli in contrasto, amare o meditare. Non intendevo questo. Non cercare di scegliere tra amare e meditare. Ama meditativamente oppure medita con amore. Non creare alcuna divisione. L’amore è un fenomeno molto naturale, e può essere usato come veicolo. E il Tantra lo ha usato come veicolo, non solo l’amore: persino il sesso. Il Tantra dice che in un atto sessuale profondo puoi meditare facilmente, al punto che non sarà mai altrettanto facile in nessun altro stato mentale, perché questa è un’estasi naturale, biologica. Ma tutto quanto è conosciuto come atto sessuale, lo è in forma molto pervertita. Perciò tutte le volte che si parla di queste cose, ti senti a disagio, perché tutto ciò che conosci sotto il nome di “sesso” non è sesso. E’ solo un’ombra, perché la società ha educato la tua mente contro il sesso. Tutti sono persone represse, perciò il sesso naturale è impossibile. E ogni volta che ti trovi nell’atto sessuale è sempre presente un profondo senso di colpa. Quel senso di colpa diventa una barriera, e perdi una delle più grandi opportunità. Avresti potuto usarla per penetrare profondamente dentro di te. Il Tantra dice di essere meditativi durante l’atto sessuale. Senti l’intero fenomeno come sacro, non sentirti colpevole. Anzi, sentiti benedetto perché la natura ti ha dato una fonte tramite la quale puoi immediatamente immergerti nell’estasi. E poi sii totalmente libero. Non reprimerti, non opporre resistenza. Lascia che la comunione sessuale s’impossessi di te. Dimenticati di te stesso; getta via tutte le tue inibizioni. Sii assolutamente naturale, e sentirai nel corpo una musica profonda. Quando entrambi i corpi diventano una sola armonia, ti dimenticherai completamente chi sei e, tuttavia, esisterai. Ti dimenticherai dell’io”: non ci sarà più alcun “io”, ma solo l’esistenza che gioca con l’esistenza, un essere con un altro. E i due diventeranno una cosa sola. Non ci sarà più alcun pensare; il futuro cesserà e tu sarai nel presente in questo stesso istante. Fanne una meditazione senza senso di colpa, senza inibizione, e allora il sesso si trasformerà. Allora il sesso stesso diventerà una soglia. E se il sesso diventa una soglia, un po’ alla volta cessa di essere sessuale. E viene il momento in cui il sesso se n’è andato: solo il profumo è rimasto. Quel profumo è l’amore. Successivamente anche quel profumo scompare, allora ciò che rimane è il smadhi. Il Tantra dice che nulla deve essere considerato come un nemico: ogni energia è amica; è necessario solo sapere come usarla. Perciò non fare alcuna scelta: trasforma il tuo amore in meditazione e trasforma la tua meditazione in amore. In questo modo dimenticherai ben presto la parola, e conoscerai la cosa reale che non è la parola. La parola “amore” non è l’amore, la parola “meditazione” non è la meditazione, e la parola “Dio” non è Dio. Queste sono solo parole. E se riesci a penetrare all’interno, allora Dio, la meditazione, l’amore diventano tutti una cosa sola. Ancora una domanda: “Quali sono le ragioni dell’insensibilità dell’uomo e come si fa a eliminarla?”. Il bambino nasce. Il bambino è indifeso. Il bambino umano in particolare è totalmente indifeso: deve dipendere dagli altri per vivere, per rimanere vivo. Questa dipendenza è un compromesso. In questo compromesso il bambino deve concedere molte cose, e una di queste è la sensibilità. Il bambino è sensibile; il suo intero corpo è sensibile. Perciò è indifeso: non può essere indipendente. Deve dipendere dai genitori, dalla famiglia, dalla società. Dovrà essere dipendente. A causa di questa dipendenza e di questa impotenza, i genitori, la società, continuano a imporre al bambino cose con la forza, e lui deve arrendersi, altrimenti non potrebbe rimanere in vita: morirebbe. Perciò questo compromesso deve concedere molte cose. La prima cosa, che è molto profonda e importante, è la sensibilità: deve abbandonarla. Come mai? Perché quanto più il bambino è sensibile tanto più è nei guai, tanto più è vulnerabile. Una piccola sensazione, e comincia a strillare. Il pianto dev’essere fermato dai genitori e loro non possono fare nulla. Se però il bambino continua a percepire ogni sensazione in dettaglio, diventerà un fastidio, Infatti i bambini diventano dei fastidi, perciò i genitori devono ridurre la loro sensibilità. Il bambino deve imparare la resistenza, il controllo; un po’ alla volta il bambino deve dividere la sua mente in due parti. Ecco perché ci sono moltissime sensazioni che semplicemente cessa di percepire perché “non sono buone”. A causa loro viene punito. L’intero corpo del bambino è erotico. Può godersi le dita, può godersi il corpo. L’intero corpo è erotico. Continua a esplodere il suo corpo: per lui è un fenomeno grandioso. Ma arriva il momento in cui il bambino nella sua esplorazione giunge ai genitali. Allora diventa un problema