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ESPEDIENTI PER TRASCENDERE IL SOGNARE
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DOMANDE:
1
Come si fa a essere coscienti mentre si sogna?
2
Perché fare sforzi se siamo solamente attori su un palcoscenico?
Un amico ha chiesto: “Vorresti spiegarci quali sono alcuni dei fattori che possono rendere
una persona cosciente mentre sogna?”.
Per tutti coloro che sono interessati alla meditazione questa è una domanda importante,
perché in realtà la meditazione è un trascendere l’attività onirica. Tu sogni continuamente,
non solo di notte, non solo mentre sei addormentato: sogni tutto il giorno. Questo è il primo
punto da capire: quando sei sveglio stai ancora sognando. Chiudi semplicemente gli occhi
in qualsiasi momento del giorno, rilassa il corpo e sentirai che il sognare è lì. Non
scompare mai, è solo nascosto dalle nostre attività quotidiane. E’ come le stelle durante il
giorno: di notte le vedi, di giorno non ci riesci, ma loro sono sempre presenti. Vengono
solo nascoste dalla luce del sole. Se scendi in un pozzo profondo, puoi vedere le stelle in
cielo anche di giorno. Per vederle è necessaria una certa oscurità. Perciò scendi in un
pozzo profondo e guarda dal fondo, e sarai in grado di vedere le stelle anche di giorno. Le
stelle sono lì. Non è che di notte ci sono e di giorno non ci sono, sono sempre presenti. Di
notte puoi vederle facilmente, di giorno non puoi vederle perché la luce del sole diventa un
ostacolo. La stessa cosa vale per ciò che riguarda il sognare. Non è che sogni solo
quando sei addormentato. Durante il sonno puoi percepire i sogni più facilmente perché
non c’è più l’attività del giorno; perciò quell’attività interiore può essere vista e percepita.
Quando al mattino ti alzi, il sognare continua nell’interiorità, mentre cominci tu ad agire
all’esterno. Questo processo di attività, di attività quotidiana, nasconde semplicemente il
sognare: l’attività onirica è lì. Chiudi gli occhi, rilassati in poltrona e all’improvviso riuscirai
a percepirlo: le stelle sono lì, non sono andate da nessuna parte. I sogni sono sempre lì.
C’è un’attività continua. Secondo punto… Se l’attività onirica continua, non si può dire che
sei veramente sveglio. Di notte sei più addormentato, di giorno meno. La differenza è solo
relativa perché se è presente il sognare, non si può dire che tu sia veramente sveglio.
Sognare crea una pellicola sulla consapevolezza e questa pellicola diventa una specie di
fumo: ne sei circondato. Non puoi essere veramente sveglio finché sogni, sia che venga di
notte sia di giorno. Perciò questa è la seconda cosa: si può dire che sei sveglio solo
quando non c’è assolutamente attività onirica. Chiamiamo il Buddha il risvegliato. Che
cos’è questo risveglio? E’ la cessazione dell’attività onirica interiore. All’interno non c’è
alcun sogno. Ti sposti lì, ma non c’è alcun sogno. E’ come se nel cielo non ci fossero più
stelle; è diventato puro spazio. Quando non c’è più attività onirica, diventi puro spazio.
Questa purezza, questa innocenza, questa coscienza non sognante è ciò che è
conosciuto come illuminazione – il risveglio. Da secoli la spiritualità in tutto il mondo, in
Oriente come in Occidente, ha ripetuto che l’uomo è addormentato. Questo lo dice Gesù,
lo dice il Buddha, le Upanishad ne parlano: l’uomo è addormentato. Perciò quando dormi
di notte, sei solo relativamente più addormentato, durante il giorno lo sei di meno. Ma la
spiritualità dice che l’uomo è addormentato. Questo deve essere compreso. Che cosa si
intende? Gurdjieff, in questo secolo, ha enfatizzato il fatto che l’uomo è addormentato. Ha
detto: “In effetti, l’uomo è una specie di sonno. Ognuno è profondamente addormentato”.
Che ragione c’è per affermare questo? Tu non puoi sapere, non puoi ricordare chi sei. Sai
chi sei? Se incontri qualcuno per strada e gli chiedi chi sia e lui non è in grado di
rispondere, che cosa penserai? Penserai che è pazzo, drogato oppure solamente
addormentato. Se non è in grado di rispondere, che cosa penserai di lui? Sul cammino
spirituale ognuno è così: non puoi dire chi sei. Questo è il significato primario quando
Gurdjieff, Gesù o chiunque altro dice che l’uomo è addormentato; non sei cosciente di te
stesso. Non conosci te stesso, non hai mai incontrato te stesso. Conosci molte cose nel
mondo oggettivo, ma non conosci il soggetto. Il tuo stato mentale è simile a quello
prodotto quando vai a vedere un film: il film si svolge sullo schermo, e tu ne sei così
assorbito che l’unica cosa che conosci è il film, la storia, qualunque cosa appaia sullo
schermo. Se qualcuno pio ti domanda chi sei, non puoi dire nulla. Sognare è solo il film –
solo il film! E’ la mente che riflette il mondo. Il mondo è riflesso nello specchio della mente:
ecco cos’è sognare. E tu ne sei così profondamente immerso, tu ci sei identificato a tal
punto, che hai completamente dimenticato chi sei. Ecco cosa significa “essere
addormentati”: il sognatore si è perso nel sognare. Tu vedi ogni cosa accetto te stesso,
senti ogni cosa eccetto te stesso, conosci ogni cosa eccetto te stesso. Il sonno è questa
ignoranza di se stessi. A meno che l’attività onirica cessi completamente, non puoi
risvegliarti a te stesso. Forse l’hai sentito qualche volta, quando, aver guardato un film per
tre ore, improvvisamente il film finisce e tu torni in te. Ti ricordi che sono passate tre ore, ti
ricordi che è stato solo un film. Senti le tue lacrime… hai pianto perché per te il film è stato
una tragedia, oppure hai riso o hai fatto qualcos’altro, e ora ridi di te stesso. Che
sciocchezze stavi facendo! Era solo un film, solo una storia. Non c’era nulla sullo schermo
– solo un gioco di luce e ombra, solamente un gioco elettrico. Ora ridi: sei tornato in te. Ma
dov’eri durante quelle tre ore? Non eri nel tuo centro. Ti eri completamente spostato alla
periferia. Eri andato dove si svolgeva il film. Non eri nel tuo centro, non eri con te stesso.
