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TECNICHE PER PENETRARE L’INTERIORITA’


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SUTRA 15 Chiudendo le sette aperture della testa con le mani, uno spazio tra gli occhi diventa onnicomprensivo. 16 O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto. 17 Incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che. L’uomo è come in un cerchio senza un centro. La sua vita è superficiale, è solo sulla circonferenza. Vivi all’esterno: non vivi mai nell’interiorità. Non puoi, a meno che non trovi un centro. Non puoi vivere nell’interiorità, in realtà non ce l’hai. Non hai un centro, hai solo l’esteriorità. Questa è la ragione per la quale continuiamo a parlare dell’interiorità, di come penetrarla, di come conoscere se stessi, di come entrare in se stessi, ma queste parole non implicano alcun significato. Conosci il significato delle parole, ma non puoi sentire ciò che significano perché non sei mai nell’interiorità. Non sei mai stato dentro di te! Persino quando sei da solo, c’è una folla nella tua mente. Non sei nell’interiorità neppure quando fuori non c’è nessuno. Continui a pensare agli altri, continui a muoverti verso l’esterno. Persino quando sei addormentato sogni di altri, non sei dentro di te. Solo nel sonno profondo, quando non c’è attività onirica, sei dentro di te, ma allora sei incosciente. Ricorda: quando sei cosciente non sei mai dentro di te, e quando sei dentro di te durante il sonno profondo diventi incosciente. Perciò la tua intera consapevolezza consiste nell’esteriorità. E quando parliamo si andare dentro di sé, vengono capite le parole, ma non il significato, perché il significato non è portato dalle parole: il significato viene attraverso l’esperienza. Le parole sono sprovviste di senso. Quando dico “interiorità”, tu capisci la parola, ma solo la parola, non il suo significato. Non sai cosa sia l’interiorità perché non sei mai stato dentro di te in modo cosciente. La tua mente è costantemente diretta verso l’esterno. Non hai alcun sentore di che cosa significhi o che cosa sia l’interiorità. Ecco cosa intendo quando dico che sei un cerchio senza un centro, solo una circonferenza. Il centro esiste, ma ci cadi dentro solo quando non sei cosciente. Altrimenti, ti muovi verso l’esterno, e di conseguenza la tua vita non è mai intensa, non può esserlo. E’ solo tiepida. Sei vivo come se fossi morto, o entrambe le condizioni simultaneamente. Sei vivo in un modo morto e vivi una vita che somiglia a una morte. Esisti al minimo; non al culmine, ma al minimo. Puoi dire: “Io sono”, questo è tutto. Non sei morto: questo è ciò che intendi per “essere vivo”. Ma la vita non potrà mai essere conosciuta alla circonferenza, può essere conosciuta solo al centro. Sulla circonferenza è possibile solo una vita tiepida. Perciò, in realtà vivi una vita veramente inautentica, dunque persino la morte diventa inautentica, perché una persona che non ha vissuto realmente non può morire realmente. Solo la vita autentica può diventare morte autentica. In questo caso la morte è bella: ogni cosa autentica è meravigliosa. E persino la vita, se è inautentica, è inevitabilmente brutta. E la tua vita è brutta, veramente marcia. Non succede niente. Continui ad aspettare, sperando che da qualche parte, un giorno, avvenga qualcosa. In questo preciso istante c’è solo vacuità, e nel passato ogni istante è stato come questo, semplicemente vuoto. Stai solo aspettando il futuro, sperando che un giorno capiti qualcosa, stai solo sperando. Così si perde ogni istante. Non è accaduto nel passato, perciò non accadrà neppure nel futuro: può accadere solo in questo istante, ma perché accada avrai bisogno di un’intensità, un’intensità penetrante; dovrai essere radicato nel centro, la periferia non basterà. Dovrai trovare il tuo momento. In realtà non pensiamo mai a ciò che siamo, e tutto quanto pensiamo è solo una fesseria. Una volta vivevo con un professore in un centro universitario: Un giorno lo vidi alquanto sconvolto perciò gli chiesi: “Che c’è?”. Rispose: “Ho la febbre”. Stavo leggendo qualcosa, perciò gli dissi: “Va’ a dormire. Prendi questa coperta e riposati”. Andò a letto, ma dopo un paio di minuti disse: “No, non ho la febbre. In realtà sono arrabbiato. Qualcuno mi ha insultato e mi sento molto violento contro di lui”. Perciò gli chiesi: “Perché hai detto che avevi la febbre?”. Rispose: “Non potevo ammettere di essere arrabbiato, ma sono veramente arrabbiato. La febbre non c’è. Gettò via la coperta. Allora gli dissi: “Va bene, sei arrabbiato, quindi prendi questo cuscino. Picchialo, sii violento con esso. Sfoga la tua violenza. E se il cuscino non basta, ci sono io disponibile. Puoi picchiarmi, e buttare fuori questa rabbia”. Rise, ma il suo riso era falso, solo dipinto sulla sua faccia. Apparve sul suo volto e poi scomparve. Non penetrò minimamente. Non era affatto venuto dall’interiorità: era solo un sorriso dipinto. Ma il riso, anche un riso falso, creò un attimo di vuoto. Disse: “Non sul serio… non sono arrabbiato sul serio. Qualcuno mi ha detto qualcosa davanti ad altri, e io mi sono sentito veramente imbarazzato. In realtà si tratta proprio di questo”. Perciò gli dissi: “Tre volte nel giro di mezz’ora hai cambiato le tue affermazioni riguardo a come ti senti. Hai detto che avevi la febbre, poi che eri arrabbiato, e ora mi dici che non sei arrabbiato ma solo imbarazzato. Qual è la verità?” Rispose: “Sono veramente imbarazzato”. Chiesi: “Quale? Quando hai detto che avevi la febbre, eri certo anche di quello. Quando hai detto che eri arrabbiato, eri certo anche di quello. E ora sei certo anche di questo. Sei una persona sola oppure molte persone? Per quanto tempo durerà questa certezza?”