perché sia il padre sia la madre sono repressi. Non appena il bambino, maschio o femmina, si tocca i genitali, i genitori si sentono a disagio: è un fenomeno che si deve scrutare in profondità. All’improvviso il loro comportamento cambia, e il bambino lo nota. E’ successo qualcosa che non va. Cominciano a gridare: “Non toccare!” e il bambino comincia a sentire che c’è qualcosa di sbagliato nei genitali. Deve reprimersi. E i genitali sono le parte più sensibile del tuo corpo, la più sensibile in assoluto, la parte più viva del tuo corpo, la più delicata. Quando non è più permesso di toccarsi i genitali e di goderseli, viene uccisa la fonte stessa della sensibilità, e il bambino diventerà insensibile. Man mano che crescerà, diventerà sempre più insensibile. Perciò innanzitutto c’è un compromesso, un male necessario. E non appena una persona comincia a comprendere, deve rifiutare questo mercato e riacquistare la propria sensibilità. La seconda ragione di questo mercato è ottenere sicurezza. Per molti anni ha vissuto con un amico, nella sua villa. Fin dal primo giorno notai che non guardava i suoi domestici. Era un uomo ricco, ma non rivolgeva mai lo sguardo ai suoi domestici, né ai suoi bambini. Arrivava correndo, poi usciva correndo dalla casa alla macchina. Perciò gli chiesi: “Perché ti comporti così?”. Rispose: “Se guardi i tuoi domestici cominciano a chiedere del denaro, e poi una cosa tira l’altra. Se parli con i tuoi bambini, non ne sei più il padrone. Non riesci più a controllarli”. Così aveva creato una facciata d’insensibilità attorno a sé. Temeva che se avesse parlato con un domestico, se avesse sentito che stava male, se l’avesse preso in simpatia, gli avrebbe dovuto dare del denaro e aiutarlo. Presto o tardi tutti imparano che essere sensibili equivale a essere vulnerabili a molte cose. Tu ti ritrai, ti crei attorno una barriera che è una salvaguardia, una misura di sicurezza. Allora puoi girare per le strade… Ci sono mendicanti che chiedono l’elemosina e orrende catapecchie, ma tu non senti nulla, di fatto non vedi. In questa società orrenda ci si deve creare intorno una barriera, un muro – un muro sottile, trasparente – dietro al quale potersi nascondere; altrimenti si è vulnerabile e sarà molto difficile vivere. Ecco perché insorge l’insensibilità: ti aiuta a stare in questo mondo orrendo senza esserne turbato, però a un prezzo, e il prezzo è molto alto: sei a tuo agio in questo modo, ma non puoi penetrare nel divino, nel totale, nel Tutto; non puoi penetrare nell’altro mondo. Se per questo mondo occorre l’insensibilità, e per l’altro mondo va bene la sensibilità, ecco che nasce un problema. Se sei realmente interessato a penetrare in quel mondo, dovrai crearti un sensibilità. Dovrai sbarazzarti di tutti questi muri, di queste sicurezze. Naturalmente diventerai vulnerabile: sentirai molta sofferenza, ma quella sofferenza non è nulla in confronto alla beatitudine alla quale puoi accedere attraverso la sensibilità. Quanto più diventi sensibile, tanto più proverai compassione. Ma soffrirai, perché tutt’intorno a te c’è l’inferno. Tu sei chiuso: ecco perché non riesci a sentirlo. Una volta che diventi aperto, sarai aperto a entrambe le cose: all’inferno di questo mondo e al paradiso dell’altro. Diventerai aperto a entrambi! Ed è impossibile rimanere chiusi a un punto e aprirsi a un altro, perché, in realtà, sei chiuso o sei aperto, Se sei chiuso, sei chiuso a entrambe le cose. Se sei aperto, sarai aperto a entrambe le cose. Perciò ricordati: Un Buddha è colmo di beatitudine, ma è anche colmo di sofferenza. Quella sofferenza non è la sua, è per gli altri. Un Buddha si trova in profonda beatitudine, ma soffre per gli altri. E i buddisti del Mahayana dicono che quando il Buddha giunse alla soglia del nirvana, il custode del cancello gli aprì la porta – questo è un mito ma è stupendo – il custode del cancello aprì la porta, ma il Buddha si rifiutò di entrare. Il custode chiese: “Perché non vieni? Ti abbiamo aspettato per millenni. Ogni giorno ci giungevano notizie che il Buddha stava arrivando. L’intero paradiso ti sta aspettando. Entra! Sei il benvenuto!” Il Buddha disse: “Non posso entrare prima che tutti gli altri siano entrati prima di me. Aspetterò! A meno che ogni essere umano sia entrato, il paradiso non fa per me”. Il Buddha sente le sofferenze degli altri. Per quanto lo concerne, si trova in profonda beatitudine. Vedi il parallelo? Tu ti trovi in una profonda sofferenza e continui a sentire che tutti gli altri si stanno godendo la vita: a un Buddha capita proprio l’opposto. Ora si trova in profonda beatitudine, e sa che tutti gli altri soffrono. Questi sono i metodi per eliminare questa insensibilità. Discuteremo più a lungo come eliminarla. Il libro dei segreti Osho


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