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REALIZZARE IL PROPRIO SE' E' UN BISOGNO FONDAMENTALE



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L’uomo è nato come potenzialità: non è un’attualità, è solo potenziale. L’uomo è nato come possibilità, non come attualità. Può diventare qualcosa. Può realizzare come non realizzare le sue potenzialità. Può sfruttare come non sfruttare l’opportunità e la natura non ti costringe a realizzarti. Sei libero. Puoi scegliere di realizzarti come di non fare nulla al riguardo.
L’uomo nasce come seme. Quindi, nessuno è nato già realizzato, ma solo con la possibilità della realizzazione. Se le cose stanno così la realizzazione del Sé diventa un bisogno fondamentale, perché se non sei realizzato, se non diventi ciò che puoi essere o ciò che sei destinato a essere, se il tuo destino non si compie, se non ti realizzi, se il tuo seme non diventa un albero realizzato, sentirai che ti manca qualcosa. E tutti lo sentono. Questo senso di mancanza in realtà è dovuto al fatto che non ti sei ancora realizzato. In realtà non è che a mancarti sono le ricchezze o una posizione, il prestigio o il potere. Anche se ti venisse dato tutto ciò che chiedi – ricchezze, potere, prestigio, qualunque cosa – avresti questa impressione costante che manchi qualcosa dentro di te, perché questo “qualcosa che manca” non ha alcun rapporto con ciò che è esterno: riguarda la tua crescita interiore.
Perciò realizzazione del Sé significa che una persona è diventata quello che doveva essere: era nata come seme e ora è fiorita. Non appena senti che tutte le tue potenzialità si sono attuate, sentirai anche l’apice della vita, dell’amore, dell’esistenza stessa.  La realizzazione del Sé diventa un’esperienza culminante, e solo un individuo realizzato può vivere esperienze culminanti. Allora qualsiasi cosa tocchi, qualsiasi cosa faccia o non faccia – anche il semplice esistere – per lui è un’esperienza culminante, il semplice esistere è beatitudine. Perciò la beatitudine non riguarda nulla di esterno, è solamente una conseguenza della crescita interiore.
Un Buddha è un individuo che ha realizzato se stesso: questa è la ragione per la quale raffiguriamo il Buddha, Mahavira e altri – in sculture, in pitture e in qualsiasi raffigurazione – che siedono su un loto pienamente sbocciato. Questo loto pienamente sbocciato è il culmine della fioritura interiore.
Questa fioritura interiore produce una radiosità, una rugiada di beatitudine che emana costantemente da loro. Basta andare sotto la loro ombra, avvicinarsi a loro, per sentirsi avvolti dal silenzio.
La realizzazione del Sé è il bisogno fondamentale, e quando dico fondamentale, intendo che ti sentiresti incompiuto anche se tutti i tuoi bisogni venissero soddisfatti, tutti accetto questo. Se, al contrario, accadesse la realizzazione del Sé senza che si compisse nient’altro, sentiresti comunque un profondo, totale compimento. Questa è la ragione per la quale il Buddha era un mendicante, eppure un imperatore.
In realtà, un individuo che abbia realizzato se stesso diventerà privo di desideri. Ricordati di questo: in genere diciamo che, se diventi privo di desideri, conoscerai te stesso. Ma è più esatto il contrario: se conosci te stesso diventerai privo di desideri. E l’accento del Tantra non è sull’essere senza desideri, ma sull’avere realizzato se stessi. Da questo consegue l’assenza di desideri. Desiderio significa che non sei realizzato interiormente. Se ricerchi uno stato di beatitudine senza desideri attraverso dei desideri, non arriverai da
nessuna parte. Ma se provi qualcos’altro – metodi per la realizzazione del Sé, per realizzare la tua potenzialità interiore, per attuarla – quanto più ti realizzerai tanto meno desidererai, perché, in realtà, desideri perché sei interiormente vuoto.
Che cosa si deve fare per realizzare il Sé? Ci sono due cose da capire.