. Perciò quell’uomo disse: “In realtà non so come mi sento. Non so che cosa sia. Sono semplicemente sconvolto. Non so se chiamarla rabbia o imbarazzo o che altro. E questo poi non è il momento di discutere con me”. Aggiunse: “Lasciami solo. Hai reso la mia situazione filosofica. Stai parlando di che cosa sia reale, autentico, e io mi sento molto turbato”. Questo non accade a qualche altra persona – X,Y o Z – accade a te. Tu non sei mai certo, perché la certezza proviene dall’essere centrati. Non sei certo neppure su te stesso. E’ impossibile essere certi riguardo ad altri quando non sei mai certo neppure di te stesso. C’è solamente una vaghezza, una nebulosità; nulla è certo. Qualche giorno fa era presente un tale che mi ha detto: “Mi sono innamorato di una persona, voglio sposarla”. Lo scrutai negli occhi per un paio di minuti senza dire nulla. Divenne irrequieto e mi chiese: “Perché mi guardi? Mi sento imbarazzato”. Continuai a guardarlo. Disse: “Pensi forse che il mio amore sia falso?”. Non dissi nulla. Continuai a guardarlo. Domandò: “Perché credi che questo non sarà un buon matrimonio?”. Disse da solo: “Non ci ho riflettuto molto, e per questo sono venuto da te. In realtà non so se l’amo oppure no”. Non avevo pronunciato neppure una sola parola. Guardavo solo nei suoi occhi. Ma divenne irrequieto, e quanto aveva dentro cominciò a venire alla superficie, a gorgogliare. Tu non sei sicuro; non puoi essere sicuro di nulla: né riguardo al tuo amore, né riguardo al tuo odio, e neppure riguardo alle tue amicizie. Non c’è nulla di cui tu possa essere sicuro perché non hai un centro. Senza un centro non c’è certezza. Tutti i tuoi sentimenti di certezza sono falsi e transitori. Un momento ti senti certo, ma quello successivo la certezza se ne sarà andata perché io ogni istante hai un centro diverso. Non hai un centro permanente, un centro cristallizzato. Ogni momento è un centro atomico, perciò ogni momento ha il proprio sé. George Gurdjieff era solito dire che l’uomo è una folla. La possibilità è solamente un inganno, perché tu non sei una persona, sei molte persone. Perciò, quando una persona parla in te, quello è un centro momentaneo. Il momento successivo ce n’è un altro. A ciascun istante, a ogni situazione atomica, ti senti certo, e non diventi mai consapevole di essere solamente un flusso, molte onde senza alcun centro. Quindi alla fine avrai la sensazione che la vita non è stata altro che uno spreco. Lo è necessariamente. C’è solo uno spreco, solo un vagare, senza scopo, senza senso. La preoccupazione fondamentale del Tantra, dello yoga, della religione, è innanzitutto quella di scoprire il centro, come essere un individuo. Si occupano di come trovare il centro che persiste in ogni situazione. Allora, mentre la vita continua a muoversi all’esterno, mentre il flusso della vita continua ininterrottamente, mentre le onde vanno e vengono, il centro persiste nell’interiorità e rimani uno solo, radicato, centrato. Questi sutra sono tecniche per trovare il centro. Il centro esiste già, perché è impossibile essere un cerchio senza un centro. Un cerchio può esistere solo con un centro, perciò il centro è stato solo dimenticato. Esiste, ma non ne siamo consapevoli. Esiste, ma non sappiamo come vederlo. Non sappiamo come focalizzare su di esso la nostra consapevolezza. La terza tecnica sulla centratura: “Chiudendo le sette aperture della testa con le mani, uno spazio tra gli occhi diventa onnicomprensivo”. Questa è una delle tecniche più antiche; usata moltissimo, ed è anche una delle più semplici: chiudi le aperture della testa – occhi, orecchie, naso, bocca – in questo modo, allorché tutte le aperture sono chiuse, la tua consapevolezza, che fluisce continuamente verso l’esterno, all’improvviso si arresta: non si può più spostare. Forse non l’hai osservato, ma anche se interrompi per un attimo la respirazione, la tua mente si fermerà all’improvviso, perché la mente si muove con il respiro. Questo è un condizionamento della mente. Devi capire che cosa significa “condizionamento”. Solo allora questo sutra sarà facile da capire. Pavlov, uno dei più famosi psicologi russi, ha reso il termine “condizionamento” – o riflesso condizionato” – una parola di uso comune in tutto il mondo. Chiunque abbia anche solo poca familiarità con la psicologia conosce questa parola. Due processi di pensiero – due processi qualunque – possono diventare associati a tal punto che, se ne formuli uno, anche l’altro si mette in moto. Questo è il famoso esempio pavloviano: Pavlov lavorava con i cani. Scoprì che se metti del cibo davanti a un cane, comincia a salivare, tira fuori la lingua e comincia a prepararsi, si prepara a mangiare. E’ naturale: quando vede del cibo, la sua saliva comincia a formarsi. Ma Pavlov condizionò questo processo con un altro. Ogni volta che si formava la saliva e c’era il cibo faceva altre cose. Per esempio: suonava un campanello e il cane sentiva il campanello che suonava. Per quindici giorni, ogni volta che veniva dato il cibo, il campanello suonava. Poi, al sedicesimo giorno, il cibo non fu messo davanti al cane; si fece solo suonare il campanello, ma la saliva si formò lo stesso e la lingua venne fuori, come se ci fosse stato anche il cibo. Ma il cibo non c’era, c’era solo il campanello che suonava. Non c’è alcuna associazione naturale tra il campanello che suona e la saliva. L’associazione naturale è con il cibo. Ma ora il suono del campanello vi era stato associato, e persino il suono del campanello dava inizio al processo. Secondo Pavlov – e aveva ragione – tutta la nostra vita è un processo condizionato. La mente è un condizionamento. Quindi, se interrompi qualcosa nel condizionamento, si fermerà anche ogni altra cosa associata. Per esempio, non hai mai pensato senza respirare. Il pensiero è sempre stato presente insieme al respiro. Non sei cosciente del respiro, ma il respiro