Eri da qualche altra parte. Questo accade sognando; questa è la nostra vita. L’episodio del
film dura solo per tre ore, ma questo sognare si protrae per vite e vite. Anche se l’attività
onirica si arrestasse all’improvviso, non saresti in grado di riconoscere chi sei: d’un tratto ti
sentiresti venire meno, addirittura spaventato. Cercheresti di ritornare nel film, perché
quello lo conosci. Hai familiarità con esso, ti ci sei adattato bene. Esiste un sentiero,
soprattutto nello Zen, che è noto come un sentiero d’illuminazione improvvisa: lo si può
applicare allorché accade un arresto improvviso del sognare. Fra questi centododici
metodi ci sono tecniche, molte tecniche, che possono portarti a un risveglio improvviso,
ma può essere troppo, ed è possibile che tu non sia in grado di sopportarlo. Potresti
semplicemente esplodere, persino morire, perché sei vissuto così a lungo sognando che
non hai alcuna memoria di chi sei, se cessa il sognare. Se questo intero mondo
scomparisse all’improvviso e rimanessi solo tu, sarebbe uno shock tale che ne moriresti.
Se tutta l’attività onirica scomparisse a un tratto dalla consapevolezza, accadrebbe la
stessa cosa: il tuo mondo scomparirebbe perché il tuo mondo era la tua attività onirica. Noi
non siamo realmente nel mondo. Piuttosto, il mondo” non è fatto di cose a noi esterne, ma
dei nostri sogni. Ognuno perciò vive nel proprio mondo di sogni. Ricorda, non è di un
mondo solo che continuiamo a parlare. Lo è geograficamente, ma psicologicamente ci
sono tanti mondi quante sono le menti. Ogni mente è un mondo a sé, e se la tua attività
onirica scompare, scompare il tuo mondo: è difficile vivere senza sogni. Ecco perché
generalmente i metodi improvvisi non vengono usati; sono usati solo quelli graduali. E’
bene notare una cosa: non è che i metodi graduali siano usati perché c’è bisogno di un
processo graduale. Puoi tuffarti nella realizzazione in questo preciso istante. Non c’è
alcuna barriera, non c’è mai stata alcuna barriera. Tu sei già quella realizzazione, puoi
tuffartici in questo preciso istante. Ma ciò può dimostrarsi pericoloso, fatale: puoi non
essere in grado di sopportarlo, può essere troppo per te. Tu sei in armonia solo con sogni
falsi. Non puoi far fronte alla realtà, non puoi affrontarla. Tu sei una pianta di serra: vivi nei
tuoi sogni. Ti aiutano in molti modi e non sono solo sogni, per te sono la realtà. Non si
usano metodi graduali perché la realizzazione richiede tempo. La realizzazione non ha
bisogno di tempo! La realizzazione non ha assolutamente bisogno di tempo. La
realizzazione non è qualcosa da conseguire in futuro, ma con metodi graduali la
conseguirai in futuro. Perciò, che cosa fanno i metodi graduali? In realtà non ti aiutano a
“realizzare la realizzazione”, ma a sopportarla. Ti danno la capacità, ti rafforzano, così che
quando l’evento accadrà tu possa sopportarlo. Ci sono sette metodi tramite i quali puoi
farti strada a forza immediatamente nell’illuminazione, ma non sarai in grado di
sopportarla. Potresti diventare cieco: troppa luce. Oppure potresti morire improvvisamente:
troppa beatitudine. Come può essere trasceso questo sognare, questo profondo sonno in
cui ci troviamo? Per trascenderlo la domanda che è stata posta è significativa: “Vorresti
spiegarci quali sono alcuni dei fattori che possono rendere una persona cosciente mentre
sogna?”. Parlerò di altri due metodi. Uno l’abbiamo discusso ieri. Oggi, parlerà di altri due
metodi che sono ancora più facili. Uno è comunicare ad agire, a comportarsi, come se
l’intero mondo fosse un sogno. Qualsiasi cosa stai facendo, ricorda che questo è un
sogno. Mentre mangi, ricorda che questo è un sogno. Mentre cammini ricorda che questo
è un sogno. Mentre sei sveglio, lascia che la tua mente ricordi in continuazione che tutto è
un sogno. E’ questa la ragione per la quale il mondo viene chiamato maya, illusione,
sogno. Questo non è un argomento filosofico. Sfortunatamente, quando Shankara fu
tradotto in inglese, tedesco e francese, nelle lingue occidentali, fu riconosciuto solo come
filosofo. Questo ha creato molti fraintendimenti, In Occidente ci sono filosofi, come
Berkeley, che affermano che il mondo è solamente un sogno, una proiezione della mente.
Ma questa è una teoria filosofica, Berkeley la propone come un’ipotesi. Quando Shankara
dice che il mondo è un sogno, ciò non è filosofico, non è una teoria. Shankara lo propone
come un aiuto, come un sostegno per una particolare meditazione. E questa è la
meditazione: mentre sogni, se vuoi ricordarti che questo è un sogno, dovrai cominciare
mentre sei sveglio. Normalmente, mentre stai sognando non puoi ricordarti che questo è
un sogno; pensi che sia realtà. Come mai? Perché durante tutto il giorno pensi che ogni
cosa sia reale. Quello è diventato un atteggiamento, un atteggiamento irrigidito. Da
sveglio, stavi facendo un bagno: era reale. Da sveglio, stavi mangiando: era reale. Da
sveglio, stavi parlando a un amico: era reale. Durante tutto il giorno, per tutta la vita,
qualsiasi cosa tu stia pensando, il tuo atteggiamento è che sia reale. Questo diventa
irrigidito, questo diventa un atteggiamento irrigidito nella mente. Perciò, mentre stai
sognando di notte, continua a funzionare lo stesso atteggiamento, che questo sia reale.
