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Jung & Buddismo Tantrico


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La coscienza e l'inconscio


Nel sistema di Jung e nel Buddhismo tantrico tibetano i concetti fondamentali della coscienza e dell'inconscio presentano una ampia varietà di connotazioni, per cui a volte non vengono compresi bene, facendo sorgere varie interpretazioni errate.

  1. In aggiunta a questo problema, i concetti espressi da Jung vengono spesso confusi con quelli di Freud, che invece sono molto diversi.


    Tentiamo di esporne alcuni, ben sapendo che l’indagine sarà piuttosto limitata. Una vita intera o, come direbbero i buddhisti, numerose vite di studio e di pratica forse non sarebbero sufficienti per comprendere appieno i concetti esposti da questi due sistemi di pensiero.



    Jung considera la coscienza e l'inconscio egualmente importanti. La coscienza, tuttavia, è l'“ultimo discendente della psiche inconscia”, il che significa che la prima è emersa dalla seconda.



    Ad un certo punto Jung paragona la coscienza all'Io, affermando che:




    La coscienza necessita di un centro, di un Io che sia cosciente di qualcosa. Non conosciamo alcun altro tipo di coscienza né potremmo immaginarne una che sia priva di un Io. Non può esistere alcuna coscienza, senza qualcuno che affermi “Io sono conscio”.



    Jung sostiene che la coscienza, “la piú sorprendente tra le stranezze della natura”, esiste e desidera espandersi per il semplice motivo che senza di lei “le cose procedono meno bene”.



    D'altro canto Jung parla anche di una “coscienza piú elevata”, una coscienza piú profonda e piú ricettiva che ci collega con il reame trans-personale. Illustrando con una terminologia psicologica un concetto esposto da Ignazio di Loyola, Jung sostiene che:



    La coscienza dell’uomo fu creata affinché potesse...



    riconoscere... la sua discendenza da una unità superiore...; mostrare un dovuto e diligente riguardo verso tale propria origine; eseguire i suoi dettami in modo intelligente e responsabile...; concedere quindi alla psiche, nella sua interezza, il massimo livello di vita e di sviluppo...

    Secondo Jung, i simboli della completa integrazione psichica, che risolvono e trascendono gli opposti, si potrebbero definire “coscienza”, come pure “Sé”, “Io superiore”, o in qualsiasi altro modo. Per Jung, “tutti questi termini sono solo nomi per indicare i fatti, le realtà, che sono l'unica cosa che veramente ha un valore”.


    Jung definisce l'individuazione come lo sviluppo e l'espansione della sfera della coscienza. Tuttavia egli afferma che la mente conscia occupa una posizione centrale piuttosto relativa, essendo circondata interamente dalla psiche inconscia.



    L'inconscio è l'area psichica che possiede un illimitato campo di azione.



    È “la matrice di tutte le potenzialità”, meglio raffigurata come uno stato fluido che possiede una sua esistenza e una sua funzione autonoma e indipendente.



    “L'inconscio percepisce, ha intenzioni e intuizioni, prova sensazioni e ha dei pensieri proprio come la mente conscia”.



    Jung definisce cosí i contenuti dell'inconscio:



    tutto ciò che so, ma che al momento non penso;




    • tutto ciò di cui ero cosciente ma, ma che ora ho dimenticato;
    • tutto ciò che viene percepito dai miei sensi ma che non viene annotato dalla mia mente conscia;
    • tutto ciò che, involontariamente e senza prestarci attenzione, sento, penso, ricordo, voglio e faccio;
    • tutte le cose che dentro di me stanno prendendo forma e che poi perverranno alla coscienza;

    L'inconscio quindi contiene i contenuti futuri della psiche conscia e anticipa i futuri processi consci. Ma l'inconscio contiene anche i sedimenti ancestrali accumulati da un tempo infinito.


    Per Jung, quindi, l'inconscio ha il volto di Giano: un viso è rivolto indietro, verso la preistoria, verso il mondo degli istinti primordiali, l'altro è rivolto al futuro destino dell'uomo.



    Questo è un paradosso, perché “l'inconscio viene considerato come un fattore creativo, un audace innovatore e, allo stesso tempo, come la roccaforte di un ancestrale conservatorismo”.



    Come Mercurio (personificazione dell'inconscio), è dualistico e contiene ogni aspetto della natura umana: luce e tenebra, bene o male, sovrumano e bestiale, divino e demoniaco.



    Si può considerare l'inconscio come un forziere colmo di tesori, fonte di ogni ispirazione, creatività e saggezza.



    Essendo un sistema psichico autonomo, che si esprime con il linguaggio dei simboli, svolge anche il ruolo di correggere le predisposizioni della mente conscia, compensando la sua unilateralità con una percezione piú ampia, immaginativa e non-razionale, che restaura l'equilibrio e rivela un significato piú completo. Le motivazioni inconsce spesso sono piú sagge e piú obiettive dei pensieri espressi dalla mente conscia.



    L'inconscio quindi può essere una valida guida che indica la nostra vera destinazione, una destinazione che rimane fedele al nostro vero “Sé” e che non viene falsata dai pregiudizi della mente conscia.



    Alla base della distinta coscienza individuale e dell'inconscio sottostante si trova l'inconscio collettivo, la comune eredità di tutta l'umanità e la fonte universale di ogni esistenza conscia. Nel profondo dell'inconscio collettivo non esistono differenze individuali o culturali, né alcuna separazione.



    È il reame dell'unità primordiale, della non-dualità, attraverso cui ogni individuo è in relazione con il resto dell'umanità.



    I buddhisti tibetani sostengono che la mente cosciente, quando si trova in uno stato di chiarezza privo di ostruzioni e di proiezioni - la coscienza pura -, è la radice della felicità e della liberazione, che si sperimenta come uno stato di eccelsa beatitudine. Osho zero mind