c’è, continuamente, giorno e notte. Ogni pensiero, ogni processo di pensiero è associato con il respiro. Se all’improvviso interrompi il respiro, s’interromperà anche il pensiero. E se tutti e sette i buchi – le sette apertura della testa – vengono chiusi, all’improvviso la tua consapevolezza non potrà spostarsi verso l’esterno, rimarrà nell’interiorità, e questo creerà uno spazio tra i tuoi occhi. Quello spazio è conosciuto come il terzo occhio. Se tutte le aperture della testa sono chiuse, non puoi uscire, perché sei sempre uscito da queste aperture. Rimani dentro, e rimanendo all’interno, la tua consapevolezza si concentra tra questi due occhi, tra questi due occhi comuni, e si focalizza sul terzo occhio. Quel punto è noto come il terzo occhio. Questo spazio “diventa onnicomprensivo”: questo sutra dice che in questo spazio è inclusa ogni cosa. L’intera esistenza vi è compresa. Se riesci a percepire questo spazio, avrai percepito ogni cosa; allorché sarai riuscito a percepire, all’interno, questo spazio tra i due occhi, avrai conosciuto l’intera esistenza, la sua totalità, perché quello spazio interno è onnicomprensivo. Nulla ne è lasciato fuori. Le Upanishad dicono: “Conoscendo l’Uno si conosce tutto”. Questi due occhi possono vedere solo il finito. Il terzo occhio vede l’infinito. Questi due occhi possono vedere solo il mondo materiale. Il terzo occhio vede il mondo immateriale, lo spirituale. Con questi due occhi non potrai mai sentire l’energia: puoi vedere solo la materia. Ma con il terzo occhio si vede l’energia in quanto tale. Questa chiusura delle aperture è un modo per centrarsi, perché quando il flusso della consapevolezza non può fuoriuscire, rimane alla sua fonte. Questa fonte è il terzo occhio. Se sei centrato nel terzo occhio, accadono molte cose. La prima è che scoprirai che l’intero mondo è in te. Swami Ramateertha era solito dire: “Il sole si muove in me, le stelle si muovono in me, la luna sorge in me. L’intero universo è dentro di me”. Quando lo disse per la prima volta, i suoi discepoli pensarono che fosse impazzito. Come possono esserci delle stelle in Ramateertha? Lui stava parlando del terzo occhio, dello spazio interiore. Quando lo spazio interiore s’illumina per la prima volta, si ha questa sensazione. Quando vedi che ogni cosa è dentro di te, diventi l’universo. Il terzo occhio non fa parte del tuo corpo fisico. Lo spazio tra i nostri due occhi non è uno spazio delimitato nel tuo corpo. E’ lo spazio infinito che è penetrato in te. Una volta che questo spazio è conosciuto, non sarai mai più la stessa persona. Non appena conoscerai questo spazio interiore, hai conosciuto l’immortalità. Allora non c’è più alcuna morte. Allorché conosci questo spazio, per la prima volta la tua vita sarà autentica, intensa, per la prima volta sarà veramente viva. A quel punto non avrai più bisogno di alcuna sicurezza, non potrai più avere paura, non potrai più essere ucciso, nulla ti potrà più essere sottratto, perché ora l’intero universo ti appartiene: tu sei l’universo. Coloro che hanno conosciuto questo spazio interiore hanno gridato in estasi: “Aham brahmasmi: io sono l’universo, io sono l’esistenza”. Il mistico sufi Mansur fu assassinato solo a causa di questa esperienza del terzo occhio. Quando per la prima volta divenne consapevole di questo spazio interiore cominciò a gridare: “Io sono Dio”. In India sarebbe stato adorato, perché l’India ha avuto moltissime persone che sono giunte a conoscere questo spazio interiore del terzo occhio. Ma in un paese musulmano era difficile. E l’affermazione di Mansur: “Io sono Dio – Ana’l haq” – venne considerata come qualcosa di antireligioso, perché l’Islam non riesce a concepire che l’uomo e Dio possano diventare una cosa sola. L’uomo è l’uomo – il creato – e Dio è il creatore, perciò come può il creato diventare il creatore? Quindi quest’affermazione di Mansur, “io sono Dio”, non poté essere capita. Così fu assassinato. Ma mentre veniva, ucciso, rideva. Dunque qualcuno gli chiese: “Perché stai ridendo, Mansur?”. Si narra che Mansur abbia risposto: “Rido perché non mi state uccidendo, e non potete uccidermi. Siete ingannati da questo corpo, ma io non sono questo corpo. Io sono il creatore di questo universo, ed è stato il mio dito a mettere in moto quest’intero universo all’inizio”. In India sarebbe stato capito facilmente. Il linguaggio era noto da secoli e secoli. Abbiamo saputo che viene un momento in cui si conosce lo spazio interiore. Allora si diventa semplicemente pazzi. E questa realizzazione è così certa che, anche se uccidi un Mansur, lui non cambierà la sua affermazione perché, in realtà, per quanto lo riguarda, tu non puoi ucciderlo. Ora è diventato il Tutto. Non c’è più alcuna possibilità di distruggerlo. Dopo Mansur i sufi impararono che è meglio tacere, perciò nella tradizione sufi dopo Mansur è stato sempre insegnato ai discepoli: “Quando arrivate al terzo occhio state zitti e non dite nulla. Quando accade, statevene tranquilli. Non dite nulla o continuate a dire formalmente le cose nelle quali la gente crede”. Ecco perché ora l’Islam ha due tradizioni: una, quella ordinaria, l’esteriore, l’essoterica; un’altra, il vero Islam, è il sufismo, quella esoterica. Ma i sufi tacciano perché dai tempi di Mansur hanno imparato che parlare nel linguaggio che affiora quando si apre il terzo occhio significa mettersi inutilmente in pericolo, inoltre non è utile a nessuno. Questo sutra dice: “Chiudendo le sette aperture della testa con le mani, uno spazio tra gli occhi diventa onnicomprensivo”. Il tuo spazio interiore diventa tutto lo spazio. La quarta tecnica di centratura: “O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto”. Ogni tecnica è utile per un determinato tipo di mente. La tecnica che abbiamo discusso, la terza – la chiusura delle