Quindi cominciamo ad analizzare: ci deve essere qualche somiglianza tra il sognare e la
realtà, altrimenti questo atteggiamento sarebbe alquanto difficile. Io ti sto vedendo. Poi
chiudo gli occhi e mi sprofondo in un sogno, e ti vedo nel mio sogno. Fra le due visioni non
c’è differenza. Mentre ti sto vedendo realmente, che cosa sto facendo? La tua immagine è
riflessa nei miei occhi. Non sto vedendo te. La tua immagine è rispecchiata nei miei occhi
e quindi quell’immagine viene trasformata attraverso processi misteriosi, e la scienza non
è ancora in grado di spiegare come. Quell’immagine è trasformata chimicamente e
trasportata da qualche parte nella testa, ma la scienza non è ancora in grado di dire dove,
dove esattamente ciò accada. Non sta accadendo negli occhi: gli occhi non sono che
finestre. Io non ti sto vedendo con gli occhi. Io ti sto vedendo attraverso gli occhi. Negli
occhi tu vieni riflesso. Potresti essere solo un’immagine, potresti essere una realtà,
potresti essere un sogno. Ricorda, i sogni sono tridimensionali. Possono riconoscere
un’immagine perché è bidimensionale, i sogni però sono tridimensionali perciò appaiono
esattamente come te, e gli occhi non possono dire se quello che viene visto sia reale o
irreale. Non c’è modo per giudicare: gli occhi non sono il giudice. L’immagine viene quindi
trasformata in messaggi chimici, che sono come onde elettriche: vanno da qualche parte
nella testa. E’ ancora ignoto quale sia il punto in cui gli occhi giungono in contatto con la
superficie della visione. Solo delle onde mi raggiungono e quindi vengono decodificate, poi
io le decodifico ancora, e in questo modo so cosa sta succedendo. Io rimango sempre
all’interno, e tu sei sempre all’esterno, e non c’è punto d’incontro. Perciò è un problema
definire se sei reale o solamente un sogno. Persino in questo stesso istante, non c’è modo
per giudicare se io stia sognando o se tu sia veramente lì. Mentre mi ascolti, come puoi
dire che mi stai ascoltando realmente, che non stai sognando? Non c’è modo. Ecco
perché l’atteggiamento che mantieni tutta la giornata continua anche di notte, e quando
poi sogni lo prendi per reale. Prova a fare il contrario. Ecco cosa intende Shankara: dice
che l’intero mondo è un’illusione, che è un sognare, ricordatelo. Ma noi siamo gente
stupida. Se Shankara dice: “Questo è un sogno”, noi diciamo: “Che bisogno c’è di fare
alcunché? Se questo è solo un sogno, non c’è bisogno di mangiare. Perché continui a
mangiare e a pensare che questo sia un sogno? Non mangiare!”. Ma poi, quando senti
fame, ricordati che è un sogno. Oppure mangia, e quando senti di aver mangiato troppo,
ricorda: questo è un sogno. Ricorda che Shankara non ti sta dicendo di cambiare il sogno,
perché lo sforzo di cambiare il sogno è ancora falsamente basato sulla credenza che sia
reale, altrimenti non ci sarebbe la necessità di cambiare nulla. Shankara sta solamente
dicendo che, comunque stiano le cose, è un sogno. Ricorda: non fare nulla per cambiarlo,
semplicemente ricordatelo in continuazione. Prova a ricordare continuamente per tre
settimane che qualsiasi cosa stai facendo è un sogno. All’inizio è molto difficile. Cadrai
ripetutamente nel vecchio modello della mente: comincerai a pensare che questa sia una
realtà. Dovrai costantemente svegliare te stesso per ricordarti che “questo è un sogno”. Se
riuscirai a mantenere sempre questo atteggiamento per tre settimane, alla quarta o alla
quinta settimana, una notte, mentre starai sognando, all’improvviso ricorderai che “questo
è un sogno”. Questo è un modo per penetrare nei sogni consciamente, consapevolmente.
Se di notte, sognando, riuscirai a ricordare che questo è un sogno, di giorno non ti
occorrerà alcuno sforzo per ricordare che anche quello è un sogno. Lo saprai. All’inizio
della pratica sarà solo un far finta. Tu cominci solo credendo che… “questo è un sogno”.
Ma quando, sognando, riuscirai a ricordare che “Questo è un sogno”, diventerà una realtà
e di giorno, quando ti alzerai, non sentirai di alzarti dal sonno: sentirai solamente che ti stai
alzando da un sognare a un altro. Allora diventerà una realtà e, se tutte le ventiquattr’ore
diventeranno un sognare, e tu riuscirai a sentirlo e a ricordarlo, sarai immobile nel tuo
centro. La tua consapevolezza sarà diventata come una freccia a due punte. Percepisci i
sogni, e se percepisci i sogni come sogni, comincerai a percepire colui che sogna: il
soggetto. Se prendi i sogni per reali, non puoi percepire il soggetto. Se il film è diventato
reale, tu dimentichi te stesso. Quando il film termina e sai che era irreale, la tua realtà
irrompe, fa breccia: ora puoi percepire te stesso. Questo è un modo. Questo è stato uno
dei più antichi metodi di meditazione dell’India. Ecco perché abbiamo insistito sull’irrealtà
del mondo. Non lo intendiamo filosoficamente; non diciamo che questa casa sia irreale e
che perciò è possibile passare attraverso i muri. Non intendiamo questo! Quando diciamo
che questa casa è irreale, è un espediente. Questo non è un argomento contro la casa.
Viceversa Berkeley sostenne che il mondo intero è solo un sogno. Un giorno, al mattino,
stava passeggiando con il dottor Johnson, un realista convinto, e Berkeley disse: “Hai
sentito della mia teoria? Ci sto lavorando sopra: sento che il mondo intero è irreale, e non
può essere dimostrato che sia reale. E il compito di provarlo spetta a coloro che
sostengono che sia reale. Io dico che è irreale, proprio come i sogni”. Johnson non era un
filosofo, ma aveva una mente logica o molto astuta. Erano per strada, stavano
semplicemente passeggiando di prima mattina in una strada solitaria. Johnson raccolse
una pietra e colpì Berkeley a una gamba. Il sangue colava e Berkeley si mise a urlare.
Johnson chiese: “Perché stai urlando se è solo un sogno? Qualsiasi cosa tu dica, credi
nella realtà della pietra. Ciò che affermi è una cosa, mentre il tuo comportamento è
qualcosa di differente e contrario. Se la tua casa è solo un sogno, dove stai ritornando?
