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Colui che osserva non è il testimone Il libro dei segreti Osho

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L'osservatore e la cosa osservata sono due aspetti dell'essere testimone. Quando essi scompaiono l'uno nell'altro, quando si fondono l'uno nell'altro, quando diventano una cosa sola, per la prima volta il testimone affiora nella sua totalità. Ma in molti nasce un interrogativo, in quanto essi pensano che il testimone sia colui che osserva. Nelle loro menti, l'osservatore e il testimone sono sinonimi. È un falso: l'osservatore non è il testimone, ma solo una parte. E quando la parte si considera il tutto, nasce l'errore. L'osservatore indica la parte soggettiva, e la cosa osservata quella oggettiva: osservatore è ciò che è esterno alla cosa osservata, e questa indica ciò che è all'interno. L'esterno e l'interno non possono essere separati: sono uniti, possono solo esistere in quanto unità. Quando questa unità, o meglio questa unione, viene sperimentata, sorge il testimone. Non si può coltivare il testimone. In questo caso non si farà che coltivare l'osservatore, e questi non è il testimone. Che fare, dunque? Ci si deve fondere, ci si deve dissolvere. Mentre guardi una rosa, dimentica completamente che esiste un oggetto visto e un soggetto che guarda. Lascia che la bellezza del momento, la benedizione del momento, travolgano entrambe \ le cose, così la rosa e tu non siete più separati; diventate i un solo ritmo, un canto, un'unica estasi. Quando ami, quando esperimenti la musica, quando osservi un tramonto, lascia che questo si ripeta. Più si ripete, meglio è, poiché non si tratta di un'arte ma di un trucco. Devi solo capirlo, e quando lo hai capito lo puoi mettere in atto ovunque, in qualsiasi momento. Quando sorge il testimone, non esiste nessuno che fa il testimone e non esiste una cosa di cui si ha testimonianza. È uno specchio limpido, che non rispecchia nulla. Perfino dire che si tratta di uno specchio, non è giusto; sarebbe meglio dire che si tratta di un rispecchiare. E meglio dire che si tratta di un processo dinamico di fusione e dissolvenza; non è un fenomeno statico, è un flusso. La rosa ti raggiunge e tu entri in lei: è una condivisione dell'essere. Non pensare che il testimone sia colui che osserva: non lo è. L'osservazione può essere praticata, l'essere testimone accade. L'osservazione è una sorta di concentrazione, e l'osservare ti mantiene separato. L'osservatore darà risalto al suo ego, lo rafforzerà. Più diventi un osservatore, più ti senti simile a un'isola, separato, distaccato, distante. Nel corso dei secoli, i monaci di tutto il mondo hanno praticato l'esercizio dell'osservazione. Possono anche averlo chiamato il testimone, ma non lo è. Il testimone è qualcosa di totalmente diverso, di qualitativamente diverso. Si può praticare l'osservazione, la si può coltivare; la si può migliorare con l'esercizio. Gli scienziati osservano, i mistici sono testimoni. La scienza si basa sull'osservazione: è un'osservazione estremamente penetrante, affilata, acuta, nulla deve sfuggirle. Tuttavia, lo scienziato non arriva a conoscere Dio. Sebbene la sua osservazione sia estremamente abile, rimane inconsapevole di Dio. Non lo incontra mai; al contrario, arriva a negarne l'esistenza, poiché più osserva — e la scienza si fonda interamente sull'osservazione — più diventa separata dall'esistenza stessa. Ogni collegamento si spezza e sorgono mura; lo scienziato resta prigioniero del proprio ego. Il mistico testimonia. Ma ricorda: si tratta di un evento, è una conseguenza. Una conseguenza dell'essere totale in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione, in qualsiasi esperienza. La totalità è la chiave: dalla totalità sorge la benedizione della testimonianza. Dimentica l'osservazione: non farà che darti informazioni più accurate sul soggetto osservato, ma ti lascerà completamente ignaro della tua consapevolezza.