aperture della testa – può essere usata da molti. E’ molto semplice e non è molto pericolosa. Puoi usarla molto facilmente, e non devi usare solo le mani: puoi usare dei tamponi per le orecchi e una mascherina per gli occhi. Il senso sta nel chiudere le apertura della testa completamente, per alcuni istanti; per alcuni istanti o per alcuni secondi. Provala. Prova questa tecnica ma non renderla una pratica. E’ utile solo se fatta improvvisamente: solo se la pratichi all’improvviso risulta efficace. Mentre sei sdraiato a letto, chiudi all’improvviso tutte le tue aperture per qualche secondo, e vedi che cosa ti accade. Se ti senti soffocare, persisti, a meno che non diventi assolutamente insopportabile visto che non potresti respirare. Ma se fosse assolutamente insopportabile, non riusciresti a tener chiusi quegli orifizi: la forza interna li spalancherebbe, dunque non preoccuparti e persisti per quanto ti è possibile. Il momento del soffocamento, di fatto, è il momento cruciale, perché spezzerà le vecchie associazioni. Se riesci a persistere per alcuni istanti ancora, è meglio. Sarà difficile, sentirai che stai per morire, ma non aver paura, perché non puoi morire. Non puoi morire solo chiudendo le aperture… ma quando senti che stai veramente per morire, quello è il momento. Se persisti in quel momento, all’improvviso ogni cosa si illuminerà: sentirai lo spazio interiore che continua a dilatarsi, e il Tutto ne viene compreso. A quel punto apri gli orifizi. Ma poi riprovaci, ogni volta che puoi farlo, provaci; ma non renderla una pratica: è necessario uno spasmo improvviso, se ne fai una pratica, sarà inutile. In quello spasmo, il flusso nei tuoi vecchi canali di consapevolezza si arresta, e diventa possibile qualcosa di nuovo. Molti lo praticano persino oggi, molte persone in tutta l’India. Ma lo praticano, e questo è un metodo improvviso. Se ne fai pratica, non accadrà nulla. Se all’improvviso ti butto fuori da questa stanza, i tuoi pensieri si fermeranno, ma se ne fai una pratica quotidiana non accadrà nulla, diventerà un’abitudine meccanica. Perciò non renderla una pratica. Semplicemente provaci quando ti è possibile, e piano piano diverrai consapevole di uno spazio interiore: quello spazio interiore affiora nella tua consapevolezza solo quando sei sull’orlo della morte. Quando senti: “Ora non posso più continuare neppure per un solo istante; ora la morte è vicina”, quello è il momento giusto. Persisti! Non avere paura. Morire non è così facile. Per lo meno finora non è mai morto nessuno usando questo metodo. Non puoi morire, esiste una sicurezza implicita. Prima della morte si diventa incoscienti. Se sei cosciente e senti che stai per morire, non avere paura. Sei ancora cosciente, perciò non puoi morire. E se diventi incosciente, ricomincerai a respirare; non potrai impedirlo. Perciò puoi usare tamponi ecc. Le mani non sono necessarie. Le mani venivano usate solo perché, quando starai per cadere nell’incoscienza, molleranno la presa e il respiro tornerà a scorrere. Puoi usare dei tamponi per le orecchie, una mascherina per gli occhi, ma non usare alcuno tampone per il naso o per la bocca, perché può diventare fatale. Almeno il naso dovrebbe rimanere aperto. Chiudilo con le mani. Quando starai effettivamente cadendo nell’incoscienza, le mani molleranno la presa e il respiro entrerà. Perciò c’è un sicurezza implicita. Questo metodo può essere usato da molti. Il quarto metodo si addice a coloro che hanno un cuore molto sviluppato, sono colmi d’amore, sensibili, emozionali. “O beata, quando i sensi assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto.” Questo metodo può essere usato solo da persone orientate verso il cuore. Perciò comprendi prima cos’è una persona orientata verso il cuore, poi potrai capire questo metodo. In una persona simile, ogni cosa conduce al cuore, ogni cosa Se la ami, il suo cuore sentirà il tuo amore, non la sua testa. Una persona orientata verso la testa, anche quando viene amata, lo sente cerebralmente, nella testa. Ci pensa sopra, ci fa dei progetti. Persino l’amore è uno sforzo deliberato della mente. Il tipo sensibile vive senza ragionare. Naturalmente il cuore ha le proprie ragioni, ma vive senza ragionare. Se qualcuno ti chiede: “Perché ami?”, se puoi rispondere e spiegarmi il motivo, sei una persona orientata verso la testa. E se dici: “Non lo so, amo semplicemente”, sei orientato verso il cuore. Anche se dici che qualcuno è meraviglioso e “questa è la ragione per la quale lo amo”, è pur sempre una ragione. Per una persona orientata verso il cuore, una persona è meravigliosa perché la ama. La persona orientata verso la testa ama qualcuno perché è meraviglioso. Prima viene la ragione, poi l’amore. Per che è orientato verso il cuore, prima viene l’amore e poi tutto il resto. Il tipo sensibile è centrato nel cuore, e qualunque cosa accada tocca il suo cuore. Osservati. In ogni istante molte cose accadono nella tua vita. Dov’è che ti toccano? Stai passando, e un mendicante attraversa la strada. Dov’è che vieni toccato dal mendicante? Cominci forse a pensare alle sue condizioni economiche? Cominci forse a pensare che chiedere l’elemosina dovrebbe essere proibito per legge, o che si dovrebbe creare una società socialista in modo che non vi siano più mendicanti? Questo è un uomo orientato verso la testa. Per lui questo mendicante diventa solo un dato statico. Il suo cuore non ne viene toccato, ne viene toccato solo la sua testa. Non farà qualcosa per questo mendicante qui e ora, per niente! Farà qualcosa per il comunismo, farà qualcosa per il futuro, per qualche utopia. Potrà persino dedicarvi tutta la sua vita, ma proprio ora non può fare nulla. La mente fa sempre qualcosa nel futuro; il cuore è sempre qui e ora. Una persona orientata verso il cuore farà qualcosa ora