Dove stai ritornando dopo questa passeggiata? Se tua moglie è solo un sogno, non la
incontrerai più”. I realisti hanno sempre argomentato in questo modo, ma non possono
farlo con Shankara perché la sua non è una teoria filosofica. Non sta dicendo nulla
riguardo alla realtà; non sta proponendo nulla rispetto all’universo. Piuttosto, offre un
espediente per cambiare la tua mente, per cambiare l’atteggiamento irrigidito, così che tu
possa guardare al mondo in un modo diverso, completamente diverso. Questo è un
problema, un problema costante per il pensiero indiano, perché per il pensiero indiano
ogni cosa è soltanto un espediente per la meditazione: non ci preoccupiamo che sia vera
o falsa, ci preoccupiamo della sua utilità nel trasformare l’uomo. Questo è profondamente
diverso dalla mente occidentale. Quando gli occidentali propongono una teoria, si
preoccupano se sia vera o non vera, se possa essere provata logicamente oppure no.
Quando noi proponiamo qualcosa, non ci preoccupiamo della sua verità: ci preoccupiamo
della sua utilità; ci preoccupiamo della sua capacità, della sua idoneità a trasformare la
mente umana. Può essere vera, può anche non esserlo. In realtà non è né l’una né l’altra
cosa: è solamente un espediente. Fuori ho visto dei fiori. Al mattino il sole sorge o ogni
cosa è semplicemente stupenda, e tu non sei mai stato fuori, non hai mai visto dei fiori, e
non hai mai visto il sole mattutino. Non hai mai visto il cielo sconfinato; non sai che cosa
sia la bellezza. Tu hai vissuto in una prigione chiusa. Io voglio condurti fuori. Io voglio che
tu esca sotto il cielo sconfinato per incontrare questi fiori. Come posso fare? Tu i fiori non li
conosci. Se ti parlo dei fiori, pensi: “E’ impazzito. I fiori non esistono”. Se ti parlo del sole
mattutino, pensi: “E’ un visionario. Ha delle visioni e sogna. E’ un poeta”. Se ti parlo del
cielo sconfinato, riderai. Scoppierai a ridere: “Dov’è il cielo sconfinato? Ci sono solamente
mura e mura e mura”. Perciò, che cosa devo fare? Devo escogitare qualcosa che tu possa
comprendere e che ti aiuti a uscire, perciò dico che la casa ha preso fuoco e mi metto a
correre. Diventa contagioso: tu mi corri dietro ed esci. Allora saprai che quello che dicevo
non era né vero né falso: era solamente un espediente. Allora conoscerai i fiori, e potrai
perdonarmi. Il Buddha faceva proprio questo, Mahavira lo faceva, Shiva lo faceva,
Shankara lo faceva. In seguito possiamo perdonarli. Li abbiamo sempre perdonati perché,
una volta usciti, scopriamo cosa stavano facendo. E a quel punto capiamo che era inutile
argomentare con loro perché non era questione di argomentazioni. Il fuoco non c’era, ma
potevamo comprendere solo quel linguaggio. C’erano i fiori, ma noi non potevamo capire il
linguaggio dei fiori, per noi quei simboli erano senza significato. Perciò questa è una via.
Poi c’è un secondo metodo al polo opposto. Questo metodo è una polarità; il secondo è
l’altra polarità della stessa cosa. Uno consiste nel cominciare a sentire, a ricordare, che
ogni cosa è un sogno. L’altro consiste nel non pensare nulla riguardo al mondo, ma
continuare soltanto a ricordarsi che tu sei. Gurdjieff usava questo secondo metodo, che
deriva dalla tradizione sufì, dall’Islam. I sufì ci lavorarono sopra molto profondamente.
Ricorda: “Io sono”, qualsiasi cosa tu stia facendo. Stai bevendo dell’acqua, stai mangiando
il tuo cibo, ricorda: “Io sono”. Continua a mangiare e continua a ricordare: “Io sono, io
sono”. Non dimenticartene! E’ difficile perché tu pensi di sapere già di essere dunque che
bisogno c’è di continuare a ricordarlo? Tu non te lo ricordi mai, ma è una tecnica molto,
molto potente. Mentre stai camminando ricordati: “Io sono”. Lascia che ci sia il camminare,
continua a camminare, ma sii costantemente centrato in questo ricordare a te stesso: “Io
sono, io sono, io sono”. Non dimenticartene. Tu mi stai ascoltando: fallo qui. Mi stai
ascoltando: non essere così immenso, coinvolto, identificato. Qualsiasi cosa io stia
dicendo, ricordati, continua a ricordarti. C’è l’ascolto, ci sono le parole, qualcuno sta
parlando, tu sei: “Io sono, io sono, io sono”. Fa che questo “io sono” sia un fattore costante
di consapevolezza. E’ molto difficile. Tu non riesci a ricordartene neppure per un solo
minuto. Provaci. Mettiti l’orologio davanti agli occhi, e fissa le lancette che si muovono: un
secondo, due secondi, tre secondi, continua a guardarlo. Fa’ due cose, guarda il
movimento della lancetta che segna i secondi e ricordati continuamente: “Io sono, io
sono”. A ogni secondo continua a ricordarti: “Io sono”. Nel giro di cinque o sei secondi
sentirai di averlo dimenticato. All’improvviso ti ricorderai:”Sono passati diversi secondi e
non me ne sono ricordato”. Ricordarsene anche per un solo intero minuto è un miracolo, e
se ci riesci, la tecnica fa per te. Allora praticala. Per suo tramite sarai in grado di andare al
di là dei sogni e di sapere che i sogni sono sogni. Come funziona? Se per tutto il giorno
riesci a ricordarti: “Io sono”, questo penetrerà anche il tuo sonno. E quando starai
sognando, ti ricorderai continuamente: “Io sono”. Se riuscirai a farlo, all’improvviso il sogno
diventerà solo un sogno. Allora non potrà più ingannarti, non potrà più essere percepito
come realtà. Il meccanismo è questo: il sogno è percepito come realtà perché ti manca il
ricordo di te stesso: ti manca l’”io sono”. Se non c’è alcun ricordo del sé, il sogno diventa