La prima: realizzazione del Sé non significa che, se diventi un grande pittore, un grande musicista o un grande poeta avrai realizzato te stesso. E’ ovvio che una parte di te sarà realizzata, e anche questo dà una grande soddisfazione. Se hai il talento per diventare un buon musicista, e se lo metti a frutto e diventi musicista, una parte di te sarà compiuta – ma non la totalità. Sarai in uno squilibrio: una parte sarà cresciuta e il resto sarà rimasto come una pietra appesa al tuo collo. Guarda un poeta. Quando è in vena poetica sembra un Buddha: dimentica se stesso completamente. E’ come se nel poeta l’uomo comune non ci fosse più. Perciò quando un poeta è in vena, ha una vetta – una vetta parziale. E a volte i poeti hanno visioni fugaci che accadono solo a menti illuminate, come quella del Buddha. Un poeta può parlare come un Buddha. Per esempio Kahlil Gibran: parla come un Buddha, ma non è un Buddha. E’ un poeta, un grande poeta. Parla dell’amore in un modo talmente meraviglioso che, forse, neppure un Buddha potrebbe farlo. Ma un Buddha conosce l’amore con l’intero suo essere. Kahlil Gibran conosce l’amore quando è trasportato dalla poesia. Quando vola, sulla ali della poesia ha delle visioni fugaci dell’amore, intuizioni meravigliose, e le ha espresse con rara penetrazione. Il poeta e l’uomo sono separati, remoti l’uno dall’altro. Il poeta sembra essere qualcosa che talvolta capita a quest’uomo, ma quest’uomo non è il poeta. Questa è la ragione per la quale i poeti sentono che, quando stanno creando della poesia, è qualcun altro che la sta creando, non sono loro. Si sentono come se fossero diventati veicoli di qualche altra energia, di qualche altra forza. Loro non ci sono più. In realtà hanno questa sensazione perché si è realizzata solo una parte, un frammento di loro, non la totalità.  Se un poeta si sente realizzato, avrà delle visioni fugaci – delle visioni fugaci e parziali. Se un musicista si sente realizzato, avrà delle visioni fugaci. E’ per questo che i poeti, i musicisti, i grandi artisti, la gente creativa sono più tesi: perché hanno due tipi di essere. L’uomo comune non è così teso perché vive sempre in un solo: vive sulla terra; mentre i poeti, i musicisti, i grandi artisti saltano, vanno al di là della gravità. In certi momenti non sono più su questa Terra, non fanno più parte dell’umanità.
Quando parlo di realizzazione del Sé, non intendo che devi diventare un grande poeta o un grande musicista. Intendo che devi diventare un uomo totale. Non dico un grande uomo perché un grande uomo è sempre parziale. La grandezza in qualcosa è sempre parziale. Una persona continua incessantemente a muoversi in una direzione sola, e rimane la stessa in tutte le altre, è sbilanciata. Quando dico di diventare un uomo totale non intendo che tu diventi un grande uomo, ti dico: “Crea un equilibrio, sii centrato, sii realizzato come uomo – non come musicista, non come poeta, non come artista, sii realizzato come uomo”.
Che cosa significa essere compiuti come uomini? Che cos’è l’uomo totale? Che cosa si intende con essere un uomo intero, un uomo totale? Innanzitutto significa ESSERE CENTRATI, non esistere senza un centro. In questo istante sei qualcosa e l’istante successivo sei qualcos’altro. Le persone vengono da me e in genere chiedo loro: “Dov’è che sentite il vostro centro – nel cuore, nella mente, nell’ombelico – dove? Nel centro sessuale? Dove? Dov’è che sentite il vostro centro?”. Di solito rispondono: “A volte lo sento nella testa, altre nel cuore, altre ancora non lo sento affatto”. Quindi dico loro di chiudere gli occhi di fronte a me e di percepirlo proprio in quell’istante. Nella maggioranza dei casi succede che dicano: “Proprio ora, per un attimo, sento di essere centrato nella testa”. Ma l’istante dopo non sono più lì. Dicono: ”Sono nel cuore”. E un momento dopo il centro è già fuggito via, è altrove, nel centro sessuale o da qualche altra parte. In realtà non sei centrato, lo sei solo momentaneamente. Ogni istante ha il suo centro, perciò tu continui a muoverti.  Un uomo totale è centrato: qualunque cosa stia facendo, rimane nel centro. Se è la sua mente a funzionare, sta pensando. Il pensare si svolge nella testa, ma lui rimane centrato nell’ombelico; il centro non gli manca mai. Usa la testa, ma non si trasferisce mai nella testa. Usa il cuore, ma non si trasferisce mai nel cuore. Tutte queste cose diventano strumenti, e lui resta centrato.