per questo mendicante. Il mendicante è un individuo, non un dato. Ma per un uomo orientato verso la testa questo mendicante è solo un dato statico. Per lui il problema è come si dovrebbe debellare il mendicare, non che questo mendicante dovrebbe essere aiutato: questo è irrilevante. Perciò osservati. In molte situazioni, osserva come agisci. Gli eventi ti coinvolgono con il cuore o con la testa? Se senti di essere una persona orientata verso il cuore, questo metodo ti sarà molto utile. Ma sappi che tutti cercano di ingannarsi, tutti cercano di sentirsi colmi d’amore, sensibili, di cuore, perché l’amore è un bisogno così fondamentale che nessuno può sentirsi a proprio agio se vede di esserne senza, di non avere un cuore colmo d’amore. Perciò tutti continuano a pensare e a crederci, ma il semplice credersi amorevoli non basta. Osservati imparzialmente, come se stessi osservando qualcun altro, e poi decidi: non c’è bisogno di ingannarsi e, anche se ti ingannassi, non riusciresti mai a ingannare la tecnica. Per cui, quando la praticherai sentirai che non sta accadendo nulla. Le persone vengono da me, e io chiedo loro a che tipo appartengono. Non lo sanno veramente, non hanno mai pensato di che tipo sono. Hanno solo un vago concetto di se stesse, e quelle concezioni in realtà sono solo immaginazioni. Hanno certi ideali e autoimmagini, e pensano – o meglio, desiderano – essere quelle immagini. Non lo sono, e spesso accade che siano proprio il contrario. C’è una ragione che lo spiega. Una persona che insiste nel sostenere di essere orientata verso il cuore può insistere solo perché sente l’assenza del cuore e ne ha paura. Non può ammettere di non avere un cuore. Guarda il mondo! Se ognuno avesse ragione riguardo al proprio cuore, il mondo non potrebbe essere così senza cuore. Il mondo è la totalità di noi, perciò qualcosa non va da qualche parte: il cuore non c’è. In realtà non è mai stato educato per esserci. La mente viene educata, perciò c’è. Ci sono scuole, istituti, università per educare la mente, ma non c’è un posto per educare il cuore. E l’educazione della mente frutta, ma quella del cuore è pericolosa, perché se il tuo cuore viene educato diventerai assolutamente disadattato in questo mondo, perché l’intero mondo funziona attraverso la ragione. Se il tuo cuore venisse educato, tu saresti semplicemente assurdo in questo mondo. Quando l’intero mondo si sposta a destra, tu ti sposterai a sinistra e ti sentiresti in difficoltà ovunque. Quando più l’uomo diventa civilizzato, tanto meno il cuore viene educato. Ci siamo veramente dimenticati che esiste, o che ci sia bisogno di educarlo. Questa è la ragione per la quale metodi che possono funzionare molto facilmente non funzionano mai. La maggior parte delle religioni – cristianesimo, Islam, induismo e molte altre – sono basate su tecniche orientate verso il cuore, sono basate sulle persone orientate verso il cuore. Più una religione è antica, tanto più si fonda sulle persone orientate verso il cuore. In verità, quando furono scritti i Veda e l’Induismo si stava sviluppando, c’erano persone orientate verso il cuore e trovarne una orientate verso la testa era veramente difficile. Ma ora il problema è l’opposto. Non riesci a pregare perché la preghiera è una tecnica orientata verso il cuore. Ecco perché in Occidente, dove prevale il cristianesimo – che è una religione di preghiera- la preghiera è diventata difficile. In particolare, la chiesa cattolica è orientata verso la preghiera. Per il cristianesimo non esiste nulla di simile alla meditazione, ma ora anche in Occidente la gente va pazza per la meditazione. Nessuno va in chiesa – e anche se qualcuno ci va, è solo una cosa formale, solo una religione della domenica – perché la preghiera orientata verso il cuore è diventata assolutamente priva di qualsiasi relazione rispetto all’uomo, così com’è in Occidente. La meditazione è più orientata verso la mente, la preghiera è più orientata verso il cuore. Oppure possiamo dire che la preghiera è una tecnica di meditazione per persone orientate verso il cuore. Anche questa tecnica è per persone orientate verso il cuore: “O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto”. Perciò in questa tecnica che cosa si deve fare? “Quando i sensi sono assorbiti nel cuore…”. Provaci: puoi farlo in molti modi. Tocca qualcuno: se sei una persona orientata verso il cuore la sensazione tattile andrà immediatamente al tuo cuore, e potrai sentire la qualità di quella persona. Se prendi la mano di una persona orientata verso la testa, la mano sarà fredda, non solo fredda, ma la qualità stessa sarà fredda. Nella mano ci sarà una cadavericità, qualcosa di cadaverico. Se la persona è orientata verso il cuore, ci sarà un certo calore, e la sua mano si scioglierà veramente con te. Sentirai qualcosa fluire dalla sua mano a te, e ci sarà un incontro, una comunicazione di calore. Questo calore viene dal cuore. Non potrebbe mai venire dalla testa perché è sempre fredda… gelida, calcolatrice. Il cuore è calore, non calcola. La testa pensa sempre a come prendere di più; il cuore sente sempre come dare di più. Quel calore è un puro dare – un dare energia, un dare vibrazioni interiori, un dare vita. Questa è la ragione per la quale in esso senti una qualità diversa. Se quella persona ti abbraccia veramente, sentirai un profondo scioglierti con essa. Tocca! Chiudi gli occhi; tocca una cosa qualunque. Tocca la tua amata o il tuo amante, tocca tuo figlio o tua madre, o il tuo amico, oppure tocca un albero un albero o un fiore, oppure tocca semplicemente la terra. Chiudi gli occhi e senti una comunicazione dal tuo cuore alla terra, o alla tua amata. Senti che la tua mano non è altro che il tuo cuore proteso a toccare la terra. Lascia che la sensazione tattile si ponga in relazione con il cuore. Stai