realtà. Se non ti ricordi di te stesso, anche la realtà, la cosiddetta realtà diventa solo un
sogno. Questa è la differenza tra sogno e realtà. Per una mente meditativa, o per la
scienza della meditazione, questa è l’unica differenza. Se tu sei, l’intera realtà è solo un
sogno. Se tu non sei, sognare diventa la realtà. Nagarjuna dice: Ora io sono, perché il
mondo non è. Mentre non ero, il mondo era. Solo uno può esistere”. Ciò non significa che
il mondo sia scomparso. Nagarjuna non sta parlando di questo mondo, sta parlando del
mondo del sognare. Puoi esistere tu o possono esistere i sogni non possono esistere
entrambi. Il primo passo sarà quindi continuare a ricordare: “Io sono” costantemente,
semplicemente: “Io sono”. Non dire: “Rama”, non dire: “Shyam”. Non usare alcun nome,
perché tu non sei quello. Usa semplicemente: “Io sono”. Provalo in qualsiasi attività e poi
sentilo. Più diventi reale dentro, più il mondo circostante diventa irreale. La realtà diventa
“io”, e il mondo diventa irreale. E’ reale il mondo o è reale l’io”: non possono esserlo
entrambi. Ora tu senti di essere solo un sogno, quindi il mondo è reale. Sposta l’accento:
diventa reale e il mondo diventerà irreale. Gurdjieff lavorò continuamente con questo
metodo. Il suo discepolo principale, P:D. Ouspensky, riferisce che quando Gurdjieff stava
lavorando su di lui con questo metodo, e lui praticò per tre mesi continuamente questo
ricordarsi “io sono, io sono”, dopo tre mesi ogni cosa si fermò. Si fermarono pensieri,
sogni, ogni cosa. Dentro rimase solo una nota, come una musica eterna: “Io sono, io sono,
io sono, io sono”. Ma questo non era più uno sforzo, era un’attività spontanea che
continuava: “Io sono”. Gurdjieff chiamò allora Ouspensky fuori di casa. Era stato tenuto in
casa per tre mesi e non gli era stato permesso di uscire. Dunque Gurdjieff disse: “Vieni
con me”. Risiedevano in una città russa, Tifls. Gurdjieff lo chiamò fuori e scesero in strada
Ouspensky scrive nel suo diario: “Per la prima volta potrei capire cosa intendeva Gesù
quando diceva che l’uomo è addormentato. L’intera città mi sembrava addormentata. La
gente si spostava nel sonno; i negozianti vendevano nel loro sonno. I clienti compravano
nel loro sonno. L’intera città era addormentata. Guardai Gurdjieff: solo lui era sveglio.
L’intera città era addormentata. Si arrabbiavano, litigavano, si amavano, compravano,
vendevano, facevano di tutto”. Ouspensky dice: “Ora potevo vedere i loro volti, i loro occhi:
erano addormentati. Non erano lì. Mancava il loro centro interiore; non c’era”. Ouspensky
disse a Gurdjieff: “Non voglio tornarci più in città. Che cosa è successo alla città?
Sembrano tutti addormentati, drogati”. Gurdjieff rispose: “Non è successo niente alla città.
E’ successo qualcosa a te. Sei stato disintossicato. La città è la stessa. E’ lo stesso posto
dove andavi in giro tu tre mesi fa, ma non potevi vedere che le altre persone erano
addormentate, perché anche tu lo eri. Ora puoi vederlo perché sei giunto a una certa
qualità di consapevolezza. Ricordandoti continuamente per tre mesi: ‘io sono’, sei
diventato in minima parte consapevole. Sei diventato consapevole! Una parte della tua
consapevolezza è andata oltre il sognare. Ecco perché puoi vedere che sono tutti
addormentati, morti, che si muovono, drogati, come ipnotizzati”. Ouspensky dice: “Non
potevo sopportare quel fenomeno: tutti addormentati! Qualsiasi cosa stessero facendo non
erano responsabili. Non lo erano! Come avrebbero potuto esserne responsabili?”.
Ritornerò indietro e domandò a Gurdjieff: “Che cos’è questo? Sono forse stato ingannato
in qualche modo? Mi hai fatto qualcosa in modo da farmi apparire l’intera città come
addormentata? Non riesco a credere ai miei occhi”. Ma questo accadrà a chiunque. Se
riesci a ricordare te stesso, saprai che nessuno si ricorda di se stesso, ed è in questo
modo che ognuno continua a muoversi. L’intero mondo è addormentato. Comincia perciò
mentre sei sveglio. In qualsiasi momento te ne ricordi, comincia: “Io sono” Non intendo che
tu debba ripetere le parole “io sono”, piuttosto devi averne la sensazione. Mentre fai il
bagno, senti: “Io sono”. Lascia che ci sia la sensazione della doccia fredda e tu stattene in
disparte, sentendola e ricordando: “Io sono”. Ricorda, non ti sto dicendo di ripetere
verbalmente: “Io sono”. Puoi ripeterlo, ma quella ripetizione non ti darà consapevolezza.
Anzi, la ripetizione può creare più sonno. Ci sono molte persone che ripetono molte cose.
Continuano a ripetere: “Rama, Rama, Rama…” e, se lo stanno ripetendo senza
consapevolezza, questo “Rama, Rama, Rama…” diventa una droga. Grazie a quella
ripetizione possono dormire bene. Ecco perché il Mahesh Yogi ha tanto successo in
Occidente: perché dà dei mantra da ripetere. E in Occidente dormire è diventato uno dei
problemi più seri. Il sonno è estremamente turbato. Il sonno naturale è scomparso.
Riuscite a dormire solo con tranquillanti e medicine. Altrimenti il sonno è diventato
impossibile. E’ questa la ragione del fascino del Mahesh Yogi: se ripeti costantemente
qualcosa, quella ripetizione ti dà un sonno profondo; ecco tutto. Perciò la cosiddetta
meditazione trascendentale non è altro che un tranquillante psicologico. Non è nulla, è
solo un tranquillante. Aiuta, ma è buona per dormire, non per la meditazione. Potrai
dormire bene, vivrai un sonno più sereno. Va bene, ma non è assolutamente meditazione.
Se ripeti costantemente una parola, ciò crea una certa noia, e la noia va bene per dormire.