In secondo luogo, un uomo totale è in EQUILIBRIO. Ovviamente, quando un individuo è centrato, è anche in equilibrio. La sua vita è un equilibrio profondo e lui non è mai unilaterale, non è mai agli estremi: rimane nel mezzo. Un uomo che non è centrato, si sposterà sempre agli estremi. Se mangerà, mangerà molto: s’ingozzerà. Oppure può digiunare, ma per lui è impossibile mangiare nel modo giusto. Digiunare è facile, ingozzarsi va bene. Una persona simile può stare nel mondo, essere impegnata, coinvolta in esso, oppure può rinunciare al mondo, ma non può mai essere equilibrata. Non riesce mai a rimanere nel mezzo, perché, se non sei centrato non sai neppure che cosa significhi “nel mezzo”. Una persona centrata è sempre nel mezzo, mai ad alcun estremo, in ogni cosa.
In terzo luogo, se queste due cose si verificano – centratura ed equilibrio – ne seguiranno molte altre. L’individuo sarà sempre A SUO AGIO, continuerà a essere a suo agio in qualunque circostanza. Dico qualunque sia la circostanza, senza condizioni, perché un individuo centrato è sempre a proprio agio. Anche se viene la morte, sarà a proprio agio, e la riceverà come si riceve qualunque altro ospite. Se vieni l’infelicità, la riceverà. Qualsiasi cosa accada, non può rimuoverlo dal suo centro. Anche questo essere a proprio agio deriva dall’essere centrati. Per un uomo simile nulla è banale, nulla è grande. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa, è per lui di sommo interesse.
Una persona che abbia realizzato se stessa, una persona equilibrata, centrata, trasforma tutto. Il tocco stesso rende grandi le cose.

Un Buddha è lo stesso quando incontra un imperatore e quando incontra un mendicante: ha la stessa qualità interiore. Perciò in terzo luogo, l’uomo che ha realizzato il Sé è a suo agio: la vita e la morte sono la stessa cosa, beatitudine e infelicità sono la stessa cosa. Nulla lo turba; nulla lo rimuove da casa sua, dal suo essere centrato. A un uomo simile non puoi aggiungere nulla. Non puoi togliere nulla, e non puoi aggiungergli nulla. E’ realizzato. Ogni suo respiro è un respiro realizzato: silenzioso, colmo di beatitudine: Hai raggiunto la meta. Hai raggiunto l’esistenza, l’essere. E’ fiorito come uomo totale. Questa non è una fioritura parziale. Il Buddha non è un grande poeta. Naturalmente tutto quanto dice è poesia. Non è affatto un poeta, ma è poesia persino se si muove, se cammina. Non è un pittore, ma diventa una pittura tutte le volte che parla, qualunque cosa dica. Non è un musicista, ma il suo intero essere è musica per eccellenza. L’uomo come totalità è realizzato. Perciò ora, qualunque cosa faccia o non faccia, quando è seduto in silenzio, senza fare nulla, persino in silenzio la sua presenza lavora, crea: diventa creativa.
Il Tantra non si occupa di alcuna crescita parziale, si occupa di te come essere totale. Perciò tre cose sono fondamentali: devi essere centrato, radicato, equilibrato, vale a dire, sempre nel mezzo… ovviamente, senza alcuno sforzo. Se c’è uno sforzo non sei in equilibrio. Devi essere a tuo agio, a tuo agio nell’universo, a casa tua nell’esistenza, e poi molte cose seguiranno.

Osho – Il Libro dei Segreti 

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