ascoltando della musica: non ascoltarla dalla testa. Semplicemente dimenticati della tua testa e sentiti senza testa, non c’è assolutamente alcuna testa. Sarebbe bene che avessi nella tua camera da letto la tua fotografia senza la testa. Concentrati su di essa: sei senza testa, non permetterle di intrufolarsi. Mentre ascolti della musica, ascolta dal cuore. Senti la musica giungere al tuo cuore e lascialo vibrare con essa. Lascia che i tuoi sensi siano in connessione con il cuore, non con la testa. Provalo con tutti i sensi, e senti sempre più che ogni senso va al cuore e si dissolve in esso. “O beata, quando i sensi sono assorbiti nel cuore, raggiungi il centro del loto.” Il cuore è il loto. Ogni senso è solo l’apertura del loto, i petali del loto. Come prima cosa cerca di mettere i sensi in relazione con il cuore, poi, pensa sempre che ogni senso si sprofonda nel cuore e ne viene assorbito. Solo quando queste due cose si saranno saldamente assestate i tuoi sensi inizieranno a esserti d’aiuto: ti condurranno al cuore, ed esso diventerà un loto. Questo loto del cuore ti darà una centratura. E da lì sarà molto facile cadere nel centro dell’essere, nell’ombelico. Una volta che sarai centrato nel cuore, accadrà automaticamente. Questo sutra non ne fa neppure menzionare; non ce n’è bisogno. Se sei davvero totalmente assorbito nel cuore, e la ragione ha smesso di lavorare, cadrai giù. Dal cuore la soglia è aperta verso l’ombelico. Solo dalla testa è difficile andare verso l’ombelico, oppure se sei tra il cuore e la testa: anche in quel caso è difficile. Una volta che sei assorbito nell’ombelico, sarai caduto all’improvviso al di là del cuore, sarai caduto nel centro dell’ombelico che è quello fondamentale, quello originario. Questa è la ragione per la quale la preghiera è utile, ed è per questo che Gesù poté dire: “L’amore è Dio”. Non è del tutto esatto, ma l’amore ne è la soglia. Se sei profondamente innamorato, di chiunque: non importa di chi… importa l’amore: l’oggetto dell’amore non importa, se sei così innamorato che non c’è più alcuna relazione dalla testa, se funziona solo il cuore, questo amore diventerà preghiera e la tua amata o il tuo amante diventerà divino. In verità, l’occhio del cuore non può vedere nient’altro; questo è il motivo per il quale ciò succede anche con l’amore comune. Se ti innamori di qualcuno quel qualcuno diventa divino. Può durare poco ed è possibile che non si riveli una cosa molto profonda, ma in quel momento l’amante o l’amata diventa divino. Presto o tardi la testa distruggerà l’intera cosa, perché interverrà e cercherà di gestire tutto. Persino l’amore deve essere tenuto sotto controllo. E una volta che la testa lo tiene sotto controllo, tutto viene distrutto. Se riesce a essere innamorato senza che intervenga la gestione della testa, il tuo amore diventerà necessariamente preghiera e la tua amata diventerà la soglia. Il tuo amore ti renderà centrato nel cuore, e una volta che sei centrato nel cuore, automaticamente sprofondi nel centro dell’ombelico. La quinta tecnica di centratura: “Incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che”. Il sutra è tutto qui. Come ogni sutra scientifico, è breve, ma persino queste poche parole possono trasformare totalmente la tua vita. “Incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che”. “Mantieniti nel mezzo… “. Il Buddha sviluppò la sua intera tecnica di meditazione su questo sutra. La sua via è nota come majjhim nikai, la via di mezzo. Il Buddha dice: “Rimani sempre nel mezzo, in ogni cosa”. Un principe Shravan prese l’iniziazione: il Buddha lo iniziò al sannyas. Quel principe era un uomo raro, e quando prese il sannyas, quando fu iniziato, l’intero suo regno rimase stupefatto: nessuno riusciva a crederci, la gente non riusciva a credere che quel principe Shravan potesse diventare un sannyasin. Nessuno se l’era mai immaginato, dato che era un uomo di mondo, si abbandonava a ogni cosa, si abbandonava agli eccessi. Tutto il suo mondo erano donne e vino. Poi improvvisamente, il Buddha arrivò in città, e il principe andò a vederlo per un darshan, un incontro spirituale. Cadde ai suoi piedi e disse: “Iniziami. Lascerò questo mondo”. Quelli che erano andati con lui non erano neppure consapevoli… fu così improvviso. Dunque chiesero al Buddha: “Che cosa succede? Questo è un miracolo. Shravan non è questo tipo di uomo, e ha vissuto nel lusso sfrenato. Fino a oggi non avremmo potuto neppure immaginarci che Shravan avrebbe preso il sannyas, perciò che cosa è successo? Hai fatto qualche cosa”. Il Buddha rispose: “Non ho fatto nulla. La mente può facilmente spostarsi da un estremo all’altro. Questo è il modo di operare della mente: spostarsi da un estremo all’altro. Perciò Shravan non sta facendo nulla di nuovo. C’era da aspettarselo. Siete così sorpresi solo perché non conoscete le leggi della mente”. La mente si muove da un estremo all’altro, questo è il suo modo di operare. Capita ogni giorno: una persona che era impazzita per il denaro rinuncia a ogni cosa, diventa un fachiro nudo. Pensiamo: “Che miracolo!”