Dunque qualsiasi cosa monotona, ripetitiva, può aiutare il sonno. Il bambino nel ventre
materno dorme continuamente per nove mesi, e forse non ne conosci il motivo. L’unica
ragione è il “tic-toc, tic-toc” del cuore della madre. C’è il battito continuo, il battito cardiaco:
è una delle cose più monotone al mondo. Con lo stesso battito che continuamente si
ripete, il bambino viene drogato. Continua a dormire. Ecco perché tutte le volte che il
bambino piange, strilla e crea problemi, la madre pone il capo del piccolo vicino al suo
cuore. Allora all’improvviso si sente bene e sprofonda nel sonno. Anche questo è dovuto al
battito cardiaco. Lui ridiventa una parte del ventre. Ecco perché, anche se non sei un
bambino, se tua moglie o la tua amata poggia la tua testa sul suo cuore, ti sentirai
assonnato a causa del battito monotono. Gli psicologi suggeriscono questo, se non riesci
a dormire, concentrati sull’orologio. Concentrati semplicemente sul “tic-toc, tic-toc”
dell’orologio: ripete il battito cardiaco e tu potrai addormentarti. Qualunque cosa che sia
ripetitiva ti aiuterà. Perciò questo “io sono”, il ricordarsi che “io sono”, non è un mantra
verbale. Non deve essere ripetuto verbalmente. Percepiscilo! Sii sensibile al tuo essere.
Quando tocchi la mano di qualcuno non toccare solo la sua mano, senti anche il tuo
toccare, senti anche te stesso senti che tu sei qui in questo contatto, totalmente presente.
Mentre mangi, non mangiare solamente: senti anche te stesso che sta mangiando. Questo
sentire, questa sensibilità deve penetrare sempre più profondamente nella tua mente. Un
giorno, all’improvviso, tu sei sveglio nel tuo centro, funzionante per la prima volta. E allora
l’intero mondo diventa un sogno, e puoi sapere che il tuo sognare è solo un sognare. E,
una volta che lo sai, il sognare si arresta: può continuare solo se è sentito come reale, è
fermato se è sentito come irreale. E una volta che il sognare si arresta in te, sei un uomo
diverso. L’uomo vecchio è morto; l’’uomo dormiente è morto. Non sei più l’essere umano
che eri: per la prima volta diventi consapevole, per la prima volta, nell’intero mondo che è
addormentato, tu sei sveglio. Diventi un Buddha, un risvegliato. Con questo risveglio non
c’è più miseria, dopo questo risveglio non c’è più morte, per mezzo di questo risveglio non
c’è più paura. Per la prima volta diventi libero da tutto. Essere liberi dal sonno, essere
liberi dal sognare, significa essere liberi da tutto. Ottieni la libertà. L’odio, la rabbia, l’avidità
scompaiono. Tu diventi solo amore. Non amante: diventi solo amore! Ancora una
domanda, ed è simile alla precedente: “Se noi tutti siamo attori in una rappresentazione
che è già stata scritta, come può la meditazione trasformarci senza che la
rappresentazione contenga un capitolo sulla nostra trasformazione in un determinato
momento? E se c’è davvero un capitolo del genere che aspetta di rivelarsi,
perché dunque meditare? Perché fare sforzi?”.
L’interrogativo è lo stesso: contiene lo stesso errore. Io non sto dicendo che ogni cosa è
determinata. Non sto proponendo questo come una teoria per spiegare l’universo. E’ un
espediente. L’India ha sempre lavorato con questo espediente del fato. Con ciò non
s’intende che ogni cosa sia predeterminata. Non s’intende affatto questo! L’unica ragione
per proporlo è che, se si considera ogni cosa come predeterminata, tutto diventa un
sogno. Se prendi le cose in questo modo, se credi in questo modo – che ogni cosa è
predeterminata, che, per esempio, morirai in un certo giorno – tutto diventa un sogno. Non
è determinato! Non è fissato! Nessuno è tanto interessato a te, e l’universo è
completamente inconsapevole di te e del momento della tua morte. E’ una cosa così
insignificante: la tua morte è irrilevante per l’universo. Non pensare di essere così
importante che l’intero universo determini il giorno della tua morte – l’ora, il minuto, il
momento – no! Tu non sei il centro. Per l’universo non fa differenza che tu ci sia o meno.
Ma questo errore continua a lavorare nella mente: è creato nell’infanzia e diventa
inconscio. Nasce un bambino. Al mondo non può dare niente, ma deve invece prendere
molte cose. Non può ripagare, non può ricambiare. E’ così impotente, è assolutamente
inerme. Avrà bisogno di cibo, d’amore, di un riparo, di calore. Gli si deve dare tutto. Un
bambino nasce assolutamente indifeso, in particolare il cucciolo dell’uomo. Nessun
animale è così inerme, ecco perché nessun animale crea una famiglia. Non ce n’è
bisogno! Ma il bambino dell’uomo è così indifeso, così assolutamente indifeso, che non
può esistere senza che ci sia una madre a proteggerlo, un padre, una famiglia, una
società. Da solo no potrebbe esistere: morirebbe immediatamente. E’ assolutamente
dipendente! Avrà bisogno d’amore, di cibo, di ogni cosa e pretenderà tutto. E la madre
provvederà, il padre provvederà, la famiglia provvederà. Il bambino comincia a pensare di
essere il centro del mondo intero. Gli deve venire fornita ogni cosa, deve solo pretendere.
E’ sufficiente pretendere: non c’è bisogno di alcuno sforzo. Perciò il bambino comincia a
pensare a se stesso come se fosse il centro, e che ogni cosa ruoti semplicemente intorno
a lui, per lui. L’intera esistenza sembra essere stata creata per lui. L’intera esistenza stava
aspettando che arrivasse lui e pretendesse, e ogni bisogno sarebbe stato soddisfatto.
Questa è una necessità, che le sue pretese vengano soddisfatte; altrimenti morirebbe. Ma
questa necessità diventa molto pericolosa. Il bambino cresce con questo atteggiamento:
“Io sono il centro”. Pian piano comincerà a pretendere di più. Le pretese di un bambino
sono molto semplici, possono essere soddisfatte, ma via via che il bambino crescerà,
diventeranno sempre più complesse. A volte non sarà possibile provvedere a esse,
soddisfarle. A volte sarà assolutamente impossibile. Potrebbe pretendere la luna o chissà
che altro… Più crescerà, e più le sue pretese diventeranno complesse, impossibili. Quindi
subentrerà la frustrazione, e il bambino comincerà a pensare di essere ingannato. Aveva
dato per scontato di essere il centro del mondo. Adesso sorgeranno problemi, e
progressivamente sarà detronizzato. Quando diventa adulto sarà completamente
detronizzato. Allora saprà di non essere il centro. Ma in profondità la sua mente inconscia
continua a pensare come se lui fosse il centro. Le persone vengono da me e mi
domandano se il loro destino è determinato. Stanno domandando se sono davvero così
importanti, così essenziali per questo universo, al punto che il loro fato deve venire
stabilito in anticipo. “Qual è il mio scopo? Mi chiedono. “Perché sono stato
creato?”.Questa assurdità infantile che tu sei il centro crea domande come: “Per quale
scopo sono stato creato?. Tu non sei stato creato per uno scopo, ed è un bene, altrimenti
non saresti che una macchina. Una macchina viene creata per uno scopo. L’uomo non è
creato per uno scopo, per qualcosa, niente affatto! L’uomo è solamente la creazione
effondente, straripante. Ogni cosa semplicemente è. Ci sono i fiori, ci sono le stelle e ci sei
tu. Ogni cosa è solamente uno straripamento, una gioia, una celebrazione dell’esistenza
senza alcun scopo. Ma questa teoria del fato, della predeterminazione, è ciò che crea i
problemi, perché noi la prendiamo come una teoria. Noi pensiamo che ogni cosa sia
determinata, mentre invece niente lo è. Ebbene questa tecnica lo usa come espediente.