. Ma non è nulla, è solo la solita legge. Non ci si può aspettare che una persona che non sia diventata pazza per il denaro vi rinunci, perché solo da un estremo puoi spostarti all’altro, proprio come un pendolo: vai da un estremo all’altro. Perciò una persona che ricercava la ricchezza, che era pazza per la ricchezza, diventerà pazza contro di essa, ma la pazzia rimarrà: questa è la mente. Un uomo che vedeva solo il sesso può darsi che diventi casto, può andare in isolamento, ma la pazzia rimarrà. Prima viveva solo per il sesso, ora vivrà solamente contro il sesso, ma l’atteggiamento, l’approccio rimane lo stesso. Perciò un brahmachari, una persona che ha fatto voto di castità, non è veramente al di là del sesso: la sua intera mente è orientata verso il sesso. E’ contrario, ma non è oltre. La via della trascendenza è sempre nel mezzo: non è mai agli estremi. Perciò il Buddha dice: “Ve lo potevate aspettare. Non si è verificato alcun miracolo. Questo è il modo in cui la mente funziona”. Shravan divenne un mendicante, un sannyasin. Divenne un bhikkhu, un monaco, e presto gli altri discepoli del Buddha non osservarono che si stava spostando all’altro estremo. Il Buddha non chiese mai a nessuno di stare nudo, ma lui se ne stava nudo. Il Buddha non vedeva di buon occhio la nudità. Disse “E’ solamente un altro estremo”. Ci sono persone che vivono per i vestiti come se quella fosse la loro vita, e ci sono altre persone che si denudano di tutto; entrambi credono nella stessa cosa. Il Buddha non insegnò mai la nudità, ma Shravan se ne stava nudo. Era l’unico discepolo del Buddha a starsene nudo. Si torturava moltissimo. Il Buddha permetteva ai sannyasin un solo pasto al giorno, ma Shravan consumava un pasto a giorni alterni. Divenne magro ed esile. Mentre tutti i discepoli si sedevano a meditare sotto degli alberi, all’ombra, lui non lo faceva mai: rimaneva sempre sotto il sole ardente. Era un bell’uomo e aveva un corpo stupendo, ma nel giro di sei mesi nessuno avrebbe potuto riconoscere in lui lo stesso uomo. S’imbruttì, divenne tetro, emaciato e si ustionò. Una notte il Buddha andò da lui e gli chiese: “Shravan, ho udito che quando eri un principe, prima dell’iniziazione, eri solito suonare la vina ed eri un grande musicista. Perciò sono venuto a farti una domanda. Se le corde della vina sono troppo lente, che cosa succede?”. Shravan rispose: “Se le corde sono troppo lente, non si può suonare”. Poi il Buddha disse: “E se le corde sono molto tese, troppo tese, che cosa succede?”. Shravan rispose: “Anche in questo caso non si può suonare. Le corde devono essere nel mezzo: né lente né tese, ma esattamente nel mezzo. E’ facile suonare la vina, ma soltanto un maestro riesce a regolare queste corde esattamente nel mezzo”. Perciò Buddha disse: “Dopo averti osservato per gli ultimi sei mesi devo dirti questo: anche nella vita la musica viene solo quando le corde non sono né troppo lente né troppo tese, ma proprio nel mezzo. Perciò rinunciare è facile, ma solo un Maestro sa come essere nel mezzo. Quindi, Shravan, sii un Maestro, e fa che queste corde della vita siano proprio nel mezzo, in ogni cosa. Non andare a questo o a quell’estremo. Ogni cosa ha due estremi, ma tu rimani proprio nel mezzo”. Ma la mente è molto incurante. Ecco perché il sutra dice: “Incurante della mente”. Lo sentirai, lo capirai, ma la mente non lo ricorderà: continuerà a scegliere gli estremi. L’estremo esercita un fascino sulla mente, perché nel mezzo essa muore. Osserva un pendolo; se hai un vecchio orologio a muro, guarda il pendolo: se va agli estremi, può continuare a muoversi tutto il giorno. Quando va a sinistra, raccoglie l’inerzia per andare a destra. Quando va a destra non pensare che stia andando verso destra. Sta accumulando inerzia per andare verso sinistra. Perciò gli estremi sono destra-sinistra, destra-sinistra. Se fermi il pendolo nel mezzo, ogni inerzia andrà perduta. Il pendolo non ha più energia, perché l’energia gli viene da uno degli estremi che lo lancia verso l’altro, poi ancora, di nuovo l’altro estremo lo spinge verso il primo, è un circolo… il pendolo continua a muoversi. Fermandolo nel mezzo, e l’intero movimento si arresterà. La mente è del tutto simile a un pendolo. Se la osservi lo riconoscerai: ogni giorno decidi una cosa a un estremo e poi ti muovi verso l’altro. Vai in collera, poi ti penti, affermi che non ti arrabbierai mai più; ma non vedi che è un estremo. “Mai” è un estremo. Com’è che sei così certo che non ti arrabbierai mai più? Che cosa stai dicendo? Ripensaci ancora; mai? Torna al passato e ricordati quante volte hai deciso: “Non mi arrabbierò mai più”. Quando lo dici, non sai che arrabbiandoti hai accumulato l’inerzia per andare all’altro estremo. Ora ti senti pentito, ti senti male. La tua autoimmagine è turbata, scossa. Ora non puoi dire che sei una brava persona, che sei un uomo religioso. Ti sei arrabbiato, e come può arrabbiarsi un uomo religioso? Come può arrabbiarsi una brava persona? Perciò ti penti per riacquistare di nuovo la tua bontà. Perlomeno ai tuoi occhi puoi sentirti a tuo agio, dato che ti sei pentito e hai deciso che ora la rabbia non ci sarà più. L’immagine scossa è ritornata al vecchio status quo. Ora ti senti a tuo agio: sei andato all’altro estremo. Ma la mente che dice: “Ora non mi arrabbierò mai più”, si arrabbierà ancora. E quando andrai di nuovo in collera, ti dimenticherai completamente del tuo pentimento, della tua decisione, di tutto. Dopo la rabbia verrà di nuovo la decisione e il pentimento, e non avvertirai mai l’inganno celato. E’ stato sempre così. La mente si sposta dalla rabbia al pentimento, dal pentimento alla rabbia. Rimani nel mezzo. Non arrabbiarti e non pentirti. Se ti sei arrabbiato, per favore, almeno fai questo: non pentirti. Non andare all’altro estremo. Rimani nel mezzo. Puoi dire: “Mi sono arrabbiato e sono un uomo cattivo, un uomo violento. Mi sono arrabbiato. Io sono così”. Ma non pentirti, non andare all’altro estremo. Rimani nel mezzo e, se riesci, non raccogliere l’inerzia, l’energia, per arrabbiarti di nuovo. Perciò questo sutra dice: “Incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che”, e cosa si intende con quel “fino a che”? Fino a quando esplodi! Tieniti nel mezzo fino a quando la mente non muore. Tenetevi nel mezzo fino a che non ci sarà più alcuna mente. Perciò, “incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che” ci sarà la nonmente. Se la mente è agli estremi, nel mezzo esisterà la nonmente. Ma questa è la cosa al mondo più difficile da fare. Sembra semplice, sembra facile; può sembrare fattibile. E ti sentirai bene se pensi che non hai più bisogno di alcun pentimento. Provaci, e poi saprai che quando ti arrabbi la mente insisterà a pentirsi. Freud dice che mariti e mogli continuano a litigare, e per secoli e secoli ci sono stati consiglieri, pedagoghi, grandi uomini che hanno insegnato come vivere e amare. Ma loro continuano a litigare. Per la prima volta Freud divenne consapevole del fenomeno che, ogni volta in cui sei innamorato, per così dire innamorato, odi anche. Al mattino c’è l’amore, la sera c’è l’odio, e il pendolo continua a muoversi. Ogni marito, ogni moglie lo sa, ma Freud ha un’intuizione disarmante: dice che se una coppia ha smesso di litigare, l’amore è morto. Quell’amore che esisteva insieme all’odio e la lotta non può rimanere, perciò, se vedi una copia che non litiga mai, non pensare che sia una coppia ideale. Significa che non c’è affatto una coppia: vivono parallelamente, non l’uno con l’altro. Sono linee parallele che non si incontrano mai, neppure per litigare. Sono entrambi da soli insieme, paralleli. La mente deve spostarsi verso l’opposto, perciò la psicologia oggi dà un consiglio migliore. Il consiglio è migliore, più profondo, più penetrante. Dice che, se veramente vuoi amare – con la mente – non devi aver paura di litigare. Devi litigare in modo autentico così che possa andare all’altro estremo dell’amore autentico. Perciò quando stai litigando con tua moglie, non evitarlo, altrimenti verrà evitato anche l’amore. Quando è ora di litigare, litiga in fondo! Poi, quando sarà sera, sarai in grado di amare: la mente avrà raccolto l’inerzia. L’amore comune non può esistere senza il litigio perché c’è un movimento della mente. Solo un amore che non sia mentale può esistere senza contrasto, ma allora si tratta di una cosa completamente diversa. Un Buddha che ama… questa è una cosa completamente diversa. Ma se un Buddha arriva ad amarti, non ti sentirai bene perché non ci sarà colpa. Sarà semplicemente dolce e dolce e dolce… e noioso, perché il pepe c’è con il litigio. Un Buddha non può arrabbiarsi, può solo amare. Tu non sentirai il suo amore perché puoi sentire solo gli opposti, riesci a sentirlo solo nel contrasto. Quando il Buddha ritornò alla sua città natale dopo dodici anni, sua moglie non lo voleva ricevere. L’intera città si radunò per riceverlo, accetto sua moglie. Il Buddha rise e disse al suo discepolo principale Ananda: “Yashodhara non è venuta. La conosco bene. Pare che mi ami ancora. E’ orgogliosa, e si sente ferita. Pensavo che dodici anni fossero un periodo di tempo abbastanza lungo e che era possibile che lei non fosse più innamorata di me, ora. Ma pare che sia ancora innamorata, è ancora arrabbiata. Non è venuta a ricevermi. Dovrò andare a casa sua”. Perciò il Buddha andò. Ananda era con lui; esisteva una condizione con Ananda. Quando Ananda prese l’iniziazione, pose una condizione al Buddha, alla quale lui accondiscese: sarebbe rimasto sempre con lui. Era un fratellastro maggiore, quindi il Buddha dovette concederglielo. Ananda lo seguì nella casa, nel palazzo, quindi il Buddha disse: “Perlomeno per questa volta, rimani in disparte e non venire con me, perché lei sarà furiosa. Sono ritornato dopo dodici anni, e all’epoca corsi via senza neppure parlarle. E’ ancora arrabbiata, perciò non venire con me; altrimenti penserà che non le voglia neppure permettere di dire qualcosa. Avrà voglia di dire molte cose, perciò lasciala essere arrabbiata. Non venire con me”. Il Buddha entrò. Naturalmente Yashodhara era un vero vulcano: entrò in eruzione, esplose. Cominciò a urlare, a piangere e a dire molte cose. Il Buddha rimase lì, aspettò, e poco a poco lei si raffreddò e si rese conto che il Buddha non aveva neppure pronunciato una sola parola. Si asciugò gli occhi e lo guardò, e il Buddha disse: “Sono venuto a dire che ho conquistato qualcosa, ho conosciuto qualcosa, ho realizzato qualcosa. Se ti raffreddi, posso darti il messaggio, la verità che ho realizzato. Ho aspettato a lungo così che tu potessi vivere una catarsi. Dodici anni sono lunghi. Devi aver accumulato molte ferite e la tua rabbia è comprensibile; me l’aspettavo. Dimostra che sei ancora innamorata di me. Ma c’è un amore al di là di questo amore, e solo per quell’amore sono ritornato a dirti qualcosa”. Ma Yashodhara non riuscì a sentire quell’amore. E’ difficile, perché è così silente. E’ così silente, è come se fosse assente. Quando la mente si ferma, accade un amore diverso. Ma non esiste nulla di opposto a quell’amore. In realtà, quando la mente si arresta, qualsiasi cosa accada non ha più nulla d’’opposto. Con la mente ci sono sempre gli estremi opposti, e la mente si muove come un pendolo. Questo sutra è meraviglioso, e con esso si possono fare miracoli. “Incurante della mente, tieniti nel mezzo – fino a che”. Perciò provaci. E questo sutra è per la vita. Non si può praticare questa tecnica di quando in quando. Sii continuamente cosciente: camminando, mangiando, nelle relazioni, in ogni situazione, resta sempre nel mezzo. Provaci, almeno, e sentirai un calma svilupparsi in te, una tranquillità insorgere dentro di te, un centro quieto nascere in te. Anche se non riuscirai a stare esattamente nel mezzo, cerca di starci. Un po’ alla volta inizierai a percepire cosa significhi “stare nel mezzo”. In ogni situazione – odio o amore, rabbia o pentimento – ricordati sempre degli estremi opposti e rimani a metà strada. Prima o poi ti imbatterai nell’esatto punto mediano. E una volta che lo avrai conosciuto, non te lo potrai più dimenticare, perché quel punto mediano è al di là della mente. Essere spirituali non significa altro che essere in questo punto mediano. Il libro dei segreti Osho 



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