Quando diciamo che ogni cosa è predeterminata, non viene detto come se fosse una
teoria. Lo scopo è questo: se prendi la vita come un dramma, predeterminato, allora
diventa un sogno. Per esempio, se avessi saputo che in questo giorno, questa sera, io vi
avrei parlato, e che le parole che avrei dovuto pronunciare sono predeterminate, e che
tutto è stabilito al punto che nulla può venire cambiato, che non posso pronunciare
neppure una sola parola nuova, allora improvvisamente questo processo non si riferirà più
a me, per nulla, in quanto non sono la fonte dell’azione. Se ogni cosa è determinata e se
ogni parola deve essere pronunciata dall’universo stesso o da Dio o da qualsiasi nome tu
scelga, allora io non ne sono più la fonte. Posso diventare un osservatore, un semplice
osservatore. Se pensi che la vita sia predeterminata, puoi osservarla, allora non ne vieni
coinvolto. Se sei un fallimento, era predeterminato; se sei un successo, era
predeterminato. Se sono entrambi predeterminati, entrambi assumono lo stesso valore,
diventano sinonimi. Uno è Ravana, l’altro è Rama, e ogni cosa è predeterminata. Non è
necessario che Ravana si senta in colpa, e non è necessario che Rama si senta
superiore. Ogni cosa è predeterminata, perciò tu sei solo un attore, sei su un palcoscenico
e stai recitando solo una parte. L’espediente è darti la sensazione che stai recitando una
parte, darti la sensazione che quello che stai seguendo è solo un modello predeterminato,
darti questa sensazione così che tu possa trascenderla; ecco l’espediente! E’ molto
difficile perché noi siamo abituati a pensare al fato come a una teoria; non solo come a
una teoria, ma come a una legge. Non possiamo comprendere l’atteggiamento che
considera queste leggi e teorie come espedienti. Ora ve lo spiego. Un esempio sarà
d’aiuto. Ero in una città e venne da me un uomo: era un musulmano. Io però non lo
sapevo, non ne ero consapevole, e lui era vestito in modo da sembrare un hindu. Non solo
sembrava hindu, ma anche il suo modo di parlare sembrava tipicamente hindu: non era il
tipo musulmano. Mi fece una domanda. Disse: “I musulmani, i cristiani dicono che c’è una
vita sola. Gli hindu, i buddisti, i giainisti dicono che ci sono molte vite, una lunga sequenza
di vite e che, a meno che la persona sia liberata, si continua a rinascere ancora e di
nuovo. Ebbene, tu cosa dici? Se Gesù era un illuminato doveva pur saperlo, e anche
Maometto, o Mosè, se erano illuminati, devono averlo saputo che ci sono molte vite e non
solo una. E se tu dici che hanno ragione, che dire allora di Mahavira, di Krishna, del
Buddha e di Shankara? Una cosa è certa non possono essere tutti illuminati. “Se ha
ragione il cristianesimo, allora il Buddha ha torto, Krishna ha torto e Mahavira ha torto. E
se hanno ragione Mahavira, Krishna e il Buddha, allora Maometto, Gesù e Mosè hanno
torto, Spiegami dunque. Sono molto perplesso; sono in un garbuglio, confuso. E non
possono avere entrambi ragione. Come è possibile? Ci sono molte vite o ce n’è una sola.
Come possono avere ragione entrambi?”. Era un uomo molto intelligente e aveva studiato
molto, perciò disse: “Non puoi limitarti a evadere la domanda e dire che hanno entrambi
ragione. Non è possibile”. Ma io gli risposi: “Non è necessario che sia così. Il tuo approccio
è assolutamente sbagliato. Sono entrambi degli espedienti. Nessuno dei due ha ragione e
nessuno dei due ha torto. Sono entrambi degli espedienti”. Gli fu impossibile capire cosa
intendesse con espediente. Maometto, Gesù e Mosè stavano parlando a un certo tipo di
mente, e il Buddha, Mahavira, Krishna parlavano a una mente molto diversa. In verità ci
sono due religioni che sono la fonte delle altre: quella hindu e quella ebraica. Perciò tutte
le religioni nate dall’India, tutte le religioni nate dall’induismo, credono nella rinascita, in
molte rinascite, e tutte quelle sorte dal pensiero ebraico – Islam, cristianesimo – credono
in una sola vita. Questi sono due espedienti. Cerca si comprenderlo. Dato che la nostra
mente è irrigidita, noi prendiamo le cose per teorie e non per espedienti. Perciò molte volte
la gente viene da me e mi chiede: “Un giorno dici che è giusto questo, e un altro giorno
dici che è giusto quello, non possono essere giuste entrambi le cose”. Naturalmente, non
possono essere giuste entrambe le cose, ma nessuno sta dicendo che lo siano. Io non mi
occupo di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, mi interessa solo che l’espediente
funzioni. In India usano questo espediente delle molte vite. Perché? Ci sono molti motivi.
Tutte le religioni nate in Occidente, in particolare dal pensiero ebraico, erano religioni di
gente povera. I loro profeti non erano colti. Gesù non era colto, Maometto non era colto,
Mosè non lo era. Erano tutti poco colti, per nulla sofisticati, semplice e parlavano a masse
che non erano per niente sofisticate, che erano povere. Nessuno era ricco. Per un uomo
povero, una vita è più che sufficiente, più che sufficiente! Sta morendo di fame. Se gli dici
che ci sono un’infinità di vite, che continuerà a rinascere sempre e di nuovo, che si
muoverà in una ruota di mille e una vita, quel poveraccio si sentirà solamente frustato.
Chiederà: “Che cosa stai dicendo? Una vita è fin troppo, quindi non parlare di mille e una
vita, di un milione di vite. Non dire questo. Dacci il paradiso subito dopo questa vita,
immediatamente”. Dio diventa una realtà solo se può essere raggiunto dopo questa vita,
immediatamente. Il Buddha, Mahavira, Krishna parlavano a una società molto ricca. Oggi
è diventato difficile comprenderlo perché l’intera ruota si è girata. Ora l’Occidente è ricco
ed è l’Oriente a essere povero. A quei tempi era l’Oriente era ricco e l’Occidente era
povero. Tutti gli avatar hindu, tutti i tirthankara, i Maestri del mondo dei guaina, tutti i
Buddha, i risvegliati, erano principi, appartenevano a famiglie reali, erano colti, educati,
sofisticati e raffinati sotto ogni punto di vista. Non puoi rendere un Buddha più raffinato,
Era assolutamente fine, colto, educato. Non gli si sarebbe potuto dare nulla di più. Anche
se il Buddha venisse oggigiorno, non gli si potrebbe dare nulla di più. Perciò essi
parlavano a una società ricca. Ricorda, in una società ricca ci sono problemi differenti: il
piacere non ha senso, il paradiso è senza senso. In una società povera, il paradiso ha
molto senso. Se la società sta già vivendo in paradiso, il paradiso non ha più senso, perciò
non puoi proporlo, non puoi creare il desiderio di fare qualcosa per ottenere il paradiso: ci
sono già… e si annoiano. Perciò il Buddha, Mahavira, Krishna non parlano del paradiso.
Parlano di libertà. Non parlano di un piacere aldilà, ma di un mondo trascendente dove
non esiste né dolore né piacere. Il paradiso di Gesù non li avrebbe di certo attratti: c’erano
già. E, in secondo luogo, il vero problema per un uomo ricco è la noia. Per un uomo
povero il problema è la sofferenza. Per un uomo ricco il problema non è la sofferenza, il
problema è la noia. È annoiato di tutti i piaceri. Mahavira, il Buddha e Krishna usarono
questa noia, e dissero: “Se non fate nulla dovrete rinascere sempre e di nuovo. Questa
ruota si muoverà. Ricordate, si ripeterà la stessa vita. Lo stesso sesso, la stessa
ricchezza, lo stesso cibo, gli stessi palazzi sempre e di nuovo: per mille e una volta vi
muoverete in una ruota”. Per un uomo ricco che ha conosciuto tutti i piaceri questa
ripetizione non è una buona prospettiva, Il problema è la ripetizione. Per lui la sofferenza è
quella. Vuole qualcosa di nuovo e Mahavira e il Buddha dicono: “Non c’è niente di nuovo.
Questo mondo è vecchio. Non c’è niente di nuovo sotto i cieli, ogni cosa è solamente
vecchia. Avete già provato tutte queste cose e continuerete a provarle. Siete in una ruota
che gira. Andate oltre; fate un salto fuori dalla ruota”. Un uomo ricco può orientarsi verso la
meditazione solo se riesce a creare un espediente che intensifichi la sua sensazione di
noia a un uomo povero stai dicendogli parole senza senso. Un uomo povero non è mai
annoiato, mai! Solo un uomo ricco si annoia. Un uomo povero non si annoia mai: sta
sempre pensando al futuro. Qualcosa succederà e tutto andrà a posto. L’uomo povero ha
bisogno di una promessa, ma la promessa diventa senza senso se è a lunga scadenza;
deve essere immediata. Si racconta che Gesù disse: “Durante la mia vita, durante la
vostra vita, vedrete il regno di Dio”. Quell’affermazione ha perseguitato l’intero
cristianesimi per venti secoli, perché Gesù affermò: “Durante la vostra vita,
immediatamente, vedrete il regno di Dio”, e il regno di Dio non è ancora arrivato, quindi
che cosa intendeva? E disse: “Presto ci sarà la fine del mondo, perciò non perdete tempo!
Il tempo è poco”. Gesù disse: “C’è pochissimo tempo. E’ sciocco sprecarlo.
Immediatamente ci sarà la fine del mondo e voi dovrete rispondere delle vostre azioni,
perciò pentitevi”. Gesù creò una sensazione d’urgenza attraverso il concetto di una sola
vita. Sapeva, come sapevano anche il Buddha e Mahavira; qualsiasi cosa loro sapessero
non è detta, si conosce ciò che escogitarono: questo era un espediente al fine di creare
immediatezza, urgenza, per indurvi ad agire. L’India era un paese antico, ricco. Di urgenza
in promesse per il futuro non se ne parlava neppure. Per creare un’urgenza c’era un solo
modo possibile, cioè creare più noia. Se un uomo sente che dovrà rinascere sempre e di
nuovo, ancora e ancora, infinitamente, ad infinitum, immediatamente si fa avanti e chiede:
“Come faccio a liberarmi da questa ruota? Questo è troppo. Ora non ce la faccio a
continuare perché ho già conosciuto tutto ciò che era possibile conoscere. Se questo deve
essere ripetuto, è un incubo. Non voglio ripeterlo, voglio qualcosa di nuovo”. Perciò il
Buddha e Mahavira dicono: “Non c’è nulla di nuovo sotto il cielo. Ogni cosa è vecchia ed è
una ripetizione. E avete ripetuto per molte e molte vite e continuerete a ripetere per molte
e molte vite. Fuggite questa ripetizione. Fuggite la vostra noia e fate un salto”.
L’espediente è diverso, ma lo scopo è lo stesso. Fai un salto! Muoviti! Trasforma te stesso!
Qualsiasi cosa tu sia trasforma te stesso. Se prendiamo le affermazioni religiose per
espedienti, non c’è alcuna contraddizione. Quindi Gesù e Krishna, Maometto e Mahavira
intendono tutti la stessa cosa. Creano percorsi differenti per gente diversa, tecniche
differenti per menti diverse, attrattive differenti per atteggiamenti diversi. Ma questi non
sono principi per i quali si debba lottare e discutere: sono espedienti che devono essere
usati, trascesi e gettati.
Basta per oggi. Il